In 3 sorsi – Negli ultimi mesi la “questione Taiwan” è balzata agli onori delle cronache internazionali, alimentando nuove tensioni nel complesso rapporto tra Stati Uniti e Cina. La storia, maestra di vita, può aiutarci a comprendere meglio l’attuale status quo. Ripercorriamo le vicende dell’isola in tre date fondamentali.
1. 1949: TAIWAN COME ULTIMA FRONTIERA (1662 e 1949)
Il 1949 e il 1662, due date certamente lontane, ma legate da un fil rouge che si intreccia con la storia dell’isola di Taiwan, o Ilha Formosa (la bella isola) come fu ribattezzata dai marinai portoghesi a metà del Cinquecento.
Ma cosa hanno in comune questi due anni? In entrambi Taiwan diventa l’ultima frontiera, l’ultimo rifugio contro il nuovo Governo che ha preso il controllo di Pechino e dell’intero Paese di Mezzo. Fu così nel 1662, quando Zheng Chenggong, meglio noto al pubblico occidentale come Koxinga, sbarcò sull’isola, cacciò via gli olandesi e fondò il suo regno, il regno di Tungning (1662-1683). Fedele alla precedente dinastia Ming, Koxinga nutriva l’ambizione di riconquistare la madrepatria, allora sotto il controllo dalla dinastia mancese dei Qing. Il suo sogno si infranse nel 1683, quando le truppe imperiali Qing, guidate dall’ammiraglio Shi Lang, presero possesso dell’isola.
Nel 1949 la storia sembra ripetersi con Chiang Kai-shek. La vittoria dei comunisti di Mao obbliga il Generalissimo e il suo Kuomintang (KMT) a rifugiarsi sull’isola, tornata nel 1945 sotto la sovranità cinese dopo 50 anni di colonialismo giapponese. Si stima che quasi due milioni di rifugiati cinesi tra civili, militari e personale governativo siano sbarcati sull’isola portando oro, valuta straniera e oggetti di valore trafugati dalla Città Proibita. L’8 dicembre 1949 Taipei viene riconosciuta come capitale provvisoria della Repubblica di Cina in esilio.
Fig. 1 – Chiang Kai-shek, Franklin D. Roosevelt, Winston Churchill e Song Meiling (la moglie di Chiang Kai-shek) durante la Conferenza del Cairo, novembre 1943
2. 1971: L’ISOLAMENTO INTERNAZIONALE
La “Cina rossa” e la “Cina libera”. Nello scenario da Guerra Fredda il rapporto Pechino-Taipei rischia di destabilizzare il già fragile equilibrio regionale. Taiwan ha la benedizione degli Stati Uniti, mentre dall’altra parte dello stretto Mao fatica a crearsi nuovi alleati. Il 1971 è l’anno della svolta, quando Taipei perde il seggio alle Nazioni Unite a favore della RPC.
L’umiliazione per la classe dirigente taiwanese è grande, ma la spazio di manovra è ridotto, ancor di più nel 1978, quando il presidente Carter annuncia la fine dei rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Taiwan.
L’isolamento internazionale si accompagna però a una rapida industrializzazione che fa di Taiwan una della quattro tigri asiatiche, insieme a Corea del Sud, Hong Kong e Singapore. Anche la coscienza politica sembra cambiare e dalla fine degli anni Settanta iniziano a germogliare i primi semi della democrazia che porteranno alla fine della legge marziale nel 1987 e successivamente, nel 1996, alle prime elezioni dirette con la vittoria di Lee Teng-hui. Solo quattro anni dopo, nel 2000, un’altra scossa politica colpisce l’isola. Chen Shui-bian del Partito progressista democratico vince le elezioni, mettendo la parola fine a oltre 50 anni di Governo ininterrotto del Kuomintang.
Fig. 2 – Il Presidente Lee Teng-hui nel 1996
3. 1992: IL CONSENSO
La fine degli anni Ottanta è segnata da un’evoluzione delle relazioni tra Pechino e Taipei, almeno in termini economici e di scambi commerciali. Nel 1992 viene stabilito il Consensus nel quale entrambe le parti concordano di aderire al principio di “una sola Cina”, ma divergendo sul significato comune da attribuirle. Un “consenso senza consenso”, per usare le parole di Lee Teng-hui.
Da allora il Consenso del 1992 e il principio di “una sola Cina” sono i punti sacri di Pechino per intavolare qualsiasi trattativa per risolvere pacificamente la questione Taiwan. Per la leadership comunista la mancata adesione a questi principi è una delle più grandi colpe dell’attuale Presidente taiwanese Tsai Ing-wen.
Intanto le lancette della storia continuano a scorrere. Il disegno di Xi Jinping è chiaro: riportare la “provincia ribelle” sotto il controllo di Pechino entro il 2049, restituendo così al Paese la sua passata gloria imperiale.
Rocco Forgione
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