In 3 sorsi – Dopo la condanna per diffamazione Gandhi non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche, ma ha postato sul suo profilo twitter una citazione del Mahatma Gandhi: “La mia religione è basata sulla veritĂ e sulla non violenza. La verità è il mio Dio e la non violenza il mezzo per ottenerla”.
1. DICHIARAZIONI FASTIDIOSE
Dichiarazioni che danno fastidio al Governo di Narendra Modi quelle del principale leader di opposizione Rahul Gandhi. Una di queste è avvenuta alla fine del suo Bharat Jodo Yatra lo scorso gennaio. Gandhi aveva rivelato che durante la marcia alcune donne gli avevano confessato di essere state stuprate da membri della polizia indiana. Dopo alcuni giorni Gandhi aveva ceduto alle pressioni della polizia, che chiedeva più informazioni, dicendo che avrebbe fornito chiarimenti entro 10 giorni. Ma la promessa non è bastata e la polizia si è presentata a casa sua per discutere sulla questione. Il fatto ha scosso l’intero Congresso, partito di cui fa parte Gandhi, che ha insinuato fosse una ritorsione per aver accusato il Governo di non voler indagare su Gautam Adani, un miliardario indiano vicino a Modi sospettato di aver manipolato il valore delle azioni della sua holding e di aver perpetrato per decenni una frode contabile.
Il BJP, il partito di Modi, ha messo Gandhi nel mirino anche per dichiarazioni fatte all’estero. Durante una conferenza a Londra infatti ha detto che “la democrazia indiana è sotto attacco“, frasi che il partito di maggioranza non ha digerito, minacciando di avviare una procedura per sospenderlo dal Parlamento.
Fig. 1 – Conferenza stampa di Rahul Gandhi a New Delhi, 2 marzo 2023
2. LA CONDANNA
Ma la frase che ha finito per mettere Gandhi nei guai è stata: “PerchĂ© tutti i ladri hanno Modi come cognome? Nirav Modi, Lalit Modi, Narendra Modi“, pronunciata durante un comizio nello Stato del Karnataka nel 2019.
Per questo a fine marzo il tribunale del Gujarat, Stato da cui proviene il Primo Ministro indiano, ha condannato Gandhi a due anni di carcere per diffamazione, dopo essere stato denunciato da Purnesh Modi, parlamentare del BJP nel Gujarat, sostenendo che sia stata lesa l’intera comunità dei Modi.
Ma non andrà subito in prigione, gli è stata concessa una cauzione di 30 giorni durante i quali, come ha detto il suo partito, ricorrerà in appello.
Tutto ciò riapre la questione sulla legge penale indiana sulla diffamazione, ereditata dai britannici, che prevede una pena detentiva massima di due anni o una multa. Molti sostengono che la legge viene utilizzata dai politici per mettere a tacere gli oppositori. Lo stesso Gandhi aveva presentato istanze legali per depenalizzare il reato, ma la Corte Suprema indiana ha confermato la validitĂ della norma, affermando che “il diritto alla libertĂ di parola non può significare che un cittadino possa diffamare l’altro”.
Fig. 2 – Alcuni sostenitori del Partito del Congresso protestano contro l’espulsione di Rahul Gandhi dalla Lok Sabha, 25 marzo 2023
3. LE CONSEGUENZE
In seguito alla condanna la Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento di cui Gandhi faceva parte dal 2004, ha reso noto che l’espulsione è stata un effetto automatico, in base a quanto previsto dalla Costituzione indiana.
Immediate le reazioni dei membri del Congresso, che hanno organizzato proteste a livello nazionale contro l’esclusione del proprio leader Rahul Gandhi dal Parlamento.
La decadenza di Gandhi dall’incarico parlamentare ha fatto dubitare che possa partecipare alle elezioni generali del prossimo anno, ma ha anche creato unitĂ tra i partiti dell’opposizione, che accusano Modi di voler soffocare le loro voci.
Non sono mancate anche reazioni dall’estero. Un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco ha infatti affermato che il Governo della Germania ha preso atto del verdetto di primo grado contro Gandhi e della sospensione del suo mandato parlamentare, affermando però che dovrebbero essere applicati “gli standard di indipendenza giudiziaria e i principi democratici fondamentali“.
Michela Grieco
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