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Islanda-Ungheria: due mondi a confronto

EuroCaffè – Ungheria e Islanda sono due Paesi isolati dall’Unione europea ognuno a modo suo: i primi lo sono in parte dal punto di vista politico, i secondi specialmente da quello geografico. Vale lo stesso anche nel calcio?

UNA PRIMA ASSOLUTA – Ho 28 anni e non mi era mai capitato di assistere a un evento simile: Ungheria e Islanda che si affrontano in un partita della fase finale di un Europeo di calcio. Ma tanti altri potrebbero dire lo stesso. Per la prima volta nella sua storia, l’Islanda si è qualificata a una competizione internazionale. Mentre l’Ungheria si è fatta nuovamente viva, dopo anni di assenza: i magiari non si qualificavano a una torneo internazionale dal 1986, l’anno del mondiale messicano. L’ultima apparizione a un Europeo? Nel 1972. Poca roba, specialmente considerando il passato glorioso della rappresentativa ungherese: vincitrice dell’oro olimpico in tre occasioni, la Nazionale magiara ha disputato due finali di Coppa del Mondo – la prima contro l’Italia nel 1938 e la seconda contro la Germania nel 1954, – perdendole entrambe.
In Francia le due Nazionali hanno (finalmente) l’occasione di provare a fare bella figura, confrontandosi con le rappresentative di quegli stessi Paesi europei con cui Budapest e Reykjavik intrattengono rapporti “particolari” nei palazzi dell’Unione.
Gli ungheresi hanno aderito all’UE dal 1° maggio del 2004. Mentre gli islandesi non sono mai entrati a farne parte, pur essendoci andati molto vicini – nel 2009 l’allora esecutivo islandese di centro-sinistra avviò il processo di adesione all’Unione europea, – salvo poi abbandonare l’idea dopo il cambio di Governo: nel marzo del 2015 l’allora premier Sigmundur DavĂ­Ă° Gunnlaugsson – dimessosi dopo lo scandalo dei Panama Papers – comunicò la decisione di interrompere il processo di adesione all’UE. «Gli interessi dell’Islanda sono serviti meglio al di fuori dell’Unione europea», spiegò il ministro degli Affari Esteri islandese, Gunnar Bragi Sveinsson.

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L’Islanda ha 323mila abitanti e 27mila biglietti per Euro2016. In sostanza, l’8% degli islandesi sarĂ  alla stadio

ISLANDA, PERCHÉ NO ALL’UE? – La scelta di non aderire all’Unione europea era dettata da una necessitĂ : non “sottomettere” il settore ittico islandese alle quote imposte attraverso la nuova Politica Comune per la pesca che viene applicata a tutti gli Stati membri. Questo non vuol dire che Reykjavik e Bruxelles non intrattengano rapporti, anzi. L’Islanda fa parte, insieme a Norvegia e Liechtenstein, dello Spazio economico europeo (SEE). Ciò consente, ad esempio, ai cittadini e ai prodotti islandesi di poter circolare liberamente nell’Unione europea. L’isolamento dell’Islanda è dunque solo geografico e questo vale anche per il calcio islandese, che può contare su una generazione di giocatori qualitativamente superiore rispetto a quelle che l’hanno preceduta, con estimatori in tutta Europa. Date un’occhiata all’elenco dei giocatori islandesi convocati per questo Europeo. Quanti di loro giocano nel loro Paese? Ve lo diciamo noi: nessuno. In occasione dell’ultima stagione sportiva, ognuno dei ventitrĂ© calciatori scelti dal ct Lars Lagerbäck ha indossato la maglia di una squadra europea.

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Viktor Orbán

UNGHERIA VS. UE – Pur facendo parte dell’Unione europea dal 2004, l’Ungheria è stata accusata piĂą volte di non rispettarne i valori fondamentali. Le organizzazioni umanitarie – Human Rights Watch e Amnesty International in primis, – le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa hanno accusato il Governo di Viktor Orbán di non rispettare i diritti umani, le minoranze e la libertĂ  di stampa. Ma il premier ha dimostrato di non curarsene troppo: «Dobbiamo abbandonare i metodi e i princìpi liberali nell’organizzazione di una società», ha dichiarato il 26 luglio del 2014 in occasione di un suo viaggio in Romania. «Stiamo costruendo uno Stato volutamente illiberale», perchĂ© «i valori liberali dell’Occidente oggi includono la corruzione, il sesso e la violenza». Orbán ha indicato anche le sue fonti di ispirazione (Russia, Cina e Turchia) e dimostrato di non farsi problemi a entrare in polemica con Bruxelles. Di fronte ai flussi dei migranti verso i Paesi dell’UE, l’Ungheria non ha esitato a adottare misure pragmatiche – Budapest ha costruito una recinzione di reti e filo spinato al confine con la Serbia – e simboliche – nel febbraio scorso, il premier Orbán ha annunciato «un referendum sulle quote obbligatorie di migranti» che dovrebbe tenersi tra settembre e ottobre, – suscitando le severe critiche dell’Unione europea.
L’isolamento politico dell’Ungheria si riflette in parte anche nel calcio. Tra i convocati dal commissario tecnico Bernd Storck, dodici giocatori su ventitrĂ© – oltre la metĂ , praticamente – gioca nel campionato ungherese. Il resto si divide in soli cinque Paesi: Germania (4), Polonia (4), Slovacchia (1), Turchia (1) e Qatar (1).

Mirko Spadoni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Oltre a essere il giocatore piĂą anziano dell’Europeo, il portiere dell’Ungheria Gábor Király – 40 anni compiuti ad aprile – ha un’altra caratteristica che lo rende unico. Guardatelo mentre difende la porta della nazionale magiara e noterete subito che indossa un paio di pantaloni grigi, simili a quelli di un pigiama. Il motivo di questa scelta lo ha raccontato La Gazzetta dello Sport: «In principio i pantaloni erano neri. Poi – si narra – la mamma non riesce a consegnarglieli puliti in tempo per la partita e il portierone deve virare sul grigio: l’Haladas [la sua squadra dell’epoca, ndr] vince le successive otto partite e per scaramanzia Király non cambia mai piĂą colore».[/box]

Parliamo di lui

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Mirko Spadoni
Mirko Spadoni

Romano, classe ’88, ha abbandonato i suoi sogni di gloria molto presto: sarebbe voluto diventare presidente di una squadra di calcio. E così, dopo aver conseguito una laurea in Comunicazione, ha deciso di limitarsi a raccontarne le gesta (dei presidenti e dei loro stipendiati, s’intende). Compreso che il pallone – e la Lazio – non sono tutto nella vita, si è dedicato anche ad altro: alla politica e all’economia per un quotidiano online di un istituto di ricerca, per poi innamorarsi definitivamente della geopolitica. Una passione che coltiva con buona pace della letteratura e dei colori biancocelesti.

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