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God save our team

Caffè Europeo – L’Inghilterra, si sa, è la patria del calcio. Perchè, allora, la formazione britannica ha vinto nella sua storia soltanto il Mondiale casalingo del 1966? Tra diatribe interne alla squadra e problemi con l’allenatore (Capello è stato sostituito da Roy Hodgson), gli inglesi si presentano all’Europeo in un clima di incertezza. Parallelamente alla situazione economica, non più così rosea neppure a Londra

 

MOLTO PIU’ DI UNO SPORT – Vita Sackville-West, poetessa ed intellettuale , scrisse che “l’uomo inglese si può vedere al suo meglio nel momento in cui un altro uomo comincia a tirargli una palla. Egli allora si mostra non sprezzante né vendicativo, non meschino, non lamentoso, né ansioso di lucrare scorrettamente  un vantaggio. Rispetta i regolamenti che lui stesso in genere ha creato e dà per scontato che l’avversario farà lo stesso”. Per i sudditi di Sua Maestà il futbawle- la parola risale al 1491, quando Re Giacomo IV di Scozia decise di bandire « football, golf e altri simili inutili sport» per timore di un attacco inglese- non è difficile capirlo, è molto più che uno sport. Ne è lampante dimostrazione la storia di Wilfred Nevill, comandante di compagnia dell’ottavo East Surrey. È il 1 luglio 1916 e la compagnia si sta preparando per la battaglia della Somme, che risulterà decisiva per le sorti del primo conflitto mondiale. Nevilll si presenta ai suoi quattro plotoni con un pallone su cui giace la scritta:«Finali della Grande Coppa Europea, East Surrey vs Bavaresi». Al primo plotone capace di dribblare e passare il pallone oltre la linea tedesca viene promesso un premio, premio che l’amante del pallone Nevill, morto nei primi momenti del combattimento, non riuscirà a consegnare.

 

L’HANNO INVENTATO LORO – Del resto lo hanno inventato loro, il calcio. E loro lo hanno regolamentato. Era il 1863, quando i circoli studenteschi di Londra decisero di stabilire le norme con cui sfidarsi per evitare che il tutto consistesse in una zuffa senz’armi. “Giovani uomini, all’uso di campagna, fanno avanzare una grossa palla non lanciandola in aria ma colpendola e facendola rotolare sul terreno, e questo non con le loro mani ma con i piedi”.  Sono gli inglesi ad aver deciso che una squadra doveva essere composta da 11 membri ( le classi all’epoca contavano 10 studenti e un maestro, l’odierno capitano), sono gli inglesi ad avere avuto la prima squadra riconosciuta, lo Sheffield F.C. nel 1857, e sempre gli Inglesi hanno avuto il primo campionato. È per questo che quando ci si appresta ad una importante rassegna sportiva i sudditi di Sua Maestà si sentono, quasi per diritto divino, i favoriti.

 

L’INCOGNITA DEGLI EUROPEI – “God save our team”. Ma la nazionale che si presenta ai blocchi di partenza di EURO 2012, strano a dirsi, non gode dell’incondizionato appoggio dell’opinione pubblica. Troppo spesso le grandi aspettative e la fiducia riposta nei Tre Leoni hanno tarpato le ali ad una squadra da sempre molto competitiva e ricca di talento ma incapace di portare a Wembley i risultati sperati. I bianchi d’Inghilterra, scossi dalla “grana” Terry accusato di insulti razziali e dall’inaspettato ( e costosissimo) cambio di Commissario Tecnico, saranno guidati da Roy Hodgson, “un allenatore abituato ad allenare squadre mediocri” e per questo, secondo la stampa d’oltremanica, adattissimo a calarsi nella parte di questa squadra.

 

RECESSIONE O NON RECESSIONE? – La situazione calcistica sembra rispecchiare la situazione economica. Mentre la Football Association combatte il deficit tecnico- qualitativo della nazionale, il Primo Ministro David Cameron e il Ministro del Tesoro George Osborne si occupano di deficit ben più gravi: stando alle stime dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, l’economia britannica si è contratta dello 0,4 per cento nel primo trimestre del 2012, facendo seguito a una contrazione negli ultimi tre mesi del 2011. Due trimestri consecutivi di crescita negativa sono la definizione tecnica di recessione, che in questo caso sarebbe un “double dip”, un doppio tuffo nella crisi economica, facendo seguito alla recessione del 2007-2009. La nazionale inglese che si presenta alla rassegna europea parte dunque a fari spenti. Messa da parte la cosiddetta golden age dei vari Ferdinand, Lampard ( che in Polonia ed Ucraina mancherà per infortunio) Beckam e Scholes, i Tre Leoni si affidano a chi per natura “non cammina mai da solo”: sarà il redivivo Steven Gerrard, emblema del Liverpool, a guidare i sudditi di sua maestà. Sempre da Liverpool, e non è un caso, proviene la stella della squadra, Wayne Rooney.  Le speranze della nazionale inglese albergano dunque nelle casette in mattoni tipiche della periferia della città, abitate principalmente da lavoratori messi in difficoltà dalla crisi del porto cittadino, un tempo gioiello dell’impero britannico. Nelle stesse strade in cui i due simboli dell’Inghilterra calcistica contemporanea tirarono i loro primi calci ad un pallone, nacque 37 anni fa Robert Andrew Fowler, indimenticato e “politico” bomber. Cresciuto durante l’ascesa al potere di Margareth Tatcher e del governo conservatore, nel 1997 protestò apertamente contro il licenziamento, nella sua Liverpool, di 500 lavoratori del porto. “Help 500 docks sacked”, recitava la maglia che mostrò in seguito ad un suo gol.

 

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SFIDE TRA PERIFERIE – “Puoi anche andartene da Toxteth (quartiere popolare di