Focus Egitto – Continuiamo a seguire gli eventi egiziani, anche raccogliendo alcune testimonianze dal Cairo. Due giorni di black-out, linee telefoniche staccate ed un intero paese senza connessione internet. Solo alcuni privilegiati, vicini ovviamente al PND di Mubarak, riescono ancora ad utilizzare i telefoni e a navigare sul web. Nel frattempo la protesta dilaga sempre più violenta ed apparentemente inarrestabile. Le poche e frammentate notizie che giungono all'orecchio dell'opinione pubblica danno solo una parziale idea del dramma che sta vivendo un'intera nazione.
DUE GIORNI AL BUIO – Mubarak ha usato il pugno forte. Non si è lasciato minimamente intimidire dalle migliaia di manifestanti che si sono riversati per le strade del Cairo. La paura di seguire Ben Ali in Arabia Saudita è stata più forte di tutto. L'esercito a lui ancora in larga parte fedele non ha esitato a sparare sulla folla con risultati facilmente pronosticabili: quasi 100 morti e centinaia di feriti.
Quando è iniziata la mattanza Mubarak ha deciso di chiudere ermeticamente il paese, sigillandolo dall'interno ed impedendo la diffusione di notizie riguardanti le proteste.
Solo oggi siamo riusciti a raggiungere alcuni amici in Egitto. Dopo due giorni il telefono è tornato a squillare. Le loro parole valgono molto più di qualunque articolo, perchè sono una testimonianza diretta. Fatima (il nome è di fantasia) ha il respiro rotto dal pianto. Nel suo quartiere cairota, il popolosissimo Imbeba, il coprifuoco è praticamente divenuto condizione naturale. Nessuno entra ed esce dal quartiere. Nessuno entra ed esce di casa. Alcuni morti sono rimasti per strada, l'esercito spara a vista. Nessuna distinzione fra uomini o donne, vecchi o adolescenti. Aisha (anche qui il nome è inventato) sembra essere più calma. Ma lo percepisci il senso d'inquietudine che si cela, nemmeno troppo velatamente, dietro le sue parole. "E' diventata una vera e propria guerra, tutti contro tutti. Milizie di giovani rivoltosi si aggirano per le strade. Nessuno è al sicuro".
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE – Il caos regna sovrano. Ce lo confermano le nostre fonti nel Paese, oltre alle immagini finora trasmesse dalle televisioni internazionali. In fondo lo immaginiamo anche da soli. Perchè se un presidente come Mubarak si presenta in televisione pronunciando un messaggio alla nazione dove annuncia di non volersi dimettere c'è da aspettarsi che la situazione peggiori ancora. Nonostante l'annuncio di un profondo rimpasto di governo la popolazione ha ormai dato il via ad un processo che sembra inarrestabile. Solo le dimissioni di Mubarak, il suo esilio, la fine della sua trentennale dittatura potrebbero far tornare la situazione alla calma, ma come insegna l'esperienza tunisina nemmeno questo scenario appare scontato. Non a caso Israele starebbe valutando proprio in queste ore se chiudere o meno la propria ambasciata al Cairo, mentre la compagnia di bandiera israeliana El Al sta organizzando il rimpatrio di tutti i cittadini presenti nel Paese.
SEGNALI DI CEDIMENTO – E tuttavia non è scontato che questa volta Mubarak riesca ad averla vinta. Troppi cento morti ed oltre mille feriti per tornare indietro, per rimanere ancora indenni al proprio posto di comando. Ad Alessandria alcuni poliziotti hanno tolto i caschi e si sono rifiutati di manganellare i manifestanti. Per le strade del Cairo alcuni carri armati hanno lasciato sfilare i rivoltosi senza sparare un colpo. In almeno un caso hanno addirittura lasciato che un civile guidasse un mezzo in testa ad un corteo. Come in Tunisia, l'esercito inizia a sfaldarsi e la rivoluzione può divenire un popolo intero che si ribella contro il suo Faraone: così era scritto sulla fiancata di un carro armato fermo in una piazza del Cairo.
Non convince Mubarak che in televisione parla di complotto, anzi fa aumentare la rabbia di quanti non credono assolutamente che disoccupazione, inflazione, disparità sociale e mancanza di servizi statali possano essere addebitati a nessun altro se non al Faraone ed alla sua schiera di accoliti.
La protesta dilaga. Alessandria, Suez, Ismailia, Port Said. Solo a Luxor ed Assuan le crociere non hanno ancora subito variazioni di sorta. Tuttavia alcuni tour operator hanno iniziato a bloccare le prenotazioni ed altri ancora hanno deciso di annullare da subito alcuni viaggi organizzati.
Il Faraone ed il suo governo non appaiono più immortali come ai tempi degli antichi egizi. Mubarak dovrà presto rendersene conto.
Marco Di Donato