In 3 Sorsi – Conquistato il Darfur, le RSF di Hemetti cercano di superare lo stallo dirigendosi verso il Kordofan, dove le forze governative del Sudan mantengono ancora delle roccaforti. La crisi umanitaria, nel frattempo, peggiora rapidamente.
1. L’AVANZATA DELLE RSF NEL KORDOFAN
Dopo la caduta della città di El Fasher, nel Darfur, passata sotto il controllo delle forze di Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti, il Presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, Abdel Fattah al-Burhan, conserva ormai solo le regioni settentrionali e orientali del Sudan. A complicare ulteriormente lo scenario è arrivata anche la conquista della città di Barah, nel Kordofan settentrionale, sempre da parte delle forze paramilitari Rapid Support Forces (RSF) di Hemetti. La regione del Kordofan, infatti, è oggi considerata tra i principali snodi decisivi del conflitto sudanese. Situata nel cuore del Paese, rappresenta il collegamento tra il Darfur, ormai quasi interamente sotto il controllo delle RSF, e le regioni orientali ancora in mano governativa. Per le RSF, la conquista del Kordofan consentirebbe di consolidare un corridoio strategico dal Darfur verso il centro-est del Paese, mentre per le forze governative, invece, difenderla è vitale per mantenere aperti i collegamenti logistici e scongiurare un progressivo accerchiamento. In questo contesto, la presa di Barah rappresenta un possibile punto di partenza per l’assalto a El-Obeid, capitale regionale e uno degli ultimi bastioni rimasti alle Forze Armate Sudanesi (SAF). Un’eventuale caduta di El-Obeid aprirebbe la strada delle RSF verso il centro-est del Paese, mettendo in pericolo aree finora relativamente stabili. Tuttavia, i recenti raid aerei dell’esercito sudanese contro numerose postazioni strategiche delle RSF sembrano aver rallentato l’avanzata delle milizie.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Profughi sudanesi di El Fasher rifugiati nel campo di Um Yanqur
2. LE ALLEANZE DELLA GUERRA E LA PRESSIONE INTERNAZIONALE
Un fattore decisivo nell’evoluzione del conflitto è rappresentato dai flussi finanziari e dal sostegno esterno alle fazioni in campo. Tra i principali alleati delle RSF figurano gli Emirati Arabi Uniti, accusati di fornire appoggi economici e logistici al gruppo guidato da Hemetti. È proprio negli Emirati che un gruppo di imprenditori legati alle RSF ha costruito in vari settori una fitta rete di società, che si sospetta siano utilizzate, oltre che per attività di riciclaggio, per garantire risorse e approvvigionamenti alle milizie, tra cui l’acquisto di veicoli Toyota poi convertiti in pick-up armati. La comunità internazionale ha più volte invitato Abu Dhabi a far pressione sui leader delle milizie per fermare le violenze contro i civili. Nel frattempo, cresce la richiesta di un intervento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che potrebbe portare all’adozione di sanzioni mirate, tra cui il congelamento dei beni e il divieto di viaggio per i vertici delle RSF. Alla posizione dell’ONU si aggiunge anche la ferma condanna del Consiglio Pace e Sicurezza dell’Unione Africana, che invoca un’inchiesta sugli attori coinvolti nel sostegno militare ai gruppi belligeranti. In questo quadro, nel reagire unanimemente di fronte alle atrocità su larga scala commesse a El Fasher nei confronti della popolazione civile nella settimana successiva all’entrata in città delle forze paramilitari RSF, la comunità internazionale sta mostrando un’inedita convergenza – con appelli di numerosi Paesi tra cui l’Italia insieme a quelli di Organizzazioni Internazionali, della Croce Rossa Internazionale e di Papa Leone XIV – che potrebbe rivelarsi determinante per gli sviluppi futuri della questione sudanese. In questi giorni si sono susseguite voci sulla possibile firma in tempi brevi di una tregua umanitaria.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Manifestazione a Omdurman contro le Rapid Support Forces a El Fasher
3. UN FUTURO ANCORA INCERTO
Alla luce di quanto accaduto nell’ultima settimana, nello scenario di un disastro umanitario di proporzioni insostenibili, si può affermare che, dopo lunghi anni di guerra, il conflitto sudanese è entrato in una sorta di stallo militare. Sebbene abbiano ormai consolidato il controllo in vasti territori, le RSF non riescono ancora ad avanzare stabilmente verso est, dove le SAF mantengono il proprio potere. L’esercito, tuttavia, non dispone della forza necessaria per riconquistare i territori perduti, limitandosi a operazioni aeree e bombardamenti mirati che rallentano l’avversario, ma non ribaltano l’equilibrio. Con il fronte militare ormai bloccato, è la popolazione civile a pagare il prezzo più alto. Milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie città, mentre altre perdono la vita sotto i bombardamenti e negli scontri che continuano a colpire le aree abitate. Secondo le stime più recenti, oltre un terzo dei sudanesi ha bisogno di assistenza umanitaria, in quella che le Nazioni Unite definiscono una delle peggiori crisi al mondo.
Livia Daccò Coppi
“24 January 2025, Adre, Chad. Sudanese refugees who have fled the conflict in Sudan register for food aid in neighbouring Chad.” by Foreign, Commonwealth & Development Office is licensed under CC BY


