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Le difficoltĂ  dei cantieri navali russi

Miscela Strategica – L’attuale congiuntura internazionale rallenta ancora una volta i tentativi di rivitalizzazione della cantieristica navale russa in campo militare. Questo ha anche un impatto diretto sulle capacità militari di Mosca nel prossimo futuro

TRA ALTI E BASSI – Gli anni Novanta hanno rappresentato un periodo negativo per i cantieri navali russi, specialmente per il settore militare. In quegli anni le Forze armate hanno attraversato una fase di declino generale per via della pesante crisi economica e dell’instabilità politica. La Marina militare (Voyenno-morskoy Flot Rossiyskoy Federatsii, VMF) ne ha particolarmente sofferto. Secondo le testimonianze degli alti ufficiali russi, negli anni Novanta la Marina riceveva annualmente il 12-15% di quanto richiedesse per tenere in efficienza la flotta e rimpiazzare le unità obsolete. Nei primi anni Duemila si stima che delle circa 300 unità in organico solo il 15% fosse in grado di prendere il mare, per mancanza di manutenzioni. Quasi inesistenti i nuovi ingressi in servizio, con molte navi in costruzione abbandonate sugli scali dalla fine degli anni Ottanta. In quel periodo la Marina si dovette concentrare prevalentemente sul mantenimento in efficienza degli assetti a propulsione nucleare e a quelli che imbarcavano ordigni nucleari, sia per questioni strategiche (mantenere il deterrente nucleare e lo status di potenza) che di sicurezza (evitare che la scarsità di manutenzioni e ammodernamenti causasse disastri). Dalla metà degli anni Duemila, però, la situazione è cambiata notevolmente. La ripresa dell’economia russa, guidata dall’aumento dell’esportazione degli idrocarburi – il cui prezzo era in ascesa – e alimentata da una fase di apertura all’Unione Europea tramite accordi energetici ed industriali,  ha permesso di rimettere in sesto anche il settore cantieristico e di spendere di più per la Marina militare. Le due priorità sono andate di pari passo ed alimentate dalla necessità politica di Putin di rimettere in sesto la macchina statale, creare occupazione e benessere, e dalle rinnovate ambizioni russe sullo scacchiere internazionale. Nuovi programmi sono stati varati e, nonostante le difficoltà, la flotta russa ha sperimentato un decennio di crescita e trasformazione, interrotto recentemente dalla crisi ucraina, che ha segnato una nuova battuta d’arresto. Il Governo russo, in questi mesi, cerca di non vanificare gli sforzi e salvare almeno i programmi principali, ma la nuova ondata di crisi economica per Mosca ha un impatto non indifferente.

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PRINCIPALI PROGRAMMI MILITARI IN CORSO, PER CANTIERE

Kaliningrad
Yantar: Fregate Project 11356 PM classe Grigorovich, 5 unitĂ  costruite, 1 in consegna; UnitĂ  da sbarco Project 11711 classe Ivan Gren, 2 in costruzione
Rubinsk
Vympel: Pattugliatori Project 1230 classe Scorpion, 10-12 unitĂ  previste, in stand-by
San Pietroburgo
Severnoye Verft: Corvette Project 20380 classe Steregushchy, 6 costruite, 3 in ordine; Corvette Project  20385 classe Gremyashchy, 2 in costruzione; Fregate Project 22350 classe Admiral Gorshkov,  20-30 unità previste di cui 2 costruite e 4 in costruzione.
Admiralty: Sottomarini Project 677 classe Lada (SSK), 6-8 unitĂ  previste di cui 1 sperimentale, 1 costruita, 2 in costruzione
Severodvinsk
Sevmash: Sottomarini Project 955 classe Borey/Borey-M (SSBN), 4 in servizio, 4 in costruzione; Sottomarini Project 855 classe Yasen/Yasen-M (SSGN), 1 sperimentale, 3 in servizio, 3 in costruzione
Yaroslavl
Yaroslavl: UnitĂ  da sbarco Project 21820 classe Dyugon, 3 costruite, 6 ordinate ma non impostate per problemi tecnici
Zelenodolsk
Gorky Zelenodolsk: Corvette Project 22160, 6 unità in costruzione; Corvette Buyan M, Project 21630, 8 costruite, 4 in costruzione [/box]

