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La fine. E l’inizio?

Focus Egitto – Nuovi scontri, quest'oggi, ma una certezza: il regno di Hosni Mubarak, anche se (forse) non nell'immediato, è ormai giunto al termine, dopo che anche l'esercito sembra ritenere legittime le proteste del popolo. È una svolta storica, una nuova pagina per l'Egitto e per tutto il Medio Oriente, anche se per ora l'incertezza regna sovrana, con tanti altri scenari (Siria, Giordania, Algeria, Yemen) in ebollizione

LA FINE DI UN'EPOCA – Nuovi scontri, nuovi morti quest'oggi tra le fazioni pro e anti Mubarak, dopo che il Faraone ha dichiarato: me ne vado, ma non subito. C'è chi ha paragonato la rivoluzione che sta attraversando i paesi arabi alla caduta del Muro di Berlino. Strano in una regione dove solitamente i muri si costruiscono e raramente vengono abbattuti. Tuttavia eccoci qui a commentare la fine di 30 anni di governo. Trent'anni di Legge di emergenza, di soprusi, di diritti violati: di dittatura. Perchè le cose, come ricorda giustamente la scrittrice egiziana Randa Ghazi, vanno chiamate con il loro nome. E quella di Mubarak è stata, si può già usare il passato, una dittatura. Un governo dell'esercito, quello stesso esercito che oggi abbandona la nave che affonda. Uno smacco durissimo che segna la fine di un'epoca e forse, si spera, di un modo di fare politica all'interno del mondo arabo. Una politica fatta di repressione, durissima repressione. Almeno fino ad adesso.

L'INCERTEZZA DEL FUTURO – La popolazione non sa ancora cosa succederà. La gioia di questi giorni, i festeggiamenti, i gesti di vittoria, i sorrisi, potrebbero tornare a spegnersi. Il futuro è pieno di incertezze. Oggi si è contro Mubarak, ma domani? Una volta deposto il Faraone quali garanzie ci sono per il popolo egiziano che un altro Mubarak non salga al potere? Al momento nessuna ed il futuro non sembra promettere meglio. Libere elezioni potrebbero significare anche la salita al potere di partiti come i Fratelli Musulmani, e nè gli U.S.A., ma soprattutto Israele accetterebbero mai un tale scenario. Gaza è troppo vicina ed Hamas ancora troppo pericoloso. “Una transizione tranquilla”: queste le parole di Obama sull'Egitto. Riguardo a questo, appare indicativa la nomina a vice-presidente del capo dei servizi segreti Omar Suleiman. Uomo potentissimo, vecchia guardia anche lui, ma stimato dalla popolazione e soprattutto da Tel Aviv e dalla Casa Bianca. Potrebbe essere lui l'uomo della transizione. Sarà molto probabilmente lui l'uomo che accompagnerà il Paese verso le nuove elezioni presidenziali ed a questo punto anche parlamentari. Bisognerà vedere se ne sarà capace, se vorrà lasciare che l'Egitto cammini da solo o se continuerà a stringerlo per mano mantenendolo sotto la sua strettissima custodia.

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L'INIZIO (COMUNQUE) DI UNA NUOVA ERA – Oggi ritratti di Nasser campeggiano vicini al Corano ed all'immagine stilizzata di Che Guevara. Forze nazionaliste, Fratelli Musulmani, partiti di sinistra ma soprattutto gente comune è oggi in piazza a segnare la fine un'epoca e l'inizio, comunque vada, di una nuova era. La fuga di Ben Ali lo ha chiaramente dimostrato, ma è solo l'inizio. Basti guardare a cosa è successo ieri in Giordania, dove il re Abdallah ha deciso di sciogliere il Parlamento e nominare un nuovo Primo Ministro, nel tentativo di placare gli animi della popolazione ancor prima che si scaldino. Un Premier che comunque rimane inviso all'opposizione islamica. Non vanno meglio le cose in Siria. Sabato l'opposizione scenderà in piazza per protestare contro Bashar Assad. Si tratta di realtà ovviamente molto diversificate fra di loro, ma che hanno comunque condiviso diverse esperienze comuni come carovita, disoccupazione, repressione della libertà di espressione e limitazione delle libertà individuali. Tutti insomma hanno conosciuto il significato profondo di un termine fin troppo ricorrente in questo articolo: "dittatura". Tuttavia le dittature sono dure a morire e sembra difficile che tutto cambi così d'improvviso. Del resto l'esercito ha giocato un ruolo fondamentale nella destituzione di Ben Ali ed è stato il vero ago della bilancia per il successo della rivoluzione egiziana. Sono ancora molti, moltissimi gli scenari che potremmo trovarci a commentare.

Ricordando che anche la rivoluzione iraniana del 1979 inizialmente non fu affatto caratterizzata dall'elemento islamico, l'Egitto e più in generale tutta la regione aspetta di sapere cosa ne sarà del suo futuro. Si guarda con fiducia al futuro. Meglio però, conoscendo il Medio Oriente, non illudersi troppo.

Marco Di Donato [email protected]

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