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India, la polveriera Assam

Lo Stato indiano dell’Assam è minacciato da al-Qaida e da altri gruppi radicali islamici, favoriti dalla crescente polarizzazione etnico-religiosa della scena politica locale. Ma il principale protagonista negativo di tale processo è soprattutto il BJP, partito del premier Narendra Modi, responsabile di una vera e propria campagna d’odio contro la comunità musulmana dell’Assam. Breve analisi di una situazione potenzialmente esplosiva per la sicurezza di tutta l’India nord-orientale.

MINACCIA JIHADISTA – Lo scorso settembre il leader di al-Qaida, Ayman al-Zawahiri, ha annunciato in un video la nascita di un nuovo gruppo affiliato all’organizzazione in Asia meridionale. Si tratta di Al-Qaeda in the Indian Subcontinent (AQIS), guidato dal pachistano Asim Umar, e ha l’ambizioso compito di instaurare un califfato fondamentalista sulle coste dell’Oceano Indiano, conducendo attacchi terroristici in India, Bangladesh e Birmania. Le dichiarazioni di al-Zawahiri hanno provocato subito l’allarme dei servizi di intelligence indiani, che hanno concentrato soprattutto la loro attenzione sugli Stati del Kashmir, del Gujarat e dell’Assam, menzionati direttamente nel video di al-Qaida. Dei tre quello più a rischio sembra essere naturalmente il Kashmir, vicino geograficamente alle basi dei jihadisti in Pakistan e al centro di un lungo contenzioso diplomatico-militare tra New Delhi e Islamabad. Tuttavia gli “007” indiani hanno mostrato anche particolare preoccupazione per la situazione dell’Assam, già vittima in tempi recenti di diverse azioni terroristiche del gruppo salafita Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh (JMB).

Tarun Gogoi, Primo Ministro dell'Assam
Tarun Gogoi, Primo Ministro dell’Assam

Posto strategicamente a est dell’Himalaya, l’Assam rappresenta infatti il cuore economico dell’India nord-orientale, includendo all’interno dei propri confini una considerevole fetta (circa il 25%) delle risorse petrolifere nazionali. Lo Stato è anche famoso a livello internazionale per la propria industria del tè, concentrata intorno al fiume Brahmaputra e capace di sfornare ben 680 tonnellate di prodotti teiferi all’anno. Inutile dire quindi che una qualsiasi destabilizzazione dell’area danneggerebbe significativamente l’economia indiana, annullando di fatto quel rilancio del PIL nazionale promesso dal nuovo esecutivo di Narendra Modi. Ma non sono solo le possibili ricadute economiche di un’offensiva qaidista a preoccupare le Autorità di New Delhi. La minaccia di al-Qaida rischia infatti di esasperare le gravi tensioni etniche e religiose esistenti in Assam, gettando lo Stato in una terribile spirale di violenza collettiva e mettendo a repentaglio la sicurezza stessa di tutta l’India nord-orientale.

CAMPAGNA D’ODIO – Purtroppo non si tratta di timori esagerati. Nell’estate del 2012 l’Assam è stato attraversato da una serie gravissima di violenze interreligiose che hanno provocato ben 77 morti e l’esodo forzato di oltre 400mila persone dai distretti occidentali dello Stato. Protagoniste degli scontri sono state soprattutto la comunità bengalese, a larga maggioranza musulmana, e le tribù montane dei Bodo, di fede induista, ma dalle forti venature animiste. Il Governo locale, guidato dal moderato Tarun Gogoi del Partito del Congresso, si è dimostrato assolutamente incapace di fermare le violenze, mentre quello centrale di Delhi ha faticato parecchio per riportare la calma sul territorio, autorizzando con colpevole ritardo il dispiegamento di Forze Armate nei distretti più colpiti dai disordini. Nonostante la crisi si sia esaurita in poche settimane, grazie anche all’intervento diretto dell’ex premier Manmohan Singh, essa non ha conosciuto alcuna reale soluzione pacifica e l’Assam ha visto un’ulteriore serie di scontri tra indù e musulmani negli ultimi due anni, portando il numero complessivo di morti oltre quota 160. Dall’inizio del 2014 il numero di attentati, stupri e rapimenti a sfondo religioso è poi aumentato considerevolmente, aggiungendo nuovi motivi di conflitto e recriminazione al già fragile quadro socio-politico locale.
A cavalcare l’onda lunga dell’odio interreligioso non sono tanto le forze dell’Islam radicale, per quanto assai attive nelle zone di confine col Bangladesh, bensì quelle del nazionalismo indù più intransigente, decise a imporre la propria supremazia politica in Assam con ogni mezzo. Rappresentate a livello elettorale dal BJP (Bharatiya Janata Party), il partito dello stesso premier Narendra Modi, tali forze hanno lanciato un’aggressiva campagna di abusi e intimidazioni nei confronti della locale comunità musulmana, accusandola di non essere sufficientemente patriottica e di mantenere relazioni “pericolose” col vicino Bangladesh. L’obiettivo di tale campagna è chiaramente quello di assicurare una schiacciante vittoria del BJP alle prossime elezioni legislative del 2016, rimpiazzando il debole Governo di Gogoi con un nuovo esecutivo capace di difendere il tradizionale carattere indù dell’Assam, minacciato dall’avanzata demografica delle minoranze religiose locali. Si tratta di uno schema già applicato con successo in altri Stati indiani come il Maharashtra e che mira a rafforzare la presa del BJP sulla politica regionale indiana, dando ampio spazio di manovra al Governo centrale di Modi. Per i vertici del partito la polarizzazione etnico-religiosa del voto nei vari Stati dell’India è infatti un ottimo modo per indebolire l’opposizione del Congresso a livello nazionale, favorendo una radicale trasformazione in senso nazionalistico del vecchio ordinamento politico messo in piedi da Jawaharlal Nehru (1889-1964). Da qui un uso spregiudicato e cinico dei mass media volto a rinfocolare il tradizionale conflitto tra indù e musulmani, spingendo i primi a supportare l’agenda xenofoba e nazionalista del BJP.

