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Se gli europei non credono nell’Europa, lo fa la Cina

Il presidente Juncker ha proposto il Piano di Investimenti per l’Europa con l’obiettivo di risollevare la zona euro dalla lunga crisi economica e la fiducia degli investitori europei nel mercato europeo. I cinesi, interessati all’Europa per considerazioni geopolitiche ed economiche, hanno espresso la loro intenzione di investire, ma la struttura del Piano non soddisfa i piani di Pechino per l’Europa.

IL PIANO DI INVESTIMENTI JUNCKER – Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, poco dopo la sua nomina nel 2014, ha annunciato un ambizioso Piano di Investimenti per risollevare l’intera area dalla forte crisi economica e finanziaria. Rispetto al 2007, gli investimenti nell’UE sono scesi del circa 15%, il che si traduce in un rallentamento della ripresa economica nel breve periodo, e nel lungo periodo in implicazioni più severe sul capitale sociale – compromettendo il potenziale di crescita, la produttività e i livelli di occupazione. Il Piano di Investimenti, quindi, ha lo scopo di iniettare 315 miliardi di dollari nel PIL europeo e creare da 1 ai 1.3 milioni di posti di lavoro nei prossimi anni.  Questo fondo di investimenti sarà finalizzato sia a progetti a lungo termine sia al finanziamento delle piccole e medie imprese e delle imprese a media capitalizzazione (Mid Cap) durante i prossimi tre anni (2015-17). Il Piano di Investimenti comprende tre pilastri:

  1. la mobilizzazione di investimenti finanziari senza creare nuovi debiti pubblici;
  2. il supporto di progetti e investimenti in aree chiave come infrastrutture, istruzione, ricerca e innovazione;
  3. la rimozione di specifiche di settore e di altre barriere finanziarie e non agli investimenti.

La mobilizzazione dei 315 miliardi di euro per investimenti a livello europeo è uno sforzo congiunto tra la Commissione europea e la Banca Europea degli Investimenti (BEI). L’UE garantisce 16 miliardi di euro e la Banca per gli Investimenti Europei 5 miliardi creando il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS), cui gli Stati membri, le banche di promozione nazionali, autorità regionali e investitori privati possono ulteriormente contribuire. Dal FEIS, 16 miliardi saranno destinati ad investimenti a lungo termine nei settori sopra indicati, che per l’effetto moltiplicatore raggiungeranno il valore di 240 miliardi di euro; mentre i 5 miliardi di euro destinati alle piccole e medie imprese e alle aziende mid-cap raggiungeranno un valore di 75 miliardi di euro con il moltiplicatore. Tuttavia, il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici non ha attratto altri fondi da parte di investitori europei e non, a causa degli scarsi sforzi da parte degli ufficiali europei a trovare investitori al di fuori dell’Europa. Il Piano di Investimento quindi è stato criticato per l’origine dei fondi pubblici, sempre gli stessi soldi riciclati. Inoltre, c’e anche scetticismo sulla capacità del settore privato di fornire così tanto denaro. Al di là del fondo base di 21 miliardi di euro, le banche di sviluppo nazionale hanno promesso 42.5 miliardi di euro, ma il totale è comunque lontano dalla somma richiesta dei 315 miliardi di euro.

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Fig. 1 – Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e Jyirki Katainen, il vice-presidente della Commissione per Lavoro, Crescita, Investimento e Competizione, alla firma dell’accordo sul FEIS. 

