In Egitto ha giurato il Governo di el-Beblawi, composto soprattutto da tecnocrati con collegamenti in Occidente e nelle Organizzazioni internazionali, sebbene non manchino figure già presenti nell’esecutivo precedente. Nel Sinai, però, continua l’emergenza terrorismo.
1. IL GOVERNO EL-BEBLAWI – Il nuovo Governo egiziano ha prestato giuramento ieri, in anticipo rispetto ai tempi previsti e proprio mentre al Cairo stavano tornando a infuriare gli scontri nelle strade. Il premier el-Beblawi ha indicato 33 ministri, quasi tutti tecnici e con profondi legami con le Organizzazioni internazionali e il mondo occidentale. Per esempio, il titolare degli Esteri è Nabil Fahmy, già ambasciatore d’Egitto negli Stati Uniti, mentre alle Finanze è stato scelto Ahmad Galal, un economista con esperienza nella Banca mondiale. Ci sono comunque anche personalità provenienti dal periodo di Morsi, tra i quali il ministro dell’Interno, Mohamed Ibrahim, quello del Turismo, Hisham Zaazou e quello degli Investimenti, Osama Saleh, il cui compito sarà attirare nuovi capitali stranieri. Resta nel proprio incarico alla Difesa lo stesso Abdel Fattah el-Sissi, comandante dell’Esercito che assumerà anche la funzione di vice-premier. Nel Governo sono presenti tre donne, ossia Maha Zeneddin (Sanità ), Doriya Sharaf el-Dine (Informazione) e Laila Rashed Iskandar (Ambiente). Domenica 14 luglio, inoltre, Muhammad el-Baradei ha giurato quale nuovo vicepresidente dell’Egitto, nonostante l’ostilità delle opposizioni, che ieri, tramite il portavoce della Fratellanza Musulmana, hanno dichiarato l’«illegittimità » dell’esecutivo.
2. L’ORIENTAMENTO – Il nuovo Governo egiziano rappresenta una precisa scelta di campo: l’assenza di esponenti dei partiti islamisti e l’elevato numero di ministri tecnici con legami in Occidente e nelle Organizzazioni internazionali sono già di per sé emblematici della svolta che i nuovi vertici del Paese intendono perseguire. In questo senso, Fahmy (Esteri) è stato ambasciatore a Washington per nove anni, mentre Galal (Finanze) è di formazione statunitense e ha una lunga esperienza nella Banca mondiale. Ovviamente, poi, la presenza del premio Nobel el-Baradei come vice-presidente è ritenuta in Europa e negli USA un segno di garanzia. Non per caso una delle necessità più urgenti è la ripresa degli aiuti di Washington all’Egitto, 1,3 miliardi di dollari bloccati con la destituzione di Morsi. Nelle intenzioni dei vertici egiziani, i compiti del Governo tecnico nel periodo della roadmap del presidente Mansour, nella quale si prevede di giungere alle elezioni nel 2014, saranno connessi al contrasto della crisi economica e alla ristrutturazione dell’apparato burocratico del Paese. Le istanze del fronte contrario a Morsi, formalmente connesse alla stagnazione in corso, rendevano pressoché inevitabile la nomina a Primo Ministro di un economista esperto (come el-Beblawi) capace anche di gestire i rapporti col FMI, la cui assistenza è fondamentale per l’Egitto.
3. L’EMERGENZA SICUREZZA NEL SINAI – Nel frattempo, però, dopo una settimana di relativa quiete seguita alla strage di fronte alla sede della Guardia Repubblicana (55 morti), il Paese torna a essere attraversato dagli scontri. Ieri sono rimaste uccise sette persone, mentre quelle ferite sarebbero almeno 260. Anche per oggi sono previste alcune manifestazioni, ma la tensione potrebbe salire in particolar modo dopo l’iftar, cioè il pasto serale che interrompe il digiuno durante il mese del Ramadan. Da seguire con assoluta attenzione la situazione nel Sinai, dove sempre maggiori sono i casi di attacchi di milizie islamiste: stanotte, a poca distanza dal valico di Rafah, sarebbero stati uccisi sei soldati e una donna, mentre non è chiaro se gli assalitori abbiano subìto perdite. Ieri, invece, un assalto a un mezzo della polizia ha coinvolto un autobus di civili, causando tre morti e una ventina di feriti. Negli scorsi giorni, Israele ha acconsentito a una deroga dei trattati di demilitarizzazione, permettendo all’Egitto di schierare elicotteri, carri armati e due divisioni dell’Esercito a ridosso della striscia di Gaza. Il Sinai in queste settimane sta divenendo una regione fuori controllo, ma il rischio reale è che possa divenire una cittadella del terrorismo, considerato che la profonda e complessa rete tra Islam combattente, tribù locali e gruppi banditeschi si sta ampliando a causa dei vuoti di potere nella penisola.
Beniamino Franceschini