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Yevgeny Primakov e il ritorno della Russia

Scomparso la scorsa settimana, Yevgeny Primakov è stato il principale artefice del ritorno della Russia sulla scena mondiale nei tardi anni Novanta. Diplomatico esperto e abile negoziatore, Primakov capì infatti la crescente importanza dei Paesi asiatici per i futuri equilibri globali, rifiutando una passiva integrazione nel blocco occidentale e stringendo forti legami strategici con Cina e India. Tale decisione è ancora oggi alla base della politica estera di Mosca e ha consentito alla Russia di tornare a far sentire con successo la propria voce nelle principali vicende internazionali, sfidando l’unilateralismo di Stati Uniti e Unione Europea.

FUNERALI DI STATO – Si sono svolti lunedì nella Casa dei Sindacati a Mosca, in forma pubblica e solenne, i funerali di Yevgeny Primakov, ex premier e ministro degli Esteri russo durante gli ultimi anni della presidenza Yeltsin. Alle esequie hanno partecipato centinaia di persone, inclusi molti politici di primo piano come il Primo Ministro Dmitry Medvedev e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Presente anche il Presidente Vladimir Putin, che ha offerto le sue personali condoglianze alla famiglia Primakov, sottolineando la “grande eredità” politica lasciata dal loro congiunto alla nazione russa. Un’opinione condivisa anche da Sergei Ivanov, capo dello staff presidenziale, che ha dichiarato ai giornalisti presenti che i russi «non dimenticheranno mai» il ruolo fondamentale svolto da Primakov nella “resurrezione” del loro Paese dopo il terribile caos economico-istituzionale dei primi anni Novanta.
Al termine della cerimonia funebre, la salma dell’ex primo ministro è stata traslata in pompa magna allo storico cimitero Novodevichy, dove riposerà al fianco di grandi figure del passato nazionale come lo scrittore Nikolai Gogol e l’ex Premier sovietico Nikita Khrushchev.  E il sontuoso funerale di Primakov è stato proprio paragonato da molti giornali a quelli di importanti leader sovietici come Lenin e Brezhnev, segno dell’alta stima accordata alla sua figura sia dalle autorità dello Stato che dalla gente comune.

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Fig. 1 – Picchetto d’onore al funerale di Yevgeny Primakov, primo ministro russo nel biennio 1998-99

TRA ACCADEMIA E PARTITO – Il grande cordoglio pubblico espresso per la scomparsa di Primakov non deve sorprendere. L’ex primo ministro era infatti visto da molti come l’uomo che aveva “risollevato” la Russia nei tardi anni Novanta, ridandole dignità e orgoglio dopo l’umiliante fallimento dell’esperienza sovietica. Allo stesso tempo, Primakov era anche un rinomato esperto di affari internazionali, paragonabile per certi versi ad Henry Kissinger, e le sue opinioni in merito al ruolo della Russia nella politica mondiale erano sempre ricercate dai media, rappresentando a volte un interessante contrappunto alle posizioni ufficiali del Cremlino. Inoltre, l’ex ministro era pure una nota autorità in campo economico, avendo ricoperto la carica di presidente della Camera di Commercio e dell’Industria russa dal 2001 al 2011. Le sue numerose competenze professionali e il successo del suo operato governativo lo avevano quindi reso una figura estremamente rispettata nella società e nella politica russe, quasi una sorta di “padre della patria” a fianco dell’attuale Presidente Vladimir Putin.
Viste le particolari origini personali e politiche di Primakov, un simile risultato appare un po’ paradossale, se non addirittura inaspettato. Nato in Ucraina e cresciuto in Georgia, l’ex premier era infatti più un prodotto del melting pot sovietico che del moderno nazionalismo russo, incarnando una visione relativamente aperta e tollerante verso le principali nazionalità governate da Mosca. Inoltre, il tragico ricordo di suo padre Yakov, vittima delle repressioni staliniane negli anni Trenta, lo aveva spinto ad adottare uno stile prudente e pragmatico che mal si conciliava con il generale dogmatismo della politica russa, soprattutto quello di origine comunista. Non a caso la carriera pubblica di Primakov si era sviluppata inizialmente all’interno del mondo universitario, ricoprendo incarichi prestigiosi all’Istituto di Studi Orientali di Mosca e all’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica. Fu solo negli Ottanta, dopo l’inizio delle riforme di Mikhail Gorbachev, che Primakov iniziò finalmente a perseguire una carriera attiva all’interno delle istituzioni politiche sovietiche, diventando addirittura membro del Consiglio presidenziale del Partito comunista nel 1990. In quell’anno egli visitò anche l’Iraq come inviato speciale di Gorbachev nel tentativo di arrivare a una risoluzione pacifica della crisi kuwaitiana.

