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Gasdotto Tap: opera strategica o compromesso al ribasso?

Il Parlamento italiano ha approvato la costruzione del gasdotto TAP che porterà il gas dell’Azerbaijan in Italia e Sud europa. I lavori dovrebbero iniziare nel 2015 e concludersi entro il 2019. Ma davvero ci renderà meno dipendenti dalla Russia?

CRISI – La crisi in Ucraina riporta sotto i riflettori il problema della dipendenza energetica dell’Europa. Rispondendo indirettamente alla minaccia americana di sanzioni economiche, durante la conferenza stampa tenuta pochi giorni fa Putin ha ventilato la possibilità di interrompere le forniture di gas nei confronti dell’Ucraina.
Poche ore prima, in un incontro con gli investitori tenutosi a Londra, il vicepresidente di Gazprom, Alexander Medvedev, aveva dichiarato che l’azienda russa “ha incrementato la sua quota sul mercato europeo, e non c’è motivo di credere che la tendenza cambi nel prossimo futuro”.

GAZPROM UBER ALLES – Quello che dice il vicepresidente di Gazprom è vero: la dipendenza energetica dell’Europa è in crescita. Finora un certo calo nei consumi e la grande disponibilità di carbone statunitense a basso prezzo hanno frenato la tendenza: ma l’Europa, in particolare Gran Bretagna e Norvegia, producono sempre meno gas e sono costretti a importarne una percentuale sempre maggiore da paesi extraeuropei. Il principale fornitore è proprio la Russia, da cui arriva il 38 per cento del fabbisogno europeo.

Per cercare di attenuare questa dipendenza, da alcuni anni Bruxelles sta cercando di differenziare le fonti di approvvigionamento energetico. Secondo le autorità europee, la possibilità di acquistare gas da diversi fornitori creerebbe competizione, con ricadute positive in termini di prezzi, e renderebbe l’Europa meno dipendente da ciascun fornitore.

IL ‘CORRIDOIO SUD’ – Sarebbe questo lo scopo del progetto TAP, acronimo di Trans Adriatic Pipeline: far giungere in Europa il gas naturale proveniente dai giacimenti di Shah Deniz, in Azerbaijan, attraversando Grecia e Albania prima di tuffarsi sul fondo dell’Adriatico e approdare in Puglia. Questo gasdotto costituirebbe infatti l’ultimo anello del cosiddetto ‘corridoio Sud’, composto dal South Caucasian Pipeline, gasdotto già realizzato che attraversa Azerbaijan e Georgia, e dal Trans Anatolian Pipeline, che, una volta completato, attraverserà tutta la Turchia fino al confine con la Grecia, dove dovrebbe innestarsi il TAP.
Il completamento del corridoio meridionale permetterebbe all’Europa di avere accesso diretto al gas azero, e in prospettiva anche a quello del Kurdistan, del Turkmenistan e forse anche dell’Iran. Secondo l’Unione Europea, in futuro il corridoio sud potrebbe fornire tra i 45 e i 90 miliardi di metri cubi annui, ovvero tra il 10 e il 20 per cento dell’attuale fabbisogno europeo.

 

TAP (TRANS-ADRIATIC-PIPELINE) / INFOGRAPHIC / THEFATBRAIN from THEFATBRAIN on Vimeo.

LA RISPOSTA RUSSA – Ma davvero quest’opera servirà a ridurre la dipendenza europea dal gas russo? Mentre l’Europa lavora al corridoio sud, infatti, la Russia non è rimasta con le mani in mano, e con il sostegno di Francia e Germania sta per avviare la costruzione di un altro gasdotto, il South Stream, che arriverà a Tarvisio senza passare sul suolo ucraino. L’idea del South Stream non è essere un’aggiunta alle forniture attuali, ma semplicemente tagliare Kiev fuori dai giochi aggirandola a sud, attraverso il Mar Nero.

Si tratta di un progetto mastodontico: assieme al North Stream che già unisce direttamente Russia e Germania aggirando la Bielorussia dal Mar Baltico, consentirebbe l’arrivo di un totale di 126 miliardi di metri cubi che arriveranno in Europa aggirando l’Europa dell’Est e dunque ogni possibile disputa con quei Paesi. 

E’ DAVVERO UNA SOLUZIONE? – Al di là della questione strategica, può il TAP ridurre la dipendenza da gas russo? Qualche dubbio sorge pensando al fatto che le scelte politiche e strategiche sono affidate, in realtà, alla volatilità delle scelte di mercato. Gianluca Maggiore, attivista del ‘Comitato NO TAP’, si domanda: “in un mercato regolato prevalentemente da contratti take-or-pay, che obbligano ad acquistare un determinato quantitativo di gas all’anno, come può il TAP, che ha una portata annua di appena 10 miliardi di metri cubi, creare un’efficace concorrenza e abbattere i prezzi?”
In realtà, l’importanza di questo gasdotto per l’Europa sarebbe proprio più politica che economica: serve a mostrare alla Russia la determinazione europea di cercare fonti di approvvigionamento energetico alternative, ed evitare nuove crisi come quella del 2008-2009. “È la dimostrazione concreta che quella può essere una linea di fornitura alternativa per l’Europa” – dice un funzionario dell’Unione Europea che abbiamo intervistato in merito – “poi 10 miliardi di metri cubi annui non fanno la differenza, l’impatto sul mercato è minimo, questo lo riconoscono tutti.”
Forse proprio per via della ridotta capacità del TAP,  l’UE aveva ufficiosamente sostenuto  il progetto alternativo, il Nabucco West, un gasdotto da 23 miliardi di metri cubi che dal confine greco-turco avrebbe attraversato i Balcani giungendo fino in Austria. Dopo che il consorzio di gestione di Shah Deniz ha ufficialmente scelto il TAP, l’Europa non ha potuto che adeguarsi, confidando che in futuro questo gasdotto possa essere potenziato. Ma ha chiarito che questo avverrà solo se sarà il mercato a richiederlo.
Ibrahim Palaz, professore associato presso il Caspian Strategy Institute di Istanbul, è ottimista al riguardo: crede infatti che la domanda europea di gas sia sufficiente a giustificare non solo l’ampliamento del TAP, ma anche la parallela costruzione del Nabucco West. “Dieci miliardi di metri cubi sono una goccia nell’oceano. Ma questo gasdotto si può potenziare fino a 30 miliardi di metri cubi senza dover posare una seconda tubatura.”

percorso TAP

DUBBI – Il progetto South Stream appare congelato e ancora molto indietro sui lavori, molto più del TAP, tuttavia, indipendentemente dal fatto che tale progetto si realizzi davvero o meno, c’è da chiedersi se sul mercato la grande disponibilità di gas russo non renda economicamente poco conveniente quello azero: a quel punto mancherebbe una forte spinta commerciale per un ampliamento del TAP e la sua fruizione rimarrebbe giustificata solo da ragioni geopolitiche e strategiche.

Antonio Peciccia

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Antonio Pecicciahttp://www.antoniopeciccia.com/

Laureato in lingue, un master in giornalismo internazionale e un dottorato in storia delle relazioni internazionali, mi sono occupato di Unione Europea, rapporti tra Europa e Stati Uniti, questioni energetiche e Africa. Viaggiatore instancabile, ho diviso il mio tempo tra l’Italia, Londra e Lisbona. Sono stato Visiting Researcher all’Universidade Nova di Lisbona. Attualmente collaboro con diverse riviste online di politica internazionale.

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