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Jimmy Morales, un antipolitico alla guida del Guatemala

Comico, attore, conduttore televisivo, regista, Presidente della repubblica del Guatemala. Ecco come si presenta a oggi il curriculum di Jimmy Morales, il cui insediamento come nuovo Capo di Stato è previsto per il 14 gennaio 2016

DALLE UMILI ORIGINI ALLA PRESIDENZA – Con il 72% dei voti, Morales ha stravinto il ballottaggio del mese scorso battendo l’ex first lady Sandra Torres, moglie del Presidente socialdemocratico Alvaro Colom Caballeros. Il Guatemala dice no, quindi, a un altro rappresentante dell’establishment corrotto, e volta nettamente pagina portando al potere un uomo senza alcuna esperienza diretta in politica.
Nato in una famiglia poco abbiente, Morales si laurea in economia e in teologia all’università di San Carlos de Guatemala, dove rimane a insegnare per alcuni anni. Profondamente conservatore, è contrario all’aborto, ai matrimoni omosessuali e alla legalizzazione delle droghe.
Regista e produttore cinematografico, è soprattutto noto per aver condotto il programma satirico “Moralejas“, uno dei programmi televisivi più seguiti degli ultimi 15 anni. Come attore, invece, viene ricordato per il ruolo di Neto, un cowboy che per caso viene eletto Capo di Stato nel film “Un presidente de a sombrero”.
Inizia a interessarsi di politica nel 2011, quando si candida sindaco della città di Mixco, nel Guatemala meridionale, ottenendo però solo pochi voti. Nel 2013 diventa segretario del Fronte di convergenza nazionale (Fcn), il partito di destra che dopo il ballottaggio presidenziale ha ottenuto 11 seggi in Parlamento.

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UN PROGRAMMA ANCORA ASTRATTO – Nè corrotto, nè ladro è stato lo slogan della campagna elettorale di Morales, che ha dato massima priorità alla lotta alla corruzione, come affermato da lui stesso all’indomani della vittoria – «Ho ricevuto un mandato da voi, e quel mandato è combattere la corruzione che sta consumando il Guatemala».
Il programma politico del neoeletto Presidente resta comunque ancora molto vago. Finora si è parlato di incrementare i fondi destinati all’apparato giudiziario per facilitare la trasparenze delle informazioni sulle spese del Governo.
Morales ha poi evidenziato la necessità di giungere a una soluzione per quanto riguarda la questione del Belize, con il quale il Guatemala è impegnato da anni in una disputa territoriale seguita all’indipendenza dal Regno Unito del 1990.
Si passa poi a idee più fantasiose e creative, come dotare tutti gli insegnanti di un rilevatore GPS per monitorare la loro presenza in classe o distribuire smartphone a tutti i bambini dello Stato.

LA LOTTA ALLA CORRUZIONE – Sicuramente il suo cavallo di battaglia resta la lotta alla corruzione, dato che proprio uno scandalo di corruzione sta alla base di queste elezioni anticipate (le regolari elezioni si sarebbero dovute tenere nel 2019), dopo le dimissioni e l’arresto del presidente Otto Pérez Molina. Secondo quanto emerso da un’indagine condotta dal CICIG (il tribunale speciale delle Nazioni Unite per la corruzione in Guatemala), l’ex leader del Paese sarebbe implicato nel caso conosciuto come “la linea”, un’operazione di defraudamento doganale che ha permesso al Governo di evadere oltre 7 milioni di dollari.
Dopo che milioni di cittadini sono scesi in piazza per manifestare a favore dell’arresto del Presidente, il Governo ha tolto l’immunità a Molina affinché potesse essere processato come un normale cittadino. Pochi mesi prima, a maggio, si era dimessa anche la vicepresidente Roxana Baldetti, per “motivi personali”, e oggi si trova in carcere per lo stesso scandalo di corruzione.
Il CICIG ha accusato la classe politica di stare raccogliendo tangenti in cambio di “aggiustamenti” nei pagamenti delle tasse. Alcuni fra i politici accusati si sono difesi affermando che i soldi delle tasse ordinarie vengono intascati dai politici corrotti, e che a quel punto era quasi preferibile che li rubassero loro ma che ne versassero comunque una parte allo Stato. Gli interessi dei prestiti sono quindi cresciuti a dismisura e il Governo si è visto costretto ad adottare una dura politica di austerity che ha aggravato le condizioni di povertà nel Paese.
È facile, quindi, vedere nell’elezione di Morales una vittoria delle democrazia. Ma come ci insegna la storia, i tentativi di democrazia spesso falliscono rapidamente. Le proteste che hanno portato alle dimissioni di Molina e le recenti elezioni da sole certamente non bastano, ma il duro lavoro di costruzione della sovranità popolare inizia adesso che il polverone sta passando.
In un report redatto dall’ICEF (Instituto Centroamericano de Estudio Fiscales), sono state individuate sei cause che hanno portato il Guatemala ad avere i più alti livelli di corruzione dell’America centrale: legislazione obsoleta, deboli istituzioni, difficile accesso alle informazioni pubbliche, scarsa partecipazione dei cittadini, esistenza di troppi conflitti di interessi interni e dilagante impunità. L’ICEF ha dunque chiesto apertamente alle nuove autorità che si insedieranno dal prossimo anno di tenere conto di questi sei punti e di usarli come punto di partenza per raggiungere l’obiettivo della trasparenza e della lotta alla corruzione.

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ALTRE SFIDE Morales, inoltre, si trova a dover affrontare un Paese con oltre 15 milioni di abitanti, di cui il 70% vive in condizioni di estrema povertà. Anche se negli ultimi anni la situazione economica è migliorata, le diseguaglianze permangono, e il divario fra ricchi e poveri è ancora difficile da colmare.
La maggiore sfida resta comunque quella di mantenere una leadership con solo 11 deputati del suo partito in Parlamento. Con tutti gli occhi puntati sull’ex Presidente Molina, il Governo è riuscito a deviare l’attenzione dall’alone di corruzione che lo circondava, tant’è che la metà dei deputati del precedente gabinetto sono stati rieletti e sono sempre gli stessi partiti in carica ad avere ottenuto la maggioranza. Morales ha promesso che sconfiggerà la corruzione nel Paese, ma non può farlo senza l’appoggio incondizionato del Governo. Ed è difficile prevedere cosa succederà con solo 11 membri appartenenti al suo partito.

Claudia Patricolo

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Un chicco in più

Nel Fronte di convergenza nazionale (Fcn) militano numerosi ex militari coinvolti nella guerra civile guatemalteca (1954-1996), durante la quale oltre duecentomila persone persero la vita. Non poche sono quindi le critiche mosse verso le nuove autorità, accusate dagli oppositori di un esagerato conservatorismo e nazionalismo.  [/box]

Foto: Prachatai

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Claudia Patricolo
Claudia Patricolo

Romana per caso, vivo e studio da sempre nella Capitale. Classe 1991, sono laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e attualmente specializzanda in Giornalismo ed Editoria all’Università di “Tor Vergata”. Da sempre interessata a tematiche internazionali, ho lavorato in diverse redazioni a Roma fino ad arrivare a Parigi dove ho svolto uno stage presso “Le Monde”. Innamorata del Sudamerica, dove ho vissuto per un periodo, non perdo occasione di partecipare e scrivere di questa meravigliosa parte del mondo che è l’America Latina.

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