In 3 sorsi − A Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, sono scoppiati scontri a fuoco tra polizia e uomini armati in seguito alla rielezione di Sassou Nguesso a Capo di Stato. Mentre l’opposizione accusa il Presidente di brogli elettorali, all’orizzonte appare l’incubo di un ampliamento delle violenze
1. GLI SCONTRI – A seguito della controversa conferma a Presidente di Denis Sassou Nguesso alle elezioni del 20 marzo scorso, nella notte tra il 3 e il 4 aprile si sono verificati degli scontri a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, tra la polizia e i militanti delle forze di opposizione al Governo. I combattimenti si sono concentrati prevalentemente nella zona meridionale della città, nei quartieri di Makélékélé e Mayanga, roccaforti dell’opposizione, dove sono stati incendiati una stazione di polizia e alcuni edifici pubblici.
Secondo l’agenzia Reuters alcuni giovani contestatori del Presidente hanno eretto barricate nelle principali arterie del sud della capitale, al grido di «Sassou, vattene!».
La testata Jeune Afrique ha riportato che gli spari, intervallati da esplosioni, sono stati sentiti fino a Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo, posta sull’altra sponda del fiume.
I dati sulle vittime sono ancora incerti, ma il ministro delle Comunicazioni, Thierry Moungalla, ha reso noto che i morti dovrebbero essere diciassette, tra i quali tre poliziotti, due civili e dodici assalitori. Inoltre migliaia di cittadini sono in fuga dai quartieri interessati.
Sempre Moungalla ha dichiarato che a organizzare gli attacchi sarebbero stati miliziani legati agli ex Ninja, un corpo armato paramilitare protagonista nella guerra civile del 1997-1999 a sostegno dell’ex Primo ministro Bernard Kolélas, il cui figlio, Guy-Brice Parfait Kolélas, ha ottenuto il 15% nelle ultime elezioni presidenziali, a fronte del 60% di Sassou Nguesso.
Fig. 1 – Persone in fuga dopo gli scontri nella notte fra il 3 e il 4 aprile
2. LO SCIOPERO – Già durante la settimana precedente agli scontri le opposizioni avevano etichettato le elezioni come una colossale truffa e invitato i propri sostenitori a protestare pacificamente contro il Presidente rieletto, proclamando, il 29 marzo, uno sciopero generale chiamato “Città morta”. Lo sciopero, che non prevedeva alcuna manifestazione, ma solo l’astensione dal lavoro con la chiusura di esercizi privati e pubblici, ha avuto successo nel sud della capitale, dove è poi scoppiato il conflitto nella notte tra domenica e lunedì, mentre i quartieri nord, fedeli al Presidente, non avevano aderito.
3. IL REFERENDUM DI OTTOBRE – Tensioni nel Paese africano si erano verificate anche nell’ottobre 2015, quando, tramite un referendum costituzionale, vennero approvati con il 92,96% delle preferenze ben 246 articoli di modifica della Carta, alcuni dei quali hanno permesso al settantatreenne Sassou Nguesso di ricandidarsi alla Presidenza per il terzo mandato consecutivo – per un totale di 32 anni al potere. La precedente Costituzione, infatti, consentiva di candidarsi solo per due mandati e vietava la candidatura agli over 70. Anche in questo caso le opposizioni avevano tacciato il Governo congolese di brogli: numerose proteste erano scoppiate nel sud di Brazzaville e nella città portuale di Pointe-Noire (principale centro economico del Congo e anch’essa vicina all’opposizione), causando quattro vittime e vari arresti da parte della polizia.
Matteo Nardacci
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Sassou Nguesso fu alla guida del Paese già dal 1979 al 1992, quando fu eletto Presidente Pascal Lissouba. Nguesso tornò al potere nel 1997 per poi essere eletto Capo dello Stato nel 2002, nel 2009 e infine nel 2016. In totale, ha ricoperto la carica di Presidente per 32 anni e, salvo imprevisti, la ricoprirà ancora per altri cinque. [/box]
Foto: jbdodane