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Un milione di ‘no’ per il Faraone

Dal Cairo – Focus Egitto – Pubblichiamo l'ultima parte del racconto di S.A., la ragazza egiziana che ci ha inviato la sua testimonianza diretta della rivolta egiziana. La cronaca che ci offre S.A. ripercorre gli ultimi giorni della crisi, esattamente fino a poco prima delle dimissioni definitive di Mubarak, ormai ex “faraone”.

5° GIORNO, SABATO 29 GENNAIO

Il mattino seguente, sabato 29 gennaio, mio cognato, ufficiale dell’esercito, ha portato mia sorella e il suo bambino a stare a casa nostra, perché è stato chiamato dalla sua unità e non sapeva quando sarebbe tornato. Allo stesso modo mio fratello è rimasto con i suoi suoceri, tutti stavano con le loro famiglie, i parenti, e tutto scivolava verso l’ignoto. Siamo rimasti a casa a seguire i telegiornali che riportavano gli sviluppi della crisi. Verso mezzogiorno il presidente ha annunciato il suo nuovo vice e il subentrante primo ministro. La tv nazionale ha anche mostrato il capo dell’esercito in un incontro con il presidente e con il nuovo vice-presidente, sottolineando che l’esercito non avrebbe voltato le spalle al presidente, con il quale era in totale armonia. Tutto il giorno abbiamo seguito le notizie da Al Jazeera, dalla BCC, dalla CNN e dal canale arabo della BBC, ed eravamo irritati dal loro modo di stilizzare le notizie e darle in pasto all’opinione pubblica apposta per far crescere nella gente la rabbia contro il regime.

Inoltre i giornali quel giorno hanno pubblicato tutti i retroscena della distruzione delle carceri; così come centinaia di manifestanti sono state ferite durante le proteste, anche centinaia di rispettabili poliziotti sono stati uccisi quando i beduini hanno fatto irruzione nelle carceri con i bulldozer costringendo i prigionieri alla fuga.

Il mio cuore era sinceramente afflitto quando ho visto nei giornali i corpi di tutti quei rispettabili poliziotti crivellati di colpi e ridotti come colapasta sotto i colpi dei beduini. Non c’è bisogno di dire che questi agiscono sotto il comando di forze esterne, che vanno da paesi “amici” ai paesi nemici della regione. Una cosa evidente, è che tutti quei prigionieri politici che sono stati liberati rappresentano per qualcuno il target primario. Così, uno dei fuggitivi ha chiamato Al Jazeera e ha iniziato a parlare a nome dei Fratelli musulmani; le autorità egiziane hanno reagito tagliando la trasmissione di Al Jazeera, così in quel momento ci siamo trovati contemporaneamente sotto un coprifuoco esteso, tagliati fuori dalle reti telefoniche mobili e da internet, e non potevamo più vedere Al Jazeera. Non che io sia innamorata di quest’emittente, ma per farvi capire come ci siamo sentiti quando abbiamo capito di essere tagliati fuori dal mondo. Per me, la BBC araba era tanto irritante quanto Al Jazeera, se avessi voluto, avrei potuto tentare di ripristinare Al Jazeera attraverso il satellite Hotbird o avrei potuto sintonizzarmi su Al Jazeera International, ma l’una vale l’altra. Comunque quella tra sabato o domenica è stata un’altra notte di paura, abbiamo sentito spari e seguivamo i nostri uomini camminare su e giù per la strada tentando di catturare i ladri. Inoltre, ogni cinque secondi ricevevo una telefonata da uno dei miei amici che mi chiamava per raccontarmi dei ladri catturati in altri quartieri.

6° GIORNO, DOMENICA 30 GENNAIO:

NUOVO GOVERNO, STESSI MINISTRI!

Un nuovo governo si è insediato domenica 30 e ciò non ha fatto che scatenare nuovamente la rabbia, essendo il “nuovo” governo composto per almeno la metà dei suoi membri da esponenti del governo precedente. Quanto è stupida questa mossa? Ovviamente i manifestanti conoscono i membri del vecchio governo, e hanno annunciato una grande marcia, la Marcia del Milione, per martedì. La televisione nazionale a quel punto stava diffondendo la richiesta di affrontare innanzitutto la questione sicurezza, e poi il lato politico della crisi. La dimensione delle perdite nell’economia egiziana era senza precedenti, si calcola si siano bruciati 40 miliardi di dollari americani. Osservatori ed economisti legati al regime hanno affermato che ogni giorno di protesta conta quanto un intero anno di lavoro e un altro anno di riforma. Il Fondo Monetario Internazionale ha offerto il suo aiuto all’economia egiziana una volta che la leadership fosse stata in grado di prendere decisioni (beh, grazie mille, caro Fondo Monetario Internazionale!).