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Fig. 3 – Raccoglitrici al lavoro in una piantagione di tè dell’Assam

POVERTÀ E IMMIGRAZIONE – Nel caso dell’Assam il partito di Modi ha fatto soprattutto leva sui timori locali verso l’immigrazione clandestina dal Bangladesh, che ha conosciuto negli ultimi anni un notevole incremento a causa delle pressanti richieste dell’industria del tè nella valle del Brahmaputra. Spinti dall’accesa competizione dei loro rivali cinesi, i produttori assamesi hanno infatti cercato di abbattere i costi di lavorazione, incoraggiando l’ingaggio di manodopera agricola proveniente da oltre confine. Tale scelta ha prodotto risultati economici positivi, riportando il tè dell’Assam in cima ai principali mercati internazionali, ma ha anche acceso violente tensioni sociali, esasperate dalla generale povertà dello Stato e dai timori della popolazione indù di un’invasione demografica musulmana. Questi timori sono alla base delle violenze interreligiose del 2012 e hanno consentito al BJP di guadagnare importanti consensi tra i lavoratori teiferi dell’Assam settentrionale, stringendo anche significativi patti elettorali con i nazionalisti Bodo, principali responsabili degli scontri di due anni fa.

Maulana Badruddin Ajmal, leader dell'AIUDF
Maulana Badruddin Ajmal, leader dell’AIUDF

Preoccupata dalla campagna xenofoba del BJP, la comunità musulmana assamese si è riunita principalmente intorno all’All India United Democratic Front (AIUDF), formazione politica guidata dal magnate dei profumi Maulana Badruddin Ajmal. Nonostante l’AIUDF non sia ufficialmente un partito religioso, rappresentando anche gli interessi delle altre minoranze non induiste dell’Assam, esso è stato identificato dai nazionalisti indù come parte della “minaccia” islamica proveniente dal Bangladesh, provocando numerose violenze e intimidazioni nei confronti dei suoi simpatizzanti. Tuttavia Ajmal spera di ottenere un significativo successo elettorale nel 2016, raddoppiando il numero di consensi alle precedenti consultazioni del 2011 e affermandosi definitivamente come l’unica vera “alternativa regionale” al Partito del Congresso. Ma la strada appare tutta in salita, anche per via dei sospetti dei servizi segreti indiani sulle reali intenzioni dell’AIUDF. Lo scorso 28 ottobre un canale televisivo di New Delhi ha infatti accusato Ajmal di reclutare giovani jihadisti per il JMB, inviandoli dall’Assam in campi di addestramento segreti in Bangladesh. Basata su un vecchio rapporto di intelligence del ministero dell’Interno, l’accusa è stata ripetutamente smentita sia dal Governo di Tarun Gogoi che dallo stesso Ajmal, recatosi subito a Delhi per chiarire la sua posizione personale con Narendra Modi. Ma il sospetto è bastato per scatenare violente manifestazioni dei nazionalisti indù a Guwahati, capitale economica dell’Assam, mentre il BJP ha chiesto addirittura un’inchiesta ufficiale sulla vicenda, nella speranza di indebolire politicamente l’AIUDF. Inutile dire che tale clima di incertezza politica e polarizzazione religiosa è terreno fertile per al-Qaida, pronta a trasformare l’Assam in una delle sue principali basi operative nel subcontinente indiano.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” ]Un chicco in piĂą

Fondato da Abdur Rahman nel 1998, Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh (JMB) è uno dei gruppi radicali islamici più attivi in Asia meridionale. Il suo obiettivo è rovesciare l’attuale ordine politico del Bangladesh e sostituirlo con un nuovo regime basato sulla sharia. Ispirato dall’esempio dei talebani in Afghanistan, il JMB ha lanciato dai primi anni Duemila una serie di violenti attacchi terroristici contro festival culturali, sedi di organizzazioni non governative, basi militari e infrastrutture turistiche. Catturato dall’esercito nel 2006, Abdur Rahman è stato giustiziato insieme a cinque dei suoi più stretti collaboratori nella primavera 2007. [/box]

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Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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