AMBIZIONI E CRISI – Il comparto russo comprende circa 60 cantieri navali. Per il settore militare, 6 poli cantieristici sono di vitale importanza: Kaliningrad, San Pietroburgo, Sebastopoli, Murmansk, Vanino e Vladivostok. Tra unità impostate e previste, la Marina russa è in attesa di almeno una trentina di nuove unità navali entro il 2020. Gli effetti della crisi ucraina hanno già sancito ritardi su alcuni programmi, con l’effetto che la modernizzazione richiederà più tempo del previsto, ma anche i numeri dovranno essere corretti verso il basso. Inizialmente, la Russia prevedeva, tra il 2015 e il 2020, un totale di ben 71 unità di nuova costruzione: 16 unità sottomarine (tra SSBN, SSGN ed SSK), 8 fregate, 35 corvette, 6 fast attack craft e 6 unità da sbarco anfibio. Obiettivi fuori misura anche per il budget allocato, a meno di crescita ulteriore del bilancio della difesa o stanziamenti dedicati – forse attesi in precedenza. Alle nuove costruzioni si aggiungono gli ammodernamenti radicali che le unità maggiori richiedono con urgenza: l’incrociatore Marshal Ustinov (classe Slava) ha appena terminato il refit, l’Admiral Nakhimov (classe Kirov) è ai grandi lavori, il gemello Pyotr Velikiy seguirà a breve. Gli altri incrociatori classe Slava attendono il loro turno, mentre una nuova classe di incrociatori è prevista dopo il 2020, ma il progetto rischia di rimanere sulla carta. Difficile, invece, stabilire status e operatività dei cacciatorpediniere classe Sovremenny in servizio.
I primi programmi che hanno sancito la ripresa delle attività produttive sono le corvette classe Yastreb e Steregushchy e le fast attack craft classe Buyan. Visti i discreti risultati conseguiti, il percorso di ammodernamento ha cominciato ad includere anche unità d’altura, in particolare le fregate classe Grigorovich, oggi spina dorsale della flotta del Mar Nero (Chernomorsky Flot). Tuttavia il vero salto di qualità è rappresentato dalle nuove fregate classe Gorshkov, che sulla carta presentano caratteristiche comparabili con le coeve unità occidentali. Questo è in parte dovuto alle ricadute benefiche dei crescenti investimenti esteri che la Russia ha attirato sui propri cantieri fino al 2014 e che hanno compreso anche trasferimenti di tecnologia e nuova formazione per le maestranze. In effetti le prime realizzazioni, dopo un decennio di stagnazione delle commesse, sono state afflitte da una pletora di problemi, solo gradualmente risolti. Ad esempio, il primo sommergibile classe Lada ed il primo sottomarino classe Yasen (il Severodvinsk) sono entrati in servizio con tante limitazioni da richiederne l’utilizzo solo per attività sperimentali. Insuccessi iniziali dai quali i cantieri russi stanno imparando, ma che costano cari in termini di tempo, soldi e ambizioni sostenibili. Il circolo virtuoso si è comunque interrotto in seguito alla crisi ucraina.

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Fig.2 – Il sottomarino a propulsione nucleare Yuri Dolgorukiy della classe Borey (SSBN) durante una rivista a Severomorsk

IL CAMBIO DI SCENARIO – L’ammodernamento delle Forze armate russe tra il 2004 e il 2014 ha consentito alla Russia di tornare a giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale. Putin ha saputo sfruttare bene le leve politico-militari consentite da Forze armate più efficienti, con la Marina che ha giocato un ruolo molto importante nel Mar Nero, nel Mediterraneo e nell’Oceano Pacifico. Tuttavia, nonostante i risultati politici conseguiti, che hanno spesso premiato l’attivismo russo, la situazione di stallo in Ucraina, il dispendio di risorse in Siria e il calo del prezzo degli idrocarburi hanno avuto un impatto notevole sulla programmazione navale russa.
Dal punto di vista economico, dopo un periodo di grande crescita che ha portato il bilancio della difesa da poco più di 22 miliardi di dollari del 2006 al picco di 52 miliardi nel 2014,  il bilancio della difesa è sceso a 41 miliardi nel 2016, vittima della riduzione delle spese e dell’inflazione galoppante. Le sanzioni economiche e le ridotte entrate dalle esportazioni hanno creato difficoltà economiche che si sono ripercosse a catena sul bilancio dello Stato. Per la cantieristica russa la perdita va oltre la rimodulazione degli ordinativi. Per recuperare il gap tecnologico e il know-how perso nel corso degli anni Novanta, i cantieri russi avevano aperto alle collaborazioni con rinomate industrie occidentali. La collaborazione ha incluso lo scambio di competenze, progetti congiunti e investimenti nelle infrastrutture russe. Dal canto suo, il Governo ha aperto i cantieri all’investimento estero proveniente sia dall’Europa che da Australia, Cina, Corea del Sud e Giappone. Le sanzioni europee privano Mosca di investimenti ma anche di preziose conoscenze. Inoltre le ostilità con l’Ucraina hanno portato ad una serie di problemi di ordine pratico, in quanto l’industria pesante russa e quella ucraina sono da sempre simbiotiche. Nel dettaglio, la cantieristica navale ha sviluppato una certa dipendenza da alcuni prodotti ucraini, soprattutto nel campo della motoristica. Questo significa che i prodotti non più disponibili dovranno essere sviluppati da zero in patria, con allungamento dei tempi, aumento dei costi e risultati probabilmente inferiori. Per compensare le perdite, Putin ha recentemente dirottato l’equivalente di 3.3 miliardi di dollari dagli investimenti all’estero verso le infrastrutture cantieristiche russe. Tale misura è però solo un tampone, e priva inoltre il Paese di un ulteriore volano della propria economia, aggravando la spirale negativa.

