Ristretto – In questi giorni stiamo assistendo a quella che probabilmente è la piĂą intensa ondata di proteste in Sudan a partire da dicembre, quando tutto è cominciato.
Sabato 6 aprile, infatti, migliaia di manifestanti si sono radunati nella capitale Khartoum davanti al Quartier generale delle forze armate, per chiedere le dimissioni del Presidente Omar al-Bashir. La repressione non si è lasciata attendere: si contano almeno 7 morti nel corso delle ultime 24 ore, il che fa schizzare a 15 il bilancio totale delle vittime (a partire dall’inizio del sit-in pacifico). Nel denunciare le violenze subite, i manifestanti hanno puntato il dito contro il servizio di intelligence e sicurezza National Intelligence Security Service (NISS) e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF), in parte composto da ex membri delle milizie Janjaweed tristemente note per le atrocità commesse in Darfur.
Nonostante il blackout che ha colpito l’intero Paese ieri, il sit-in pacifico continua. Il malcontento popolare nei confronti di al-Bashir è un collante potente, che ha richiamato in piazza molti giovani e professionisti. Sembra infatti che ad organizzare la protesta sia stata la Sudanese Professionals Association, un’associazione di categoria che unisce medici, operatori sanitari e avvocati.
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Caterina Pucci