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7° GIORNO, LUNEDÌ 31 GENNAIO

Non c’è bisogno di dire che i giorni ci sembravano legati l’un l’altro e che non si poteva ben distinguere il giorno dalla notte, così lunedì 31 la rabbia per la formazione del nuovo governo è divampata nuovamente e i giovani hanno iniziato ad annunciare per il giorno successivo la Marcia di un Milione di persone verso Eliopoli, dove si trova la residenza di Mubarak, per chiedergli di dimettersi. Tutti gli altri cercavano di capire la posizione di Mohamed El Baradei e la tv nazionale e i telegiornali erano concentrati principalmente sui temi del recupero della pace e della sicurezza, nonché sulla necessità di ripulire le città e cancellare le tracce di fuochi, distruzione e danni. Così verso mezzogiorno gli uomini della nostra strada stavano pulendo l’immondizia lasciata per una settimana lungo la strada e questo è quello che stava succedendo in ogni angolo dell’Egitto. Aggiungete a questo il fatto che tutti i gruppi di difesa locale, così come sono stati ribattezzati, sono riusciti a restituire alla polizia molti degli oggetti rubati e che le moschee sono state usate come punto di raccolta. Molto significativo è che le forze di polizia sono state schierate nuovamente lungo le strade egiziane, mentre erano scomparse totalmente nei due giorni precedenti. Comunque, la gente si stava già preoccupando per la scarsità nell’approvvigionamento del cibo come risultato della chiusura dell’economia per diversi giorni; questo che ha portato a una domanda massiccia di pane, verdura, carne e altri alimenti di prima necessità, con lunghe code presso le stazioni di benzina.

8° GIORNO, MARTEDÌ 1 FEBBRAIO: LA MARCIA DEL MILIONE (DEI MILIONI?)

Martedì 1 febbraio già dalla mattina presto stavamo seguendo l'aumento del numero di manifestanti a piazza El Tahrir e speravamo che non avesse luogo alcuno scontro tra i dimostranti e il personale della sicurezza (sia esercito che polizia) perché non volevamo che nessun egiziano uccidesse i propri fratelli. Nessuno voleva che si spargesse il sangue di un milione di giovani egiziani. L’atmosfera si è surriscaldata e ancora una volta abbiamo atteso una reazione forte del presidente o del nuovo vice, notando che negli ultimi giorni avevamo sentito un discorso del capo del parlamento in cui prometteva che avrebbe accettato la decisione della corte suprema deputata a indagare sui brogli verificatisi durante le ultime elezioni. Alla fine, verso le 23 è arrivato il discorso di Mubarak, in cui affermava che non si sarebbe ricandidato per le elezioni e che avrebbe aperto i canali del dialogo con tutte le forze dell’opposizione e che avrebbe ordinato alle corti di investigare sui motivi per i quali forze di polizia si erano ritirate drasticamente e su che cosa avesse portato allo stato di insicurezza e caos che gli egiziani avevano sotto gli occhi. Ha anche parlato di se stesso come un uomo che ha servito per tutta la vita, l’Egitto. Personalmente ho trovato rispettabile questo discorso rispetto al primo e sono rimasta toccata dalla sua insistenza sull'intenzione di morire nella sua terra e dal coraggio di affrontare la contestazione e non lasciare il paese.

9° GIORNO, MERCOLEDÌ 2 FEBBRAIO: LA BATTAGLIA DI TAHRIR

Oggi 2 febbraio, mercoledì, un nuovo gruppo è apparso, i pro-Mubarak, cioè quelli che reclamano la stabilità immediata, che sostengono che il paese si debba rialzare dopo i giorni di crisi e che si oppongono ai dimostranti non soddisfatti delle ultime aperture. La cosa strana in tutto questo è che non sappiamo a cosa condurrà questa contrapposizione: sono forse le prime avvisaglie di una guerra civile in Egitto? Abbiamo assistito a scontri tra i due gruppi per tutto il giorno e siamo rimasti incredibilmente spaventati dalla vista di egiziani che gettavano pietre su altri egiziani. L'unica cosa positiva che è successa oggi è stata la dichiarazione del ministro degli esteri che ha rifiutato esplicitamente il consiglio del presidente americano di iniziare la transizione pacifica del potere "ora". E' una delle poche volte in cui la diplomazia egiziana prende posizione in modo così netto e risoluto contro l'unica superpotenza del pianeta. Ora sono le 19.55 e sto testimoniando un altro picco della crisi; le forze armate hanno mandato un sms a tutti i manifestanti che si trovano a El Tahrir chiedendo loro di evacuare immediatamente la piazza poiché secondo alcune voci essa sarà bruciata, inclusi i dimostranti. Tutto rimane incerto.

Ho raccontato tutto ciò cui ho assistito finora. Prego per il mio Egitto e chiedo a voi tutti di pregare per noi.

S.A.

Traduzione a cura di Mattia Corbetta

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