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Tunisi, un caffè con Rosa Luxembourg

Il 6 Febbraio 2013 Chockri Belaid, esponente di spicco del Fronte Popolare Tunisino (era segretario del Partito dei Patrioti Democratici), è stato assassinato sotto casa. L’omicidio ha riaperto le ferite della societĂ  tunisina, dibattuta tra islamismo e progressismo. In quei giorni ho avuto l’occasione di conoscere e parlare di quanto avvenuto con una attivista tunisina, sostenitrice  dell’ Avv. Belaid.

 

CHI E’ ROSA LUXEMBOURG – Si presenta a me con questo pseudonimo, all’inizio timidamente. Poi entrambi troviamo il coraggio di parlare liberamente, e si apre una bella discussione, intensa e appassionata. Si parla di politica, ma non come in un bar: si parla di cose vere, vissute. Ribellioni, manifestazioni, ideali. Il suo vero nome, avrei saputo solo in seguito, è Rania Sawahy e ha 25 anni. Proviene da una famiglia modesta, il padre è tassista mentre la madre lavora presso un ente sociale locale. E’ la prima di tre sorelle. Diplomata all’ Istituto di Arte Teatrale di Tunisi è iscritta al primo anno di universitĂ , in legge. La scelta del nickname non è casuale, lei stessa si definisce un’ammiratrice della donna politica tedesca, di cui ammira le idee e la capacitĂ  di combattere fino all’estremo sacrificio.

 

ATTIVISMO POLITICO – Rania afferma di essere sempre stata sensibile alla sofferenza delle persone. Crede molto nei principi di umanitĂ  e solidarietĂ . Si è accostata alla politica fin dalle scuole superiori, manifestando in favore del popolo Palestinese. Ci tiene a precisare come lei non sia religiosa, ma di fronte alle emergenze umanitarie non riesca a rimanere impassibile. Eppure i suoi valori e le sue idee sono spesso in contrasto con quelle della famiglia, di mentalitĂ  islamista. Dopo le scuole superiori, infatti, il padre la iscrive alla facoltĂ  di legge, nonostante lei voglia studiare teatro. Non si lascia scoraggiare e continua. Anzi, ribadisce la propria indipendenza mantenendosi da sola e trovandosi un lavoro. L’ambiente teatrale la porta a stringere amicizia con i figli dell’avv. Ahmed Al-Siddiq, esponente della sinistra tunisina (segretario del Partito Avanguardia Araba Democratica). Cinque anni fa Rania si trova a sostituire per un breve periodo la segretaria di Siddiq ed è così che conosce Belaid, a sua volta associato dello studio. Il lavoro per Rania si fa quindi ancora piĂą appassionante. Sebbene non lavori direttamente al fianco di Chockri Belaid, ne subisce il fascino. E’ orgogliosa di conoscerlo, vede in lui la speranza di dare spessore alle tante voci inascoltate della popolazione che, secondo lei, subisce scelte che non ha mai fatto. E così Rania diventa una sostenitrice del Fronte Popolare Tunisino (o meglio, della sua frangia comunista), partecipa a rivolte, gesti simbolici, comizi. Le sue idee a volte sono piĂą radicali di quelle del leader, ma riconosce che Chockri Belaid può davvero portare il cambiamento e ne appoggia il programma senza se e senza ma.

 

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Chockri Belaid era tra i leader del Fronte Popolare Tunisino.

L’ASSASSINIO DI BELAID – La morte del politico, per mano islamista, sconvolge Rania. Le sue speranze, la sua voglia di cambiamento, la sua posizione critica nei confronti del partito islamista (Ennahda) sembrano frustrate da un colpo molto duro. Rania non mi ha scritto per giorni, pensavo di aver fatto la domanda sbagliata. Invece, dopo un pò, mi spiega tutto: ” Avevo smesso di scrivere perchĂ© mi commuovo tanto quando si parla dell’avv. Shokri Belaid, un uomo che rispetto profondamente; odio molto i nemici della democrazia. Abbiamo sacrificato tanto tempo, fatica e denaro per mettere le basi di quella democrazia… almeno per quanto riguarda la libertĂ  personale e politica…”. Le sue parole sono semplici e forse guidate da un idealismo che sembra ingenuo in questi giorni. Però è bello sapere che, in un periodo in cui noi europei soffriamo una pesante crisi di identitĂ , sull’altra sponda del Mediterraneo si levano voci di rivolta che chiedono a gran voce il rispetto di quei valori che nella nostra cultura si stanno forse sbiadendo.

 

CHE CONFUSIONE! –  A due anni dalla “Rivoluzione dei Gelsomini”, la Tunisia è ancora instabile. Le manifestazioni rischiano sempre di trasformarsi in rivolte e i fatti di sangue continuano a funestare il panorama politico. Rania mi racconta anche delle conseguenze che questo clima ha sui giovani. Mi parla di se stessa e dei suoi amici, delle loro speranze e dei loro umori. Alla notizia della morte di Belaid, racconta, lei e molti altri si sono sentiti con le spalle scoperte, senza meta. Alcuni hanno passato giorni ad ubriacarsi, altri a fumare hashish. La tristezza si mischia alla rabbia e all’insicurezza. Mi sono chiesto cosa faremmo noi, in Italia, se un nostro esponente politico venisse assassinato… ognuno si risponda da solo, è meglio! L’atteggiamento dei ragazzi tunisini è emblematico. Il clima di insicurezza li spinge a fidarsi ciecamente di guide, leader, ispiratori. A volte a torto, altre a ragione, chi può dirlo. Sta di fatto che, senza punti di riferimento, a due anni dalla rivolta, un clima del genere è sicuramente controproducente.

 

SERVE AIUTO? – Una delle ultime domande che rivolgo a Rania riguarda il coinvolgimento occidentale. Le chiedo se vuole fare un appello, approfittando dell’intervista, o se noi possiamo far qualcosa per loro. La risposta è un NO secco ed orgoglioso. Rania e molti suoi coetanei vorrebbero decidere da soli il proprio futuro, senza interferenza alcuna. Chiedono il diritto di autodeterminarsi e autogovernarsi. Personalmente credo ne abbiano il diritto e il dovere.

 

Marco Giulio Barone

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Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

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