In 3 Sorsi – Il 5 gennaio si sono tenuti i due ballottaggi (decisivi) per il Senato in Georgia, che hanno determinato la vittoria del partito democratico. Qual è lo scenario conseguente a queste votazioni? Che cosa comportano per il prossimo Presidente statunitense Joe Biden?
1. I BALLOTTAGGI IN GEORGIA
A novembre Biden ha vinto le elezioni presidenziali in Georgia, uno Stato tradizionalmente repubblicano. Ora, con la conquista dei due seggi della Georgia, i democratici hanno la maggioranza anche in Senato. I ballottaggi del 5 gennaio originano dal fatto che, nella tornata di novembre, nessuno dei candidati aveva superato il 50% dei voti, soglia necessaria, per le leggi dello Stato, per l’assegnazione dei seggi. A contendersi i due seggi erano David Perdue e Kerry Loeffler per il partito repubblicano, Raphael Warnock e Jon Ossof per il partito democratico. La posta in gioco era altissima: da quel doppio confronto dipendevano gli equilibri in Senato e, quindi, gli stessi programmi della nuova Amministrazione. Per questo le due campagne elettorali sono state le più costose della storia del Senato: nella sfida tra Purdue e Ossof si sono canalizzati 470 milioni di dollari, in quella tra Loeffler e Warnock sono stati spesi 363 milioni (come alle presidenziali, i democratici hanno avuto un netto vantaggio nella raccolta fondi).
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il reverendo Raphael Warnock, neoeletto al Senato
2. RISULTATI STORICI NELLO STATO DEL SUD
Dopo 30 anni di prevalenza repubblicana la Georgia ha assegnato la vittoria ai democratici, in particolare a Raphael Warnock con il 50,8% dei voti e Jon Ossof con il 50,4%, con il motto “Health. Jobs. Justice”. I mandati elettorali scadranno, rispettivamente, nel 2022 e nel 2026. Infatti il senatore Warnock ha concorso per andare a sostituire il seggio lasciato dal senatore Johnny Isakson, dimessosi per malattia. Il reverendo Warnock (51 anni) è nato e cresciuto a Savannah, Georgia, ed è il primo Senatore afroamericano a essere eletto nel Sud, fatto che rappresenta un risultato storico. È predicatore nella chiesa battista ad Atlanta, quella storica di Martin Luther King. Con i suoi 33 anni, Jon Ossof è ora uno dei più giovani senatori mai eletti negli Stati Uniti. Giornalista investigativo, ha lavorato a Londra come documentarista e si era già candidato nel 2017, perdendo contro Karen Handel. In passato ha svolto uno stage presso il famoso deputato John Lewis, storico attivista per i diritti civili deceduto lo scorso anno. Ossof sarà quindi uno dei volti nuovi del partito democratico, tanto più perché è risultato vincitore in uno Stato per la prima volta in bilico dopo decenni. Le cause del risultato sono da ricercarsi nella demografia, etnicamente sempre più variegata, del Peach State, insieme all’attivismo di Stacey Abrams nel portare sempre più persone al voto e ai limiti di Perdue e Loeffler (entrambi coinvolti in controversie finanziarie). Ma oltre a questo, il comportamento di Trump delle ultime settimane ha giocato (e gioca) a sfavore dei repubblicani, continuando con la tendenziosa narrazione di un’elezione presidenziale “rubata”: particolarmente pesante è stata la notizia, pubblicata dal Washington Post alla vigilia dei ballottaggi, della telefonata al Segretario di Stato della Georgia Raffernsperger (peraltro repubblicano), in cui il Presidente intimava di “trovare i voti per ribaltare l’esito elettorale” delle presidenziali. Dunque, se a novembre i repubblicani erano usciti piuttosto positivamente dalle elezioni, la perdita di due seggi alla portata (anzi d’obbligo) come quelli della Georgia rende il risultato decisamente pesante per il GOP.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il senatore Ossof
3. LO SCENARIO PER BIDEN
Avere un Senato a maggioranza democratica significa un buon margine di manovra per Biden. Tecnicamente i due partiti sono pari, con cinquanta senatori a testa, ma i dem possono contare sul voto decisivo della vicepresidente Kamala Harris. Diventerebbe quindi più facile ottenere l’approvazione di riforme per la Presidenza, come quelle sul sistema sanitario e sull’ambiente, due tra i temi più caldi, ma anche la conferma delle nomine dell’Amministrazione. Tuttavia i provvedimenti più importanti (tra cui quelli che, ad esempio, incidono maggiormente sul bilancio) richiedono la maggioranza di 60 senatori. Di conseguenza, seppur lo scenario delineatosi avvantaggia in linea generale il prossimo Presidente, le regole al Senato consentiranno ancora ai repubblicani di fare opposizione attraverso il filibustering. La domanda, ora, è se Biden riuscirà a trovare compromessi con i repubblicani, capitanati al Senato da Mitch McConnell.
Marta Annalisa Savino
Photo by Element5 Digital is licensed under CC0