L’INTERESSE DELLA CINA: TRA DIVERGENZE…– Lo scorso 28 settembre, in occasione del dialogo di alto livello in materia di commercio e trasporti,  Pechino ha promesso di partecipare al Piano di Investimenti Europeo. Niente di sorprendente considerando il costante interesse della Cina nell’investire in Europa. Non si sa ancora quanto la Cina investirà (i giornali riportano una somma tra i 5 e 10 miliardi di euro) e soprattutto come. Il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici è così strutturato che gli investimenti funzionano come garanzie per attrarre ulteriori investitori e far scattare l’effetto moltiplicatore dei soldi investiti. Tali garanzie sono volte a coprire eventuali perdite iniziali in caso di fallimento di un progetto. Se la Cina ponesse i soldi nel fondo come una garanzia non ha nessuna possibilità di scegliere il progetto o il settore in cui il suo investimento sarà indirizzato. Un altro modo sarebbe quello di investire in progetti scelti dalla direzione del fondo, conosciuto come piattaforma, che sono definiti dal tipo di settore economico scelto. Questo permetterebbe alla Cina di indirizzarsi verso quei tipi di progetti digitali che stanno cercando. “Siamo pronti ad investire perché ci sono un’infinità di opportunità. Possiamo costruire una via della seta digitale, una via della seta nel cyberspazio”. È quanto ha detto Lu Wei, regolatore internet in Cina, agli esecutivi tecnologici europei a Bruxelles lo scorso giugno. Ha guidato una delegazione di aziende tecnologiche cinesi compresa la ZTE, Tencet e Alibaba per trovare modi di investire in Europa, maggiormente attraverso il fondo FEIS dell’UE. Pechino vuole concentrarsi in progetti digitali per acquisire conoscenze tecnologiche, il che è parte di un più grande progetto per collegare l’Asia e l’Europa sotto l’iniziativa della “OneBelt, One Road”, creando una moderna via della seta per incrementare il commercio ed estendere l’influenza cinese. L’Unione Europea vuole digitalizzare radicalmente i suoi servizi pubblici e le sue industrie, che offre alla Cina un’opportunità per promuovere il così detto piano internet Plus di Pechino, dove tutto è connesso ad una velocissima infrastruttura di rete a banda larga. Gli investimenti cinesi nell’infrastruttura digitale europea giungerebbero probabilmente attraverso joint venture e partnership privato-pubblico per sviluppare anche la prossima generazione di tecnologia telefonica, chiamata 5G, che permetterebbe di scaricare video di un’ora in sei secondi.

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Fig. 2 – Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il Primo ministro cinese Li Keqiang e il presidente del Consiglio dell’UE Donald Tusk al Summit UE-Cina dello scorso 29 giugno. 

…E SINERGIE – L’iniziativa cinese della Nuova Via della Seta ha fatto crescere il ruolo geopolitico dell’Europa in questo ambizioso progetto. Un esempio è la firma del memorandum di intesa sulla Piattaforma di Connettività UE-Cina per permettere il collegamento tra l’iniziativa della “One Belt, One Road” della Cina e le iniziative europee come la politica della rete di trasporto trans-europeo. «La Cina è pronta a legarsi al piano di investimenti UE e a proporre investimenti infrastrutturali», ha sostenuto il presidente della Commissione Juncker. C’è quindi un’area di simmetria tra il piano Juncker e l’Iniziativa “One Belt, One Road” della Cina. Quest’ultima ha lo scopo di incoraggiare i Paesi lungo la “One Belt, One Road” (non altro che la Via della Seta) a migliorare il coordinamento delle politiche economiche e a creare una strategia di cooperazione economica regionale inclusiva, aperta ed equilibrata. Nel giugno 2015, la Cina e l’Ungheria hanno firmato un memorandum d’intesa per una maggiore cooperazione sotto l’ombrello dell’iniziativa “One Belt, One Road”. È la prima iniziativa sotto forma di documento che la Cina ha firmato con un Paese europeo. La Cina lavorerà insieme all’Ungheria per incrementare la modernizzazione della ferrovia Budapest-Belgrado, il completamento di grandi progetti infrastrutturali e la costruzione della linea express terra-mare tra la Cina e l’Europa. Quest’ultimo progetto è stato concordato lo scorso dicembre in occasione dell’incontro del premier cinese Li Keqiang con le controparti di Serbia, Ungheria e Macedonia a Belgrado. La linea-express terra-mare rappresenta un’estensione della linea ferroviaria Budapest-Belgrado, in quanto collega il porto greco del Pireo a Budapest, passando per la capitale macedone Skopje e per la stessa Belgrado al fine di accelerare il trasporto tra la Cina e l’Europa. I due progetti, quello europeo e quello cinese, troverebbero il loro punto di intersezione nel piano infrastrutturale a Budapest: i progetti infrastrutturali della Via della Seta arriverebbero sino alla capitale ungherese per collegarsi con i progetti infrastrutturali europei finanziati dal Piano Juncker.

