La notizia della decadenza della presidente Dilma Rousseff apre una pagina completamente nuova nella storia del grande Paese sudamericano. Si prospettano cambiamenti radicali nella politica interna ed internazionale verde-oro?
LA SCONFITTA DI DILMA – Alla fine Dilma Rousseff è decaduta. Nonostante la difesa fiume al Senato che l’ha vista impegnata in prima persona, il Senato per 61 voti a favore e 20 contrari l’ha destituita definitivamente come Presidente del Brasile. Senato che però non ha approvato l’interdizione dai pubblici uffici per otto anni, ovvero la perdita dei diritti politici: con 42 voti a favore, 36 contrari e 3 astenuti non si è raggiunto il quorum necessario di 2/3. Questo esito disgiunto delle due votazioni rappresenta un precedente inedito nella storia degli impeachment brasiliani.
L’ACCUSA A DILMA – La procedura d’impedimento dopo nove mesi è arrivata a conclusione. La Rousseff è stata condannata per aver commesso un reato di responsabilità inerente alle sue funzioni di Presidente della repubblica. L’accusa è la violazione delle leggi fiscali che regolano il bilancio dello stato. Secondo gli accusatori, almeno tre decreti firmati dalla Rousseff, riguardanti la ratifica del bilancio statale, frutto di proiezioni alterate del relativo deficit durante il suo secondo mandato, sono da considerarsi irregolari poiché non approvati dal Congresso e dalla Corte dei Conti. In pratica, un sostanziale abbellimento dei conti pubblici. La Rousseff si è difesa argomentando che dal 2000 decreti simili sono stati approvati dagli ex Presidente Cardoso e Lula. A ciò si aggiungono i ritardi nei pagamenti accumulati tra il 2011 e il 2015, alle banche statali, su tutte la Caixa Economica Federal. L’accusa si è concentrata sul trasferimento di fondi durante il suo secondo mandato, a partire del 2015, poiché il processo d’impeachment esamina solo i presunti reati commessi a mandato in corso. La legge brasiliana afferma che le banche di stato non possono effettuare prestiti al governo federale senza l’autorizzazione congressuale. Questo tipo di operazioni sotto la guida della Rousseff sono state condotte per finanziare tutti i programmi sociali e di sussidio che per un Paese in recessione, con un imponente debito pubblico e con i prezzi delle commodities a picco, sono più difficili da mantenere.
IL PT E AS PEDALADAS FISCAIS – ‘’Atti identici sono stati eseguiti dai presidenti che mi hanno preceduto. Non era reato all’epoca, non è reato adesso.’’ Si è così difesa la Rousseff durante la sua invettiva al Senato. Entrando nel merito, l’affermazione non è del tutto corretta. Le operazioni chiamate pedaladas che permettono di finanziare i programmi governativi e di raggiungere artificiosamente gli obiettivi prefissati in materia di bilancio, sotto il governo Dilma, sono risultati 35 volte maggiori che sotto Lula e Cardoso. Inoltre per buona parte del mandato di quest’ultimo presidente, esse non costituivano nemmeno reato poiché non era stata ancora ratificata la Legge di Responsabilità Fiscale, violata da Dilma. Lula e Cardoso ‘’hanno pedalato’’ per un totale di 933 milioni di reais, la presidenta invece per ben 33 miliardi. I prestiti con le banche statali sono stati saldati a dicembre.
Fig.1– Saldo dei trasferimento dalla Caixa Economica Federal al governo federale nell’ambito dei programmi sociali Seguro Desemprego, Abono Salarial e Bolsa Familia. (Dati: aosfatos.org)
LA DIFESA DI DILMA – La Rousseff oltre a portare avanti una difesa sostanzialmente politica, evidenziando l’artificiosità delle ragioni di questo processo, il quale stando alle sue parole altro non è che un golpe istituzionalizzato, ha anche cercato di chiarire le ragioni tecnico-amministrative delle sue scelte. Su tutte il fatto che il TCU (l’equivalente della nostra corte dei conti) ha riconsiderato l’interpretazione dei decreti della Rousseff mesi dopo la loro ratifica. La Rousseff, ha ribadito che il TCU ha sempre approvato questo tipo di decreti poiché senza questi mantenere le spese fondamentali per numerosi organi dell’Unione Federale non sarebbe stato possibile. Rispetto ai fondi delle banche statali, l’ex presidenta ha fatto notare che il Ministero Pubblico Federale, rappresentato dalla persona di Ivan Claudio Marx, si è pronunciato sulla questione, non considerando i ritardi nei pagamenti come operazioni di credito illegali. Successivamente la TCU si è pronunciata diversamente, ma il governo Rousseff ha saldato i debiti nel dicembre 2015. L’archiviazione della procura però si riferisce solo a quei fondi in grado di finanziare i programmi Minha Casa Minha Vida e Bolsa Familia, trasferimenti di fondi che non sono stati sottoposti alla lente inquisitoria del Senato e che rappresentano comunque ‘’atti di improbità amministrativa’’ stando alla definizione del procuratore.
Fig. 2 – Dibattito in Senato sull’impeachment a Dilma
FUORI DILMA, DENTRO TEMER – La Rousseff si potrà ricandidare nel 2018 anche se indagata e non ancora rinviata a giudizio, per intralcio alla giustizia inerente all’inchiesta Lava Jato. L’unico dibattito giuridico riguardante una sua eventuale ricandidatura ha a che fare con l’applicazione della legge Ficha Limpa, che prevede l’ineleggibilità per otto anni in caso di revoca di mandato o condanna di un organo collegiale. Legge che si applica a Michel Temer, neo presidente, per via di una decisione del Tribunale Elettorale di San Paolo che ha attestato delle donazioni elettorali illegali a due candidati del suo partito (il Pmdb): il valore totale donato (100mila reais) rappresenta l’11,3% dei suoi redditi del 2013 oltrepassando il limite di di donazione del 10% stabilito dalla legge. Essendo già in carica l’ineleggibilità scatterà nel 2018 quando decadrà da presidente oramai in carica. Una scomparsa dalle scene della Rousseff non è affatto scontata dato l’immediato ricorso alla Corte Costituzionale. E’ molto probabile che l’ex guerrigliera inizi un tour del Paese per proseguire con la mobilitazione delle folle di sinistra in difesa della democrazia e della costituzione. Tutto dipenderà anche dalla tenuta del Partito dei Lavoratori, il quale pochi giorni fa ha rifiutato la proposta della Rousseff di indire un referendum sulla volontà del popolo brasiliano di indire elezioni anticipate, eventualità non prevista dalla costituzione.
Emiliano Caliendo
Un chicco in più Ecco le reazioni dei vicini regionali alla notizia dell’impeachment brasiliano, con il blocco dei paesi bolivariani e socialisteggianti fermamente a difesa della Rousseff.
Foto di copertina di Senado Federal Rilasciata su Flickr con licenza