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La guerra del gas

La guerra dell’acqua? La guerra dei missili? Tra Israele e Libano è tensione continua, ma stavolta a innescare le polemiche è il gas naturale, un fattore nuovo nello scontro tra i due Paesi, che potrebbe portare paradossalmente ulteriore instabilitĂ .

 

LO SCONTRO INFINITO – La prossima eventuale guerra tra Israele e il Libano da cosa sarĂ  scatenata? Corrono voci in queste settimane di una escalation nei toni delle accuse reciproche tra il governo israeliano da un lato e, dall’altro, della leadership di Hezbollah, il partito-milizia sciita che, pur non avendo ottenuto la maggioranza dei seggi nel Parlamento libanese nelle elezioni del giugno 2009, tiene sotto scacco il governo di Beirut. Ciò tramite la presenza nell’esecutivo di alcuni suoi membri e, soprattutto, la deterrenza rappresentata dal suo vero e proprio esercito privato, con tanto di armi e arsenale missilistico di tutto rispetto. Dunque un prossimo conflitto sarebbe vicino e dipenderebbe dalle tensioni tra Israele e Hezbollah (che, facendo parte del governo libanese, arriverebbe a coinvolgere tutto il Paese nel conflitto)? Motivi strategici e di sicurezza militare? Oppure, ancora, dietro ad un possibile scontro nell’area vi potrebbe essere la necessitĂ  di controllare la risorsa naturale piĂą importante e, allo stesso tempo, scarsa nella regione, vale a dire l’acqua? In effetti la storia di Israele e dei suoi conflitti con i vicini arabi insegna che proprio la questione della gestione delle risorse idriche (come nel caso della Siria con le Alture del Golan), è stata ed è tuttora una delle cause scatenanti delle controversie regionali.

 

IL GAS: LA NUOVA ARMA – Un elemento nuovo, però, irrompe nello scenario israelo-libanese e rischia potenzialmente di innalzare le eventualitĂ  di uno scontro: il gas naturale. Non piĂą la guerra dell’acqua tanto paventata, dunque; non piĂą una guerra mirata a salvaguardare la sola sicurezza militare dei confini, ma uno scontro sul gas. Si tratta di una risorsa naturale di cui molti Paesi mediorientali, dall’Egitto al Qatar, fino alle ingenti riserve dell’Iran, sono ricchi. Ma non è questo il caso, nĂ© dello Stato di Israele, nĂ© del Libano, che in questo costituiscono due eccezioni nel panorama mediorientale, ricco come è di idrocarburi. PerchĂ© gli attriti in queste settimane? Israele ha annunciato, tramite la compagnia statunitense (con base a Houston, in Texas) Noble Energy, che al largo di Haifa vi sarebbero ingenti riserve di gas naturale offshore, a circa 90 km dalla costa. Si tratterebbe dei giacimenti di Tamar e Dalit (guarda la mappa in basso), in tutto circa 170 miliardi di metri cubi di gas (Tamar rappresenta il piĂą grande giacimento offshore mai scoperto nel Mediterraneo orientale), la cui produzione dovrebbe cominciare nel 2012. Tanto per coprire il fabbisogno interno per almeno i prossimi venti anni. A ciò si aggiungano le immense risorse che potrebbe nascondere un terzo giacimento in via di esplorazione, il Leviathan (quasi il doppio di Tamar), che potrebbero portare le riserve nazionali totali a circa 450 miliardi di metri cubi. Secondo alcune stime della Noble Energy, addirittura tale dato potrebbe crescere ulteriormente, fino a sfiorare i 700 miliardi di metri cubi.

 

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LE ACCUSE DI BEIRUT – E’ a questo punto che cominciano a spirare i possibili venti, se non di guerra, di forte tensione con il Libano, dal momento che Beirut ha rivendicato la sovranitĂ  su una parte dei giacimenti offshore, dichiarando che questi sconfinerebbero fino all’interno delle acque territoriali libanesi. Soprattutto Hezbollah stesso è intervenuto, accusando Israele di rubare al Libano le proprie risorse naturali. Il Ministro israeliano per le Infrastrutture Yaakov Mimran, smentisce tutto e a sua volta ha accusato Hezbollah di voler approfittare delle scoperte per rivendicare diritti non esistenti su tali aree. In un clima giĂ  infuocato per via di preoccupazioni legate alla sicurezza e dell’escalation di tensione nel Sud del Libano (da sempre roccaforte di Hezbollah), in cui delle truppe francesi dell’UNIFIL (il contingente dell’ONU preposto alla sicurezza della zona cuscinetto al confine tra Israele e Libano) sono state attaccate dagli abitanti di un villaggio, la controversia sul gas naturale rischia dunque di gettare altra benzina sul fuoco.

 

UNA MINIERA PER TEL AVIV – Si consideri che, per lo Stato di Israele, la dipendenza energetica da fonti esterne è uno dei punti piĂą deboli: costretto a importare gas naturale (di cui quasi 2 miliardi di metri cubi annui dal vicino Egitto, altro motivo di tensione nell’area, essendo Il Cairo accusato dagli altri Paesi arabi di aiutare Israele) e carbone a fronte di una richiesta interna sempre maggiore, Tel Aviv potrebbe vedere nello sfruttamento dei giacimenti di gas appena descritti, la soluzione ai propri problemi di sicurezza energetica. Si stima che entro i prossimi anni, la richiesta interna potrebbe arrivare fino a 10 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno, contro i 5 attuali. Le immense riserve appena scoperte, per cui il governo israeliano ha giĂ  dato le licenze per l’esplorazione e la produzione, sono quindi una vera e propria manna dal cielo, ma anche una possibile fonte di ulteriore instabilitĂ , viste le rivendicazioni libanesi. Non solo: per Israele si tratterebbe di un affare redditizio, nella misura in cui Tel Aviv potrebbe passare da importatore ad esportatore di gas naturale verso l’Asia e l’Europa, arrivando ad avere delle rendite totali fino a quasi 20 miliardi di dollari. Un vero e proprio tesoro in fondo al mare, dunque. E i tesori, si sa, sono sempre contesi. Attenzione agli sviluppi di questa vicenda, di cui da noi non si parla.

 

Stefano Torelli

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