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Fig.3 – La fregata Admiral Sergey Gorshkov al momento del varo

IL FUTURO DEL SETTORE – Il futuro dei cantieri navali russi è collegato linearmente ai risultati economici del Governo e alla sua capacità di attirare investimenti esteri, dal momento che la Russia fatica a trovare capitali interni per rivitalizzare i settori ad alta tecnologia in generale, quello navale in particolare. Le prospettive di export, che aiuterebbero notevolmente, sono inoltre subordinate al livello di integrazione della Russia nel nuovo ordine internazionale, sia nei confronti dell’Europa che dell’Asia orientale e meridionale. Alcuni possibili sviluppi, in particolare, hanno il potenziale di aggravare o migliorare il quadro delineato:

[one_half]Nonostante gli sforzi russi del decennio 2004-2014 per differenziare il paniere nazionale, l’economia di Mosca continua ad essere legata in maniera fin troppo lineare al mercato energetico. La cantieristica, a sua volta pesantemente dipendente dall’operato statale, ne risente direttamente. L’aumento del prezzo del greggio migliorerebbe direttamente la situazione attuale, i prezzi bassi la aggravano. Questo dilemma affligge inesorabilmente la programmazione navale quanto la riforma del settore cantieristico, che potrebbe rimanere non finita o richiedere ulteriori bagni di sangue per sopravvivere.[/one_half][one_half_last]L’andamento dell’export in Asia potrebbe limitare grandemente le perdite seguita al divorzio tra Mosca e le cancellerie europee. Le recenti operazioni militari, al di là dei risvolti politici, hanno messo in buona luce molti sistemi d’arma russi. Il mercato asiatico potrebbe trovare i prodotti navali russi convenienti economicamente e politicamente rispetto all’acquisto di materiali occidentali.[/one_half_last]

 

[one_half]Il coinvolgimento russo in ulteriori campagne militari, seppur limitate nel tempo e nello spazio, eroderebbe ulteriormente le risorse a disposizione della VMF per i programmi di ammodernamento. Al contempo, unità e materiali in dotazione verrebbero ulteriormente usurati dall’impiego intensivo, allargando quindi il divario tra urgenza di nuove acquisizioni e necessità di prolungarne le tempistiche.[/one_half][one_half_last]

La composizione della crisi ucraina avrebbe un impatto diretto e positivo sul settore analizzato: i prodotti ucraini potrebbero essere nuovamente disponibili e le sanzioni europee potrebbero essere allentate. In caso contrario, gli aspetti negativi dell’impasse politica continuerebbero a giocare contro la modernizzazione del settore.[/one_half_last]

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Fig.4 – L’incrociatore Varyag, classe Slava, in navigazione nel Mediterraneo

[one_half][box type=”warning” align=”” class=”” width=””] RISCHI

  • Vanificazione dei progressi registrati nell’ultimo decennio
  • Aggravamento della crisi economica russa
  • Perdita degli investimenti strategici esteri
  • Fallimento della pianificazione militare in campo navale

[/box][/one_half]

[one_half_last][box type=”note” align=”” class=”” width=””] VARIABILI

  • Epilogo della crisi in Ucraina
  • Successo politico-economico russo in Asia
  • Variazione del prezzo degli idrocarburi
  • Obiettivi di medio periodo della politica estera russa e conseguenti ambizioni navali

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Marco Giulio Barone

 

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Marco Giulio Baronehttps://ilcaffegeopolitico.net

Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

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