SFIDUCIA EUROPEA, FIDUCIA CINESE – L’interesse delle aziende cinesi a investire in Europa è sempre più intenso, soprattutto ora che l’Europa ha avanzato questi progetti di investimento che richiamano liquidità – di cui  i cinesi dispongono. La Germania è lo Stato europeo che ha attratto più investimenti cinesi, sorpassando gli Stati Uniti. Gli investimenti diretti esteri (IDE) non finanziari dalla Cina all’Europa ammontavano a quasi 10 miliardi, sorpassando gli IDE dall’UE alla Cina per la prima volta. I cinesi stanno colmando il “vuoto” di investimenti che gli europei hanno lasciato a favore di mete più attraenti. Luigi Gambardella, presidente della Associazione business Cina-EU, sostiene che il fondo Juncker presenta nuove opportunità per la Cina. «Con il piano Juncker avremo un aumento degli investimenti in Europa», disse. «Dal mio punto di vista, sono europeo. Sono molto più interessato alla parte cinese. Dobbiamo incrementare l’interesse nella parte europea. Non dobbiamo concentrarci sui problemi, ma più sulle opportunità». Gli investitori europei, quindi, dovrebbero ritrovare la fiducia nella loro economia e nel Mercato Unico per incrementare gli investimenti intra-europei. A parte la mancanza di fiducia degli investitori europei, per i cinesi l’ambiente di regolazione europea fa dell’Europa una meta ambita. «Il mercato dell’UE è maturo con una forte struttura legale e una buona infrastruttura, perciò molte imprese cinesi sono attratte all’Unione Europea,» – ha detto Jiang Zengwei, presidente del Consiglio Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale – «Crediamo che questa strategia, insieme al piano Juncker, gioverà la ripresa dell’UE». Molti europei temono una crescente partecipazione cinese nell’economia UE: il dislivello economico tra le due parti e la “sete” cinese di tecnologie e conoscenze europee accresce ulteriormente le preoccupazioni (non dimentichiamo come sono state accolte le notizie della cessione parziale dell’impresa italiana Pirelli e di quella totale di Volvo). Per quanto riguarda il Piano Juncker, quindi, l’investimento cinese è indispensabile come garanzia per far scattare l’effetto moltiplicatore e attrarre maggiori investimenti, magari da parte degli europei, anche se questo comporterebbe la mancanza di scelta da parte cinese sul settore in cui investire. Inoltre, gli investitori europei dovrebbero costruire la loro fiducia sulle prospettiva di crescita e di integrazione futura dell’economia UE.

Martina Desogus

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Un chicco in più

Il progetto della Via della Seta ha spinto Pechino a incrementare i suoi rapporti diplomatici ed economici con i 16 Paesi dell’Europa centrale e orientale creando la cooperazione 16+1.

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Foto: European Parliament

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Martina Desogus
Martina Desogus

Dopo la laurea in Scienze Politiche – Relazioni Internazionali presso l’Università di Cagliari ho intrapreso una laurea specialistica in Relazioni Internazionali presso la Peking University. Ho un grande interesse per il ruolo della Cina nelle relazioni internazionali e delle sue relazioni con l’Unione Europea e i singoli paesi europei. Vivo già da tre anni in Cina, dove ho potuto perfezionare la conoscenza della lingua e cultura cinese e da dove è poi scaturito il mio interesse per la Cina nell’ambito delle relazioni internazionali.

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