In 3 sorsi – Il 5 febbraio 2019, il Presidente Trump si è recato al Congresso statunitense per lo State of the Union (SOTU), appuntamento tradizionale che quest’anno si è rivelato più speciale del solito. Vediamo perché lo è stato e cosa ha detto.
1. VERSO LO STATO DELL’UNIONE: SCONFITTA E SCONTRO ISTITUZIONALE
Per capire lo stato d’animo del Presidente prima del suo terzo State of the Union (Stato dell’Unione) – il secondo di contenuto, essendo il primo un “semplice” messaggio di inizio mandato al potere legislativo, – bisogna tornare alle elezioni di metà mandato, quando i Repubblicani persero il controllo della Camera. Un appuntamento cruciale per Trump, che sperava sulla vittoria legislativa per dare slancio agli ultimi due anni di mandato e alla seconda candidatura presidenziale. Ci si aspetta, invece, che la nuova configurazione del Congresso crei non pochi problemi non solo per quanto riguarda il programma di governo, ma anche per tutto ciò che ruota attorno al Russiagate. Il braccio di ferro tra Trump e i vertici dei democratici è iniziato immediatamente con lo shutdown parziale del Governo federale. Da qui è nato uno scontro istituzionale fortissimo tra la speaker della Camera Nancy Pelosi e il Presidente stesso, cui ha fatto da sfondo il tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione con cui l’inquilino della Casa Bianca traccia, a grandi linee generali, lo stato di salute della nazione di fronte al Congresso e alle maggiori cariche istituzionali del Paese. La donna più potente nel panorama politico americano aveva usato la questione dello shutdown per posporre il messaggio del Presidente. La situazione è stata poi sbloccata e Trump è stato formalmente re-invitato a parlare alla Camera il 5 febbraio.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Trump durante il discorso sullo Stato dell’Unione. Alle sue spalle, a sinistra, il vicepresidente Mike Pence, a destra la speaker della Camera Nancy Pelosi
2. IL DISCORSO: UN’AMMINISTRAZIONE SENZA SMACCO
Il Presidente ha fatto un discorso incentrato su di sé, intervallato da tributi a individui che rappresentano fasce precise della società: dai veterani del D-Day al sopravvissuto alla strage della sinagoga di Pittsburgh e all’Olocausto, passando per astronauti, ex tossicodipendenti (neri) che hanno potuto raddrizzare la loro vita, una bambina che ha sconfitto il cancro e il padre di un soldato che ha perso la vita durante l’attacco all’USS Cole.
Trump ha aperto con un appello all’unità. Ha poi posto l’accento sui risultati economici degli ultimi due anni e rivendicato l’USMCA, che nei piani dell’Amministrazione andrebbe a sostituire il NAFTA. Appoggiato da continue standing ovation repubblicane, il Presidente si è rivolto anche ai democratici, chiedendo di abbandonare la politica di «rifiuto e resistenza» e affermando che le «guerre politiche» e le «ridicole investigazioni» sono le uniche armi che possono fermare il nuovo «miracolo economico» statunitense. Ha poi sviluppato il tema dell’immigrazione ricordando le carovane, accusando le città messicane di usare le stesse per liberarsi dei criminali, affermando il suo totale supporto all’immigrazione legale e richiamando alla costruzione di un muro efficace. In tema di politica interna, Trump ha chiesto di approvare una legge per proibire l’aborto tardivo e ha espresso allarme per i crescenti richiami al socialismo negli Stati Uniti, riferendosi alle nuove forze democratiche in Congresso.
In materia di politica estera, Trump ha riaffermato la sua ferma condanna al Governo di Maduro in Venezuela, ha rivendicato il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e la decisione di ritirarsi dalla Siria.
Non sono mancati i momenti informali che hanno riportato quest’incontro istituzionale a un livello più umano. Il riconoscimento del Presidente alle tante donne elette al Congresso ha fatto scatenare l’intero Congresso che ha cantato all’unisono: «USA! USA!». E il tributo a Judah Samet, il cui compleanno cadeva proprio il 5 febbraio, si è trasformato in un toccante augurio dell’intera aula.
«Lo Stato dell’Unione è forte», ha affermato il Presidente, che ha chiuso il suo lungo discorso chiedendo al Congresso di «scegliere la grandezza».
Fig. 2 – Molte delle donne elette in questo nuovo Congresso (soprattutto democratiche) erano vestite di bianco
3. LA RISPOSTA DEMOCRATICA: NON È TUTTO ORO CIÒ CHE LUCCICA
La tradizionale risposta dell’opposizione è stata affidata a Stacey Abrams, uno degli astri nascenti democratico. Abrams si è presentata al grande pubblico richiamando al valore della comunità e ha poi attaccato il Presidente sul tema dello shutdown. Su questa stessa linea, ha messo in luce le contraddizioni economiche dell’era Trump, la necessità di trovare alternative sul tema migratorio, il problema del vote suppression, il razzismo e l’omofobia ancora dilaganti. La chiusura, però, è di speranza e positività per un futuro tutto da costruire.
Elena Poddighe