Si è svolto a Brasilia il secondo vertice dei BRICs, acronimo che raggruppa Brasile, Russia, India e Cina. Sono i principali Paesi in via di sviluppo, i possibili protagonisti dei prossimi anni sulla scena globale. Ambiziosi, ma forse anche un po’sopravvalutati.
DIAMO I NUMERI – Quattordici per cento del Prodotto Interno Lordo mondiale. Quaranta per cento della popolazione globale. Quarantuno per cento delle riserve monetarie internazionali totali. Settantatre per cento della crescita economica attesa a livello mondiale per il prossimo quindicennio. Tutto questo in soli quattro Stati: sono i BRICs, ovvero Brasile, Russia, India e Cina. L’acronimo, nato nel 2003 da un analista della banca d’affari Goldman Sachs, rappresenta in maniera molto sintetica ed affascinante il ruolo che questi quattro Paesi hanno attualmente sulla scena geopolitica globale e che potrebbero avere in futuro. Ma è tutto oro ciò che luccica?
LE PROPOSTE SUL TAPPETO – Lo scorso 15 aprile si è tenuto a Brasilia il secondo vertice dei BRICs, dopo che l’anno scorso i quattro Capi di Stato (Lula, Dimitrij Medvedev, Manmohan Singh e Hu Jintao) si erano incontrati in Russia. Al termine del summit, non è stata presa nessuna decisione concreta, come era del resto prevedibile, dato che il BRICs non è una organizzazione internazionale né tantomeno un forum istituzionalizzato come i vari “G-8,14,20 eccetera. Tuttavia, sono state abbozzate tre proposte, non del tutto nuove ma interessanti soprattutto per il loro valore simbolico. I quattro chiedono una riforma del Fondo Monetario e delle Nazioni Unite, in maniera da rendere più “pesante” la partecipazione delle nazioni emergenti all’interno dei processi decisionali: concretamente, questo potrebbe avvenire rispettivamente con una ridefinizione delle quote sottoscritte nel FMI (i cosiddetti “diritti speciali di prelievo”) e con un ampliamento della membership del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Inoltre, i BRICs auspicano che progressivamente il dollaro possa essere rimpiazzato come unità di scambio universalmente accettata sui mercati internazionali. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo il mare: Cina e Brasile sono tra i principali detentori di dollari al mondo come riserva monetaria straniera. Sostituire il dollaro non si può fare dall’oggi al domani, perché se il valore della valuta statunitense crollasse i “verdoni” posseduti dalla Bank of China e dalla Banca Centrale brasiliana rischierebbero di diventare carta straccia.

E ALLORA? – I BRICs non sono un bluff, tutt’altro. Rappresentano davvero il gruppo più significativo degli Stati in grado di essere protagonisti nei prossimi anni. Tuttavia, insieme possono al momento fare poco o nulla di concreto: i loro rapporti politici ed economici si svolgono per lo più a livello bilaterale (e in alcuni casi gli attriti sono abbastanza marcati, come tra India e Cina) e le loro caratteristiche divergono profondamente.
Davide Tentori