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Egitto: la guerra civile è già in corso?

L’Egitto è tornato a infiammarsi nel fine settimana, con violenze in tutto il Paese. Il bilancio, in base alle fonti, oscilla tra i 66 e i 120 morti, con un reciproco scambio d’accuse tra i sostenitori del Governo e i fedeli di Morsi: la guerra civile, secondo alcuni osservatori, è già cominciata.

 

1. LA STRAGE – La scorsa settimana, il ministro della Difesa egiziano, el-Sissi, aveva incitato i sostenitori del Governo a scendere in piazza per respingere i manifestanti a favore di Morsi, definiti «terroristi», e aveva intimato agli avversari di sospendere ogni protesta entro il 27 luglio. Da parte sua, la Fratellanza Musulmana non ha accettato l’ultimatum, cosicché nella serata di sabato, un folto gruppo di sostenitori di Morsi ha tentato di attraversare il ponte 6 Ottobre in direzione di piazza Tahrir, trovando la reazione decisa delle forze di sicurezza. Il bilancio non è ancora chiaro, poiché se da un lato il ministero della Sanità riferisce di 66 morti, dall’altro lato la Fratellanza Musulmana afferma che le vittime siano state 120: comunque si tratta di una strage. Anche la dinamica dei fatti resta del tutto incerta, con i manifestanti che riportano di un impiego indiscriminato delle armi da parte della polizia e, addirittura, di cecchini appostati negli edifici circostanti e civili che sparavano sulla folla. Al contrario, il ministero dell’Interno e la Procura generale attribuiscono ogni responsabilità ai fedeli di Morsi, accusati di aver aperto il fuoco sulle Forze dell’Ordine per primi. El-Baradei ha criticato aspramente «l’uso eccessivo della forza», considerato che la prima ricostruzione della vicenda non convince ancora del tutto, parole condivise anche dal grande imam di al-Azhar, al-Tayeb, e dal papa copto Teodoro II.  Tra sabato e domenica, inoltre, sono giunte le reazioni degli statunitensi Kerry, che ha insistito sul diritto delle opposizioni alla protesta, e Hagel, che ha richiamato el-Sissi alla moderazione, mentre Ban Ki-Moon ha chiesto espressamente la liberazione di Morsi e dei vertici della Fratellanza Musulmana.

 

2. VOCI SU MORSI – Recentemente, però, forse sono stati rivelati degli indizi sulla sorte del Presidente destituito, trattenuto in una località segreta dal 3 luglio: da alcune parole del ministro dell’Interno, infatti, sembrerebbe che Morsi possa essere trasferito entro breve tempo nella prigione di Tora, dov’è trattenuto anche Mubarak. Secondo alcuni testimoni diretti, l’ex capo di Stato sarebbe in buone condizioni, ma non sarebbe a conoscenza della situazione nelle piazze del Paese.

 

3. GUERRA CIVILE GIÀ IN CORSO? – Considerato il climax degli ultimi giorni, seguito alla tregua apparente della scorsa settimana, il rischio di una guerra civile è tornato molto elevato. Per di più, alcuni osservatori si stanno chiedendo se l’Egitto non stia già affrontando un vero e proprio conflitto tra i due grandi fronti nei quali il Paese è diviso. L’intensità degli scontri, il numero delle vittime, le parole dei maggiori esponenti politici rendono del tutto lecito affermare che il popolo egiziano sia prossimo alla disgregazione violenta, soprattutto perché nessuna delle parti in causa sta riflettendo sull’opportunità di retrocedere dalla propria posizione, ma, anzi, sta solo mostrando di non avere alcun dubbio sull’eventualità dell’uso della forza.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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