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A che gioco giochiamo

Facciamo il punto su quanto sta succedendo tra le due Coree, e come tali eventi possano avere ripercussioni a livello regionale e internazionale. Vi sarà un nuovo conflitto o una ripresa delle trattative? La partita è ancora aperta e da giocare, e al tavolo, oltre Pyongyang e Seoul, sono sedute anche Washington, Pechino e Mosca. Ecco i possibili scenari

Da: Centro di Formazione Politica

TENSIONE ALLE STELLE – L’attacco dei giorni scorsi contro l’isola di Yeonpyeong (nella foto sotto un immagine dell'accaduto riportata da una tv locale), 120 chilometri a ovest di Seoul, non ha precedenti nella storia recente delle relazioni tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Sebbene non ci siano state perdite rilevanti tra le fila sudcoreane né siano colpiti siti sensibili, l’aggressione dell’esercito di Pyongyang ha provocato un innalzamento della tensione in tutto il quadrante asiatico e scatenato le paure dei paesi che hanno finora sostenuto il governo di Seoul nella richiesta di sanzioni contro l’esecutivo nordcoreano. Lo stato di allerta, quindi, è stato portato al massimo livello in Corea del Sud, ma non solo. Il premier Naoto Kan ha dichiarato infatti che il Giappone è pronto ad ogni eventualità, lasciando intendere che Tokyo non starà certo ad attendere l’evolversi degli eventi prima di intervenire per azzerare una minaccia di tale portata. La tensione ha raggiunto nelle ultime ore il punto apicale e lo scontro aperto potrebbe essere sempre più prossimo. Un’eventuale guerra tra le due Coree potrebbe avere conseguenze importanti sulla stabilità della regione intera e, dati gli attori impegnati a sostegno di una o dell’altra parte, aprire contenziosi internazionali di una certa rilevanza.

OLTRE LE COREE – A livello regionale, un confronto militare tra i due paesi potrebbe riaprire vecchie questioni mai del tutto superate. La Corea del Sud, infatti, ha stretti legami politici e commerciali con il Giappone, mentre la Corea del Nord è stata finora protetta nelle sedi internazionali dal governo di Pechino. Il premier giapponese Naoto Kan e quello sudcoreano Lee Myung Bak si sono accordati per favorire una comune collaborazione nel gestire la crisi. Kan ha inoltre assicurato che il governo nipponico chiederà alla Cina di esercitare forti pressioni diplomatiche affinché cessino le continue provocazioni da parte di Pyongyang, principale causa di dissidi tra le due Coree. Non bisogna inoltre dimenticare che il Giappone aveva già richiesto l’intervento cinese nelle scorse settimane: la questione del nucleare nordcoreano, il cui continuo sviluppo è uno degli elementi che potrebbe favorire l’instabilità nel quadrante asiatico, rimane uno dei temi caldi nelle relazioni tra i due paesi. Il Governo cinese ha inizialmente commentato l’accaduto mantenendo un basso profilo, limitandosi ad esprimere dolore e rammarico per la perdita di vite umane senza però condannare fermamente l’azione nordcoreana. Finora la Cina ha protetto l’esecutivo di Pyongyang, divenuto un elemento di disturbo per la comunità internazionale quanto per la stabilità regionale, nell’ottica di una contrapposizione con gli Stati Uniti nell’area asiatica, ma il recente attacco potrebbe costare al governo di Pechino la credibilità diplomatica nel ruolo di mediatore in situazioni ad alto rischio di conflittualità. Molto dipenderà, quindi, da quella che sarà la posizione della leadership cinese nelle prossime ore, per questo motivo non si possono escludere a priori contenziosi diplomatici sull’asse Tokyo-Pechino nel caso in cui l’esecutivo guidato da Wen Jiabao tentasse nuovamente di ostacolare le iniziative sanzionatorie nei confronti della Corea del Nord.

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IL LIVELLO INTERNAZIONALE – Come detto poco sopra, oltre che portare instabilità nell’area asiatica lo scontro tra le due Coree potrebbe aprire contenziosi internazionali di una certa rilevanza. A seguito dell’attacco nordcoreano gli Stati Uniti hanno inviato nel Mar Giallo la USS George Washington, portaerei a propulsione nucleare in grado di trasportare 75 aerei da guerra e un equipaggio composto da 5.000 effettivi, avviando al contempo manovre militari congiunte con Seoul nella zona marittima antistante la penisola. Barack Obama ha chiarito che gli Stati Uniti non intendono attaccare l’esercito nordcoreano, quanto accaduto nei giorni scorsi non è considerato un atto sufficiente per scatenare uno scontro militare con Pyongyang. L’iniziativa della Casa Bianca sembra però essere un monito deciso, lanciato al governo nordcoreano e, al contempo, a quello cinese. Washington si aspetta infatti un intervento deciso da parte dell’esecutivo di Pechino ed auspica che la Cina riveda le sue posizioni sulla questione del nucleare nordcoreano. Alcuni timidi segnali in questo senso si sono avuti nelle ultime ore: il premier cinese Wen Jiabao, a margine dei colloqui bilaterali con il leader russo Dmitry Medvedev, ha dichiarato che Pechino è contraria alle provocazioni militari nordcoreane, confermando al contempo la disponibilità alla riapertura dei colloqui sulla questione dello sviluppo del programma nucleare.

LE CARTE ANCORA DA GIOCARE – Al momento la situazione sembra essere caratterizzata da una certa fluidità. I giocatori di questa pericolosa partita non hanno ancora scoperto tutte le carte. A seguito della visita di Kim Jong Il e del suo successore designato, il figlio Kim Jong Un, alla base di artiglieria nella provincia di South Hwanghae, da dove è partito l’attacco, i due leader hanno dichiarato che la Corea del Nord sarebbe pronta a muovere guerra contro Seoul in caso di provocazioni da parte del vicino. Molti osservatori internazionali sostengono che l’attacco sia una dimostrazione di forza da parte del futuro Presidente Eterno, che potrebbe così affermare la propria leadership e mostrarsi capace di qualcosa che i suoi predecessori non sono mai riusciti a mettere in atto. La partita rimane quindi aperta, in attesa di nuovi eventi. Mentre Seoul, Tokyo e Washington sono pronte ad una dura risposta e all’opzione militare, Pechino e Mosca preferirebbero risolvere la questione tentando nuovamente di intavolare negoziati e trattative con il governo di Pyongyang. Stante l’attuale situazione la via diplomatica sembra essere la più probabile, anche se non si può escludere a priori la possibilità di un secondo attacco nordcoreano. In quel caso, la comunità internazionale si troverebbe a dover gestire un nuovo conflitto. Una guerra che potrebbe ridefinire gli equilibri nell’area asiatica così come i rapporti tra alcuni dei maggiori players internazionali, che nel quadrante del Pacifico hanno interessi non solo commerciali ma ancor più geopolitici.

Simone Comi [email protected]

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