Caffè Lungo – Il soft power, ovvero la capacità di influenzare le preferenze degli altri attori attraverso fascino e attrazione, può essere uno strumento per ottenere consensi anche nei regimi autoritari. L’Arabia Saudita lo ha utilizzato per guadagnare legittimazione interna ma resta da chiedersi se si tratti di vero consenso o semplice acquiescenza.
IL SOFT POWER E L’IMPORTANZA DELLA LEGITTIMAZIONE POPOLARE
Uno Stato può definirsi tale solo se possiede tre elementi fondamentali: il territorio, il popolo e la sovranità. Queste tre componenti sono strettamente interconnessi e l’assenza di uno di essi compromette l’esistenza stessa dello Stato. Il popolo e il territorio delineano, a livello sociale e geografico, l’estensione della sovranità statale, intesa come potere supremo e indipendente dello Stato. Ma la sovranità non si esaurisce all’interno dei confini geografici: essa si completa con il riconoscimento esterno, attraverso cui la comunità internazionale ne legittima l’identità giuridica. Nei regimi democratici la sovranità appartiene al popolo, che la esercita attraverso libere elezioni. Tuttavia, se il potere perde legittimità, il sistema consente un ricambio tramite il voto. In un regime autoritario, invece, le cose sono diverse: il potere è generalmente concentrato nelle mani di un’élite, come nel caso delle monarchie assolute, in cui il potere si tramanda di generazione in generazione. In questi contesti, la popolazione sembra ridursi a una mera entità passiva su cui si riversano i progetti ambiziosi dei leader. Tuttavia, non bisogna pensare che regimi di questo tipo possano rimanere in piedi senza il sostegno della popolazione, seppur ottenuto con forme di consenso limitato, indotto o attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione. È qui che entra in gioco uno strumento fondamentale: il soft power. Introdotto nel linguaggio politico verso la fine degli anni Ottanta dal politologo statunitense Joseph Nye, il soft power è la capacità di influenzare le preferenze degli altri attori attraverso fascino e attrazione, senza ricorrere alla coercizione fisica, che invece potrebbe provocare il rigetto delle masse. Così, architravi del soft power sono la cultura, i valori politici, religiosi, sociali che vengono utilizzati come strumenti di propaganda, ma non vengono percepiti come tali. Nelle righe successive, si esplorerà come un Paese quale l’Arabia Saudita, una monarchia assoluta, possa sfruttare questo strumento non solo per consolidare la legittimità interna, ma anche come leva di proiezione della propria politica estera, fungendo da motore per le proprie ambizioni internazionali.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – 22 ottobre 2018, a Riyadh, un cartellone pubblicitario affisso in strada raffigura Re saudita Salman bin Abdulaziz al Saud e suo figlio, il principe ereditario Mohammed bin Salman
LA POLITICA INTERNA ED ESTERA ALLA PROVA DEL CONSENSO POPOLARE
Il ricorso agli strumenti di soft power rappresenta la modalità privilegiata dal Regno Saudita per consolidare il consenso nella popolazione, soprattutto per quanto concerne la “classe giovanile”, su cui fanno maggior presa le riforme adottate nel mondo dello sport, della cultura e della vita artistica del Paese. In questo scenario, rilevante è il fondo sovrano PIF, che rappresenta il veicolo attraverso il quale estendere i propri tentacoli su ambiti della società di immediato interesse per il pubblico giovanile. Ne sono un esempio gli investimenti effettuati nel calcio: il caso più eclatante è quello di Cristiano Ronaldo. Altrettanto rilevanti sono le innovazioni introdotte nel settore della moda, con la prima sfilata in costume, novità non secondaria se si considera il divieto di indossare l’indumento anche in spiaggia, e in quello culturale, con lo svolgimento, nel 2024, del primo spettacolo di opera, dal titolo “Zarqa al Yamama”, che ha rappresentato l’occasione per avvicinare il Paese a un mondo prevalentemente inesplorato e presentando un’immagine moderna e rinnovata dello Stato ai propri partner internazionali, in specie quelli occidentali. In entrambi i casi, la strategia è quella di “vincere” il consenso attraverso il ricorso a meccanismi volti a incidere sulla percezione che si ha della società e del Governo saudita. Il soft power saudita, tuttavia, non sembra permeare solo la dimensione interna: infatti, si conferma una componente essenziale nell’indirizzare anche la sua politica estera. Tale modus operandi emerge con tutta evidenza nel caso della potenziale normalizzazione dei rapporti con Israele: il Governo, agendo in base a presupposti ritenuti validi, ha deciso di “alzare la posta” nelle condizioni per una normalizzazione a seguito dell’intensificato malcontento saudita verso Israele dopo la guerra a Gaza. Le dichiarazioni che pongono “la nascita di uno Stato palestinese” come condizione imprescindibile per un accordo con Israele si basano sui risultati degli ultimi sondaggi, che mostrano come l’atteggiamento della popolazione del Golfo verso Tel Aviv sia peggiorato notevolmente negli ultimi anni: si rileva, infatti, che il 96% degli intervistati sia contrario a qualsiasi tipo di relazione, anche commerciale, con Israele. Questo evidenzia come, anche in un regime autoritario, le dinamiche popolari influenzino le scelte politiche, sia a livello interno che internazionale, aiutando gli osservatori a interpretare le azioni attuali e prevedere le strategie future del Regno.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il 29 aprile 2025 i rappresentanti dell’Arabia Saudita hanno partecipato a un’udienza pubblica presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) all’Aia, nei Paesi Bassi, nell’ambito di un procedimento in cui 45 paesi stanno presentando argomentazioni riguardo alla presunta ostruzione da parte di Israele della consegna di aiuti umanitari a Gaza
PROSPETTIVE FUTURE E RUOLO DELLA VISION 2030
Era il 2016 quando l’allora principe ereditario Mohammed bin Salman, in qualità di Presidente del Consiglio per gli Affari Economici e di Sviluppo, annunciava la nascita del progetto Vision 2030, un ambizioso piano di trasformazione volto a proiettare l’Arabia Saudita come modello globale di eccellenza. L’obiettivo era chiaro: modernizzare il Paese in ogni ambito – dall’economia al turismo, dalla cultura allo sport, fino alla transizione ecologica e alla liberalizzazione sociale, – per renderlo un attore centrale nello scenario regionale e internazionale – e le innovazioni sopra citate si inseriscono in questo quadro. A quasi dieci anni dal lancio e cinque dalla scadenza del piano, circa l’85% risulta completato o in via di completamento. Tirando le somme il progetto ha contribuito in modo significativo a rilanciare l’immagine del Regno su scala globale, migliorando la sua posizione in diversi indicatori. Tuttavia, se si osserva il progetto attraverso la lente del soft power, emerge una contraddizione profonda: da una parte, risulta intercettare le esigenze e aspettative di una realtà composta principalmente da giovani, dall’altra è stato accompagnato da una repressione sistematica del dissenso politico e sociale. Questo porta a riflettere sulla reale natura del consenso costruito: l’Arabia Saudita basa la sua strategia sulla combinazione di soft power e immagine di progresso, rafforzando l’engagement popolare e promuovendo una visione di sé come Paese avanzato e attrattivo. In parte, la strategia funziona. Dall’altra, forme di repressione che limitano le libertà fondamentali esprimono l’impianto autoritario della monarchia. Allora, l’interrogativo è questo: strumenti di coinvolgimento sociale possono bastare in un mondo dove l’accesso all’informazione e la consapevolezza dei diritti sono sempre più diffusi? Il rischio è che, al primo cedimento dell’apparato economico, il consenso costruito su intrattenimento e nazionalismo si sgretoli, lasciando spazio a forme di ribellione difficili da contenere. In nuce, si può affermare che il soft power rappresenti oggi il principale strumento di legittimazione saudita, ma è vera legittimazione o solo acquiescenza della società, frutto di convenienza e assenza di alternative?
Francesca Giordano
Michele Maresca
Immagine di copertina: “29/06/2019 Bilateral Arábia Saudita” by Palácio do Planalto is licensed under CC BY