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Fig. 2 – Primakov con il poeta palestinese Mahmud Darwish nel 1983

IL BUIO DEGLI ANNI NOVANTA – Ma il collasso inaspettato dell’Unione Sovietica nel 1991 spinse di nuovo Primakov ai margini della scena politica russa, dominata dal clan familiare di Boris Yeltsin e da formazioni partitiche filo-occidentali. Liquidatore ufficiale del KGB, per cui aveva condotto diverse missioni informative in Medio Oriente negli anni Sessanta, Primakov fu incaricato di guidare il nuovo Servizio segreto estero della Federazione russa (SVR RF), con il compito di sorvegliare l’allargamento della NATO in Europa orientale. In tale posizione egli cercò a più riprese di convincere Yeltsin della necessità di salvaguardare gli interessi strategici di Mosca nella regione evitando l’installazione di basi militari occidentali sui confini nazionali, ma i suoi richiami furono ripetutamente ignorati o sminuiti dall’entourage del Presidente russo. Inoltre, la debolezza militare ed economica della Russia, alle prese con una drammatica transizione al sistema capitalistico occidentale, rendeva estremamente difficile qualsiasi seria affermazione degli interessi del Paese a livello internazionale. Ridotta quasi a una nazione di second’ordine, Mosca dovette subire passivamente la graduale erosione della propria sfera di influenza in Europa orientale e nello spazio post-sovietico, rimpiazzata dalle potenzialmente ostili strutture diplomatico-militari di NATO e Unione Europea.
Nominato Ministro degli Esteri nel 1996, Primakov assistette in prima fila a tale umiliazione nazionale, fallendo nel tentativo di arrivare a un compromesso ragionevole con i Paesi occidentali. I numerosi incontri con il Presidente americano Bill Clinton e con il Segretario generale della NATO Javier Solana non portarono infatti ad alcun rallentamento dell’espansione dell’Alleanza atlantica verso oriente, accompagnata anche dai controversi interventi militari in Bosnia e Kosovo. E fu proprio il coinvolgimento diretto della NATO nella ex-Yugoslavia, avvenuto in aperto spregio degli interessi di Mosca nella regione, a spingere Primakov verso la formulazione di una nuova politica estera, assai diversa da quella filo-occidentale dei suoi predecessori.

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Fig. 3 – Incontro tra Primakov e il Presidente americano Bill Clinton nel settembre 1996

VIAGGIO IN ASIA – Deluso dall’atteggiamento arrogante di Stati Uniti ed Europa, Primakov decise infatti di riorientare le energie diplomatiche di Mosca verso i Paesi asiatici, visti come partner strategici più affidabili e promettenti per il futuro della Russia. Da esperto orientalista, egli comprese la crescente importanza di India e Cina per gli equilibri globali del XXI secolo, legando il rilancio economico e militare del proprio Paese a tale importante cambiamento della scena internazionale. In tal senso, la sua azione diplomatica puntò ripetutamente a creare un triangolo strategico con Pechino e Nuova Delhi capace di sfidare le pretese dell’unilateralismo americano e di incoraggiare la formazione di nuovi centri di potere internazionale in Africa, Medio Oriente e America Latina. L’obiettivo finale di questa strategia era la creazione di un ordine mondiale multipolare, dove la Russia potesse tornare ad agire da grande potenza, libera dalle pressioni militari e dai condizionamenti ideologici dell’Occidente. Una grande potenza non sovversiva, aperta alla collaborazione con altri Paesi, ma sempre decisa a far valere i propri interessi nazionali nei momenti decisivi.

Con l’obiettivo di realizzare tale disegno, Primakov si lanciò quindi in una serie di importanti iniziative diplomatiche volte a creare una solida intesa con Cina e India. Diventato Primo ministro nell’estate 1998, a seguito del catastrofico crollo della Borsa di Mosca, egli visitò sia Pechino che Nuova Delhi, firmando diversi accordi di cooperazione bilaterale e instaurando un clima di fiducia con i Governi locali. Ma le sue proposte per un coordinamento strategico tra le tre nazioni non trovarono buona accoglienza, soprattutto in Cina, dove il premier Zhu Rongji ribadì di voler perseguire una politica estera pragmatica e di basso profilo. Ciononostante i tre Paesi trovarono un primo terreno d’azione comune nell’opposizione ai raid missilistici anglo-americani sull’Iraq, gettando le basi per una cooperazione più stretta negli anni successivi. Nel frattempo, Primakov stabilì anche ottime relazioni con l’Iran e riaffermò con intelligenza il ruolo egemone di Mosca in Asia centrale, riportando la Russia in azione in un’area importantissima per la sua sicurezza nazionale.

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Fig. 4 – Scambio di vedute tra Primakov e Henry Kissinger al Forum Economico di San Pietroburgo del 2012

DAL KOSOVO AI BRICS – Nella primavera 1999 Primakov interruppe a sorpresa un viaggio negli Stati Uniti per protestare contro l’inizio dei bombardamenti NATO sulla Serbia. Pur simbolico, l’evento venne visto da molti come l’inizio di una nuova politica della Russia verso l’Occidente, molto più assertiva di quella del primo periodo post-sovietico, e diede un’enorme popolarità al premier russo in patria, sostenendolo nella sua battaglia riformistica contro gli oligarchi. La cosa non sfuggì al Presidente Yeltsin, che decise di sbarazzarsi del suo intraprendente Primo ministro, sostituendolo con il più malleabile Sergei Stepashin. Primakov non rinunciò comunque a perseguire il suo disegno di una nuova e potente Russia nel contesto internazionale, e nel 2000 si presentò ufficialmente come candidato presidenziale in tandem con il sindaco di Mosca Yury Luzhkov. Privo di reali appoggi politici, egli dovette però ritirarsi dalla campagna elettorale dopo poche settimane, accettando di supportare la candidatura di Vladimir Putin, erede designato del vecchio Yeltsin. Come ricompensa per il suo sostegno elettorale, l’ex ministro venne nominato Consigliere della presidenza russa sugli affari esteri, una posizione mantenuta con successo sino a qualche anno fa.

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Fig. 5 – Primakov riceve un’onorificenza da Vladimir Putin nel giugno 2014

Pur cordiali, i rapporti con Putin sono sempre stati piuttosto diffidenti, anche se il nuovo Presidente ha mostrato sincero apprezzamento per il multipolarismo di Primakov, trasformandolo presto in uno dei cardini della politica estera russa del XXI secolo. L’idea di una grande alleanza strategica tra Russia, India e Cina è diventata infatti la base delle iniziative diplomatiche del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, che ha anche allargato il concetto ad altri Stati emergenti come Brasile e Sud Africa, creando le premesse per la nascita ufficiale dei BRICS nel 2011. Lavrov ha sfruttato anche il precedente lavoro diplomatico di Primakov per rafforzare i legami con Siria e Iran, rendendo la Russia nuovamente protagonista nelle vicende mediorientali.

Insomma, l’odierna politica estera di Mosca è figlia delle brillanti intuizioni di Yevgeny Primakov, l’uomo che puntò tutte le carte del rilancio russo sull’Asia più di quindici anni fa. Una scommessa sostanzialmente vinta, a dispetto del conflitto con l’Occidente sull’Ucraina, e che ha riportato la Russia al centro della vita politica internazionale.

Simone Pelizza

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Un chicco in più

Sulla crisi ucraina Primakov ha mantenuto un atteggiamento molto prudente. Pur approvando l’annessione della Crimea alla Russia, egli ha invitato ripetutamente il Governo di Mosca a non chiudere i canali di dialogo con l’Occidente, evitando un pericoloso isolamento del Paese in Europa. E ha anche suggerito di limitare il sostegno politico e militare ai ribelli del Donbass, così da non restare coinvolti in un conflitto aperto con le autorità di Kiev.

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Foto: МИД России / MFA Russia

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Simone Pelizza
Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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