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I nuovi accordi di ENI nel Golfo Persico

In 3 sorsi ENI allarga il proprio impero commerciale in Medio Oriente grazie a importanti intese con i principali attori petroliferi.

1. LE CONCESSIONE ESPLORATIVE ONSHORE & OFFSHORE

Il 31 luglio scorso ENI ha firmato un accordo con il Sultanato dell’Oman denominato in gergo tecnico EPSA (Exploration and Production Sharing Agreement) con cui gli vengono affidati i diritti per esplorare e sviluppare un’area onshore di piĂą di 2.500 chilometri quadrati. L’accordo per il cosiddetto “Blocco 77″, permette a ENI di rafforzare la posizione e il ruolo in Oman. Il “cane a sei zampe” condividerĂ  la partecipazione (50%-50%) all’accordo con la societĂ  inglese British Petroleum (BP). In precedenza, con la societĂ  di Stato Oman Oil Company Exploration and Production (OOCEP) era stato sottoscritto un accordo relativo a un altro blocco onshore, il numero 47, con una superficie di circa 8.500 chilometri quadrati. Qui ENI sarĂ  l’operatore con la quota di partecipazione piĂą elevata, del 90%, rispetto a quella di OOCEP, che sarĂ  del 10%.
Negli Emirati invece la scalata di ENI inizia nel novembre 2018, con l’assegnazione di una quota del 25% nella concessione di un progetto a gas situato nell’offshore dell’Emirato di Abu Dhabi. Nel 2019 aveva giĂ  acquisito il 70% di due concessioni esplorative offshore messe a disposizione dalla Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC). Le concessioni hanno una durata di 35 anni, e ENI avrĂ  come partner la thailandese PTT Exploration and Production Public Company Limited (PTTEP). Infine nel luglio scorso l’ENI acquisisce direttamente il 20% di ADNOC Refining. Questi ultimi accordi, firmati dall’amministratore delegato di ADNOC, S.E. Sultan Ahmed Al Jaber, e dall’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, prevedono, in aggiunta, la costituzione di una joint venture rivolta alla vendita di prodotti petroliferi. ENI oltre che in Oman e negli Emirati Arabi Uniti è presente anche in Bahrain e in Iraq.

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Fig. 1 – Quartier generale della compagnia italiana ENI, Milano.

2. I PAESI NEL DETTAGLIO

L’Oman, alle porte del Golfo Persico, permette il transito, attraverso lo Stretto di Hormuz, detto la “giugulare dell’Occidente”, di circa un terzo delle riserve mondiali di greggio. Il piccolo Sultanato è il maggior produttore di petrolio non-OPEC in Medio Oriente, e con la sua posizione geopolitica scomoda cerca di tenere un basso profilo tra Arabia Saudita e Iran, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Svizzera del Golfo Persico”. Le recenti aggressioni a petroliere nel Golfo dell’Oman sono una prova di quanto gli idrocarburi sono i veri protagonisti di un conflitto perenne per gli equilibri geopolitici della regione. La transizione energetica globale e il passaggio alle energie rinnovabili rappresentano i pilastri dell’Oman Vision 2020, un piano economico per il futuro del Paese che comprende una diversificazione delle fonti di reddito del Sultanato, aprendo sempre più alla partecipazione dei privati all’economia, tra cui attori tecnologicamente avanzati e pronti a intensificare i rapporti economici nell’area come appunto il “cane a sei zampe” italiano.
Per quanto riguarda gli Emirati Arabi Uniti, questi ultimi vedono il biennio 2020-2021 come un palcoscenico per gli investitori stranieri: l’EXPO che inizierà il 20 ottobre 2020 terminerà il 10 aprile 2021, anno del Golden Jubilee, il 50esimo anniversario della loro fondazione. Gli Emirati dipendono fortemente dall’esportazione di petrolio e considerano il gas un bene sempre più necessario all’economia domestica (più del 60% dell’energia utilizzata negli Emirati deriva da gas naturale). Il Paese, nonostante sia il 7° produttore mondiale di greggio, ha una capacità di raffinazione ancora contenuta. Ecco perché, per mettere in opera i piani di sviluppo industriale e diversificazione economica progettati per il futuro, si rende necessario importare non solo carburanti raffinati, ma anche competenze ed expertise come quelle, appunto, di ENI.

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Fig. 2 – Claudio Descalzi, Amministratore delegato ENI dal 2014

3. ENI PROIETTATA NEL FUTURO

L’origine degli accordi siglati da ENI deriva, prima di tutto, dalla necessità dei Regni e Sultanati del Golfo Perisco di cambiare la propria politica energetica. I protagonisti dell’area persica hanno cominciato a capitalizzare i prodotti derivati dal solare, iniziando così la transizione energetica, ma vogliono sfruttare al massimo i propri sottosuoli nel breve termine e in maniera sempre più produttiva e funzionale. Ecco perché ENI sta allargando il proprio “impero” nella penisola arabica, una zona finora solo parzialmente sfruttata.
L’altro fondamentale motivo è l’aumento delle quotazioni che ENI ha raggiunto nel settore dell’esplorazione dopo la scoperta di Zhor, il giacimento gigante di gas naturale individuato nel 2015 al largo dell’Egitto e considerato la più grande riserva di gas naturale del Mediterraneo (stime parlano di 850 miliardi di metri cubi). L’ovvio risultato di questa acquisizione è stato spiccare agli occhi delle aziende statali del Golfo, anche grazie al miglioramento tecnologico compiuto da ENI negli ultimi anni. L’amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi crede che entrare nel downstream non solo degli Emirati Arabi Uniti, ma anche degli altri Paesi del Golfo, rappresenterà per la multinazionale italiana un aumento del 35% della capacità di raffinazione, diversificando al contempo l’aerea geografica dell’area d’affari di ENI.
Con una capacitĂ  produttiva di 900 mila barili al giorno di ADNOC Refining, ENI si porrĂ  in una posizione altamente strategica per i mercati di Africa, Asia ed Europa, contando sulle raffinerie attualmente presenti e quelle previste per i prossimi anni, grazie ai recenti e importanti accordi.

Alessandro Manda

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Alessandro Manda
Alessandro Manda

Nato a Napoli, classe ’87, cresciuto a Civitavecchia. Laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di storia, geopolitica e affari internazionali. Alla continua ricerca di metodologie per mettere alla prova le mie conoscenze, ho frequentato Corsi di Perfezionamento presso l’Istituto Affari Internazionali – IAI, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale – ISPI e seguito corsi in e-learning presso la School of Oriental and African Studies – SOAS di Londra e il Middle East Institute di Washington.

 

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