In 3 sorsi – Nella notte tra il 29 e il 30 ottobre, la città di Zaporizhzhia è stata oggetto di un pesante attacco russo con missili e droni. Il nostro Christian Eccher era presente all’evento e ci racconta in presa diretta lo svolgimento e le conseguenze del bombardamento russo, risultato nella morte di due persone e nel ferimento di oltre venti.
1. UNA NOTTE SOTTO LE BOMBE
Non è purtroppo una novità. Zaporizhzhia è quasi ogni notte (e talvolta anche di giorno) vittima degli attacchi da parte dell’esercito russo. L’ultimo è avvenuto nella notte fra il 29 e il 30 ottobre ed è stato particolarmente massiccio. Le prime aviobombe, le famigerate Kab, sono state sganciate da un aereo militare in direzione della città verso le 21,30. Non ci sono state vittime, solo danni all’infrastruttura elettrica. Parte della città è rimasta al buio. Il riscaldamento è un lusso e, nonostante faccia già freddo, la maggior parte degli edifici ha i termosifoni spenti. L’esplosione è stata forte e si è sentita in tutta la città, che si è improvvisamente svuotata. I ragazzi che popolavano i bar e le strade del centro sono tornati a casa, prima delle 22, l’ora in cui chiudono i locali dato che alle 23 comincia il coprifuoco.
Sembrava fosse finita e che si potesse dormire tranquilli, ma verso le 3 di notte si sono sentiti i primi colpi della contraerea e strisce di luce hanno solcato il cielo; si tratta dei proiettili che abbattono droni e missili. Che non fosse uno dei soliti attacchi ma che si trattasse di qualcosa di più serio, si è capito quando i colpi della contraerea si sono fatti più intensi. Alcuni sono stati sparati da una piazzola non lontano dal mio albergo e i tonfi hanno svegliato anche coloro con il sonno più profondo. A quel punto, da diverse direzioni sono arrivati i droni, i famigerati Shahed: sono inconfondibili per via del rumore che fanno mentre volano, simile a quello di un motorino con la marmitta rotta. A quel punto, non si può fare altro che aspettare: il drone sorvola la città, si trattiene il respiro, si capisce che si è salvi solo quando il rumore diventa un ronzio. Io forse sono salvo, ma lo scoppio che si avverte dopo pochi secondi mi ricorda che probabilmente qualcuno è morto al posto mio. È poi la volta dei missili, il cui fragore quando toccano terra è inconfondibile. Rispetto a quello dei droni, è prolungato, più cupo, sembra non finire mai ed è spesso seguito dallo scroscio degli edifici colpiti che si accasciano al suolo.
Il bombardamento è durato fin quasi alle 5 del mattino, a un certo punto diventa impossibile distinguere con chiarezza i colpi della contraerea, lo scoppio dovuto ai droni abbattuti e quello causato dai missili.

Fig. 1 – Un palazzo di periferia gravemente danneggiato durante l’attacco russo, 30 ottobre 2025 | Foto: Christian Eccher
2. FRA LE MACERIE
All’alba, con un tassista vado a cercare una delle zone colpite. Neanche il tassista sa dove sia, queste notizie non vengono rese note perché i russi hanno l’abitudine di bombardare nuovamente le zone già colpite, per uccidere anche i soccorritori.
Ci orientiamo grazie alla colonna di fumo. Un missile, o i resti di un missile, sono caduti in una zona di periferia dall’altra parte del fiume Dnipro. Attraversiamo il ponte e in pochi minuti arriviamo. La scena è la solita, quella a cui ho avuto modo di assistere innumerevoli volte, a Kharkiv, a Leopoli, a Odessa, a Kyiv… Un palazzo completamente sventrato, i soccorsi che cercano i sopravvissuti e i cadaveri fra le macerie, i residenti della zona che puliscono l’area di fronte al palazzo, gli operai del comune che già tagliano e montano le assi di compensato per coprire le finestre distrutte. Anche la casa dello studente vicino al palazzo colpito ha subito forti danni ed è stata evacuata. Una signora mi chiede di fotografare l’ultimo piano del palazzo, aperto come una quinta teatrale; si vedono il frigorifero e un televisore che penzola nel vuoto. Le chiedo perché e lei mi risponde: “Quello è l’appartamento di mio nipote, per fortuna sono andati via, all’estero…”. Già, per fortuna. Lo stesso non si può dire per i due morti e i 23 feriti, fra cui 6 bambini, che a quell’ora dormivano nei propri appartamenti.

Fig. 2 – L’appartamento indicato dalla signora incontrata dall’autore sulla scena del bombardamento, 30 ottobre 2025 | Foto: Christian Eccher
3. VERSO ODESSA
Verso mezzogiorno arriva una ruspa e abbatte quel che resta dell’ala del palazzo sventrata. In quel momento, una donna comincia a piangere. Il suo appartamento non c’è più. Vado via, torno in città; mentre mi allontano verso la fermata dell’autobus urbano, sento i resti dei vetri delle finestre che scricchiolano sotto le mie scarpe. Attorno a me, automobili bruciate e distrutte, rami di albero divelti dalla furia dell’esplosione. Scrivo queste brevi note mentre attendo il treno per Odessa, che tarda più di 5 ore: i russi hanno bombardato anche le ferrovie nei pressi di Zaporizhzhia.
Christian Eccher
Foto di copertina: Christian Eccher


