In 3 sorsi – Le condanne di corruzione ai danni di Lula, che gli avevano impedito di sfidare Bolsonaro nel 2018, sono state annullate. Sempre più probabile lo scontro nel 2022. La crisi economica e la pessima gestione della pandemia potrebbero essere fatali all’attuale Presidente.
1. LA DECISIONE
Con una decisione destinata ad avere ripercussioni in molti ambiti, il Giudice della Corte Suprema Brasiliana Edson Fachin ha annullato le condanne per corruzione che pendevano sull’ex Presidente Lula in riferimento allo scandalo Petrobras. Il tribunale di Curitiba, sostiene Fachin, non aveva giurisdizione su quei casi. Nulla di definitivo per quanto riguarda il merito – Lula è stato semplicemente giudicato nel posto sbagliato, – ma l’ex Presidente brasiliano potrà ricandidarsi alle elezioni del 2022. Dopo essere entrato in carcere nel 2018 – costituendosi – aveva perso i sui diritti politici, compresa la possibilità di sfidare Bolsonaro alle elezioni del 2018. La decisione di Fachin, come prevedibile, non è stata accolta in maniera benevola dall’attuale Presidente del gigante latinoamericano, che continua intanto a essere martoriato dalla pandemia. Ha già manifestato un certo nervosismo, sostenendo che il Giudice è “notoriamente legato al PT” (Partito dei Lavoratori di Lula), ma anche che il suo giudizio su come il PT ha governato il Brasile resta catastrofico. In sostanza Bolsonaro sa bene che il suo non travolgente successo del 2018 contro un candidato tutt’altro che irresistibile come Haddad sarebbe molto difficile da ripetere in uno scontro con Lula.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Luiz Inacio Lula da Silva durante una conferenza stampa a Sao Bernardo do Campo, il 10 marzo
2. LO SCANDALO PETROBRAS
Partita nel 2014 come indagine sul riciclaggio di denaro, “l’operazione autolavaggio” riguarda accuse di corruzione nei confronti della compagnia petrolifera statale Petrobras, i cui dirigenti avrebbero accettato tangenti da parte di imprese edili in cambio dell’aggiudicazione di appalti a prezzi gonfiati. L’indagine si è via via allargata fino a coinvolgere decine di politici, tra cui appunto Lula, ma anche Eduardo Cunha, il grande accusatore di Dilma Rousseff e principale artefice del suo impeachment nel 2016. In particolare al Partito dei Lavoratori è stato imputato di aver dirottato una parte di queste tangenti in modo da finanziare diverse campagne elettorali di suoi esponenti. Alcuni documenti pubblicati dal sito The Intercept quasi due anni fa, tuttavia, getterebbero una luce alquanto sinistra sull’operato del giudice Sérgio Moro, uno dei principali incaricati di seguire il processo. Chat private, documenti processuali e note audio, la cui attendibilità è stata confermata anche da alcuni dei principali media brasiliani come Folha de S. Paulo, Vieja e País Brasil, rivelerebbero il ruolo attivo che Moro ebbe nell’aiutare i magistrati a mettere in piedi il processo contro Lula, allo scopo di estrometterlo dalla corsa al Pálacio do Planalto. Oggi Moro è il Ministro della Giustizia del Governo Bolsonaro.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Manifestanti chiedono la liberazione di Lula
3. LE ELEZIONI DEL 2022
Lo staff si dice contento che gli sforzi legali profusi abbiano avuto un lieto fine. Alla luce di questo scenario le elezioni dell’anno prossimo dovrebbero, salvo sorprese, vedere Lula sfidare Bolsonaro per la Presidenza. Se nel 2018 poteva far leva sul sentimento anti-partitico, sulla sua immagine di outsider e sulla volontà di cambiamento dei brasiliani, Bolsonaro ha perso in questi anni sempre più consensi a causa della crisi economica e della pessima gestione della pandemia. Lula, dal canto suo, secondo il politologo Claudio Couto, sarebbe ancora più competitivo che nel 2018. Ha lasciato la Presidenza con l’80% di approvazione popolare e il consenso di cui godeva si è ridotto solo fino a un certo punto durante gli ultimi anni. Una delle incognite fondamentali è rappresentata dall’atteggiamento che sceglierà di tenere Bolsonaro qualora si concretizzasse una sfida con Lula. I mercati hanno già fatto registrare segnali di nervosismo, temendo un incremento disordinato della spesa pubblica a fini propagandistici. Gioia e sollievo sono stati invece espressi dalla sinistra latinoamericana, in particolare da Alberto Fernández ed Evo Morales, ma è probabile che persino Washington, soprattutto grazie al suo nuovo inquilino, guardi con più favore al multilateralismo di Lula che all’isolazionismo di Bolsonaro.
Michele Pentorieri
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