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Stati Uniti, è già campagna elettorale

Eccovi le risposte alle domande più complesse sulle elezioni di medio termine negli Stati Uniti: il Caffè ne parla con Mattia Diletti, esperto di politica americana. L'appuntamento elettorale delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti ha infatti certificato, come previsto, un momento di difficoltà del Presidente Obama, ed oggi dunque il Governo in carica deve far fronte ad un serio rischio di ingovernabilità, che certo non costituisce, per i Democratici, la miglior via verso le elezioni del 2012.

Andrea Ambrosino, per Il Caffè Geopolitico (CG)

Mattia Diletti, esperto di politica americana (MD)

(CG) – Quali sono le prime considerazioni da fare a margine delle recenti elezioni di medio termine negli Stati Uniti? (MD) – Le elezioni di medio termine rappresentano un qualcosa di diverso rispetto alla tornata elettorale in cui si è chiamati ad eleggere il Presidente degli Stati Uniti d’America, basti pensare che al medio termine vengono coinvolti nel voto circa il 40% degli aventi diritto. Tuttavia questo appuntamento può rivelarsi come un utile segnale d’avvertimento per ciò che potrebbe avvenire in futuro. Analizzando i dati viene fuori che Obama ed i democratici hanno perso 60 seggi alla camera dei rappresentanti, la perdita più grossa in termine di deputati dal dopoguerra ad oggi e questo è evidentemente un dato di cui bisognerà tener conto. Ciò che emerge è inoltre che il segmento di elettorato schieratosi contro Obama nel 2008 ha confermato ed aumentato il proprio dissenso nei confronti del Presidente in carica. Il ritratto dell’elettore anti Obama è un americano con un livello medio di cultura, bianco, maschio e che solitamente vive fuori dalle grandi città. Questo tipo di elettore è stato molto motivato ad andare a votare mentre chi ha espresso la propria preferenza nei confronti di Obama nel 2008 lo è stato decisamente meno. In sostanza, in una tornata elettorale non troppo ampia come il medio termine vince chi riesce a galvanizzare maggiormente i propri elettori.

(CG) – Come possiamo definire i Tea Party e quale è stato il loro peso nel successo del Partito Repubblicano? (MD) – L’apporto dei Tea Party è risultato essere senza dubbio uno dei fattori culminanti nel successo dei repubblicani. E’ tuttavia necessaria una piccola premessa sulla natura di questo movimento: innanzitutto è doveroso parlare di Tea Parties al plurale poichè non si tratta un movimento particolarmente centralizzato, anche se sono presenti alcuni gruppi che riescono ad avere una certa valenza sul piano nazionale. Più che dei leader i Tea Parties presentano degli “eroi” molto popolari come Sarah Palin e Glenn Beck. Sono stati supportati in modo ingente da numerosi finanziatori e sostenitori anche ad un livello alto ed hanno legato il proprio destino politico in queste elezioni ad alcuni candidati: un paio di senatori e circa una trentina membri della camera dei rappresentanti. I temi sostenuti sono assolutamente tradizionali e riemergono ciclicamente nella discussione politica statunitense: l’opposizione al governo centrale, la contrarietà all’incremento della tassazione ed un generalizzato spirito libertario che va contro uno Stato eccessivamente interventista. Hanno ben sfruttato in chiave populistica le paure generate dalla crisi economica nel ceto medio. Sono riusciti a dar vita ad una notevole mobilitazione elettorale ed inoltre hanno colto ottimamente l’umore che ha prevalso nell’agenda della comunicazione politica americana.

(CG) – Quanto della sconfitta patita dai democratici alle elezioni di medio termine può essere attribuito in prima persona ad Obama? (MD) – La personalità di un presidente è importantissima, nel 2008 si era evidentemente consumato un ciclo politico ed Obama è stato bravissimo ad intuire di questa voglia di cambiamento. Il nobel per la pace del 2009 probabilmente è stato il simbolo della rottura con il recente passato, il segno della fine di quell’epoca della paura che ha contraddistinto gli anni di governo Bush. Probabilmente Obama, forte del grande consenso ricevuto nel 2008, potrebbe aver in parte sottovalutato le reali potenzialità dell’opposizione e di un conservatorismo che da sempre ha un certo peso all’interno della società americana. I Tea Parties, fiutando il calo del consenso, hanno risvegliato alcune tematiche care ai conservatori riproponendo in certi casi anche antichi stereotipi, latenti ma non del tutto scomparsi in America, riguardanti la razza di appartenenza. La riprova di ciò è che circa un terzo degli elettori repubblicani nutrano forti dubbi sull’effettiva cittadinanza americana di Obama, il che ovviamente lo renderebbe ineleggibile.

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(CG) – In quale misura la riforma sanitaria e l’esigenza di regolamentare il mercato finanziario e dunque svincolare, almeno in parte, le sorti del governo americano da quelle di Wall Street possono aver inciso sull’esito elettorale? (MD) – I democratici hanno ammesso di aver compiuto l’errore di non occuparsi da subito e con una certa tempestività della crescente disoccupazione che da qualche anno caratterizza il mercato del lavoro in America, dando invece la priorità alla riforma del sistema sanitario che ha risvegliato, grazie anche ai movimenti dei Tea Parties, forti sentimenti antistatalisti all’interno di una buona fetta della società americana. Il tema del lavoro da qui al 2012 sarà di peculiare importanza sia per la ripresa del settore occupazionale sia in ottica elettorale. L’esigenza di regolamentare il settore finanziario è un aspetto che negli Stati Uniti mette d’accordo forze bipartisan, tuttavia è impossibile negare che vi sia una parte importante dell’economia finanziaria del paese che ritiene Obama una potenziale minaccia nei confronti dei consistenti interessi in campo e che di conseguenza ha finanziato il Partito Repubblicano in maniera massiccia. E’ dunque evidente che Wall Strett abbia votato contro il Presidente in carica.

(CG) – Quali sono alla luce dei nuovi equilibri politici americani gli effettivi rischi d’ingovernabilità? (MD) – I rischi d’ingovernabilità sono altissimi anche perché considerando la debacle democratica e la rinnovata forza dei repubblicani possiamo affermare senza dubbi che vi sia già un clima da campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2012. Alle porte c’è un importante doppio test: in primis il prolungamento della legge voluta da Bush sul taglio delle tasse. Bisognerà discutere se rinnovarlo o meno e nel caso verso quali fasce di reddito estendere tale esenzione. In secondo luogo vi è una commissione informale bipartisan istituita da Obama che si dovrà occupare di proporre nuove idee su come ridurre il deficit. Questi saranno due interessanti banchi di prova per testare la tenuta dei nuovi e rinnovati rapporti di forza tra democratici e repubblicani.

(CG) – Su quali punti del programma di governo potrebbero esserci delle convergenze tra democratici e repubblicani? (MD) – Obama certamente proverà ad intavolare una discussione con l’opposizione su come risolvere il problema della disoccupazione. Ad ogni modo la sensazione è che vi sarà una forte situazione di stallo anche perché i repubblicani hanno tutto l’interesse nel mettere in difficoltà Obama. Su questi e su molti altri temi ci attendono due anni di campagna elettorale.

(CG) – E’ plausibile ipotizzare che tra due anni possa completarsi il ribaltone e ritrovare dunque i repubblicani al governo? L’eredità, per lo più negativa, degli ultimi anni di governo Bush è già stata superata agli occhi dell’opinione pubblica americana? (MD) – Il ribaltone è possibile e soprattutto c’è un dato che deve preoccupare Obama; ovvero nelle elezioni di medio termine i risultati riguardanti gli Stati in bilico hanno avuto un esito estremamente negativo per i democratici. Sarà importante verificare la tenuta in alcuni Stati decisivi in campagna elettorale come l’Ohio e la Pennsylvania e nonostante ciò non è da escludere la possibilità che Obama possa essere un presidente da un solo mandato. Per ciò che riguarda l’eredità dell’ultima amministrazione Bush quanto emerge inequivocabilmente è la scomparsa del tema della guerra dall’orizzonte del dibattito pubblico mentre le preoccupazioni per il lavoro e per l’economia permangono. Ed è proprio su questi punti e sulla ricerca delle giuste contromisure da adottare che Obama si giocherà le sue chance di vittoria in vista delle elezioni del 2012.

Andrea Ambrosino [email protected] 16 novembre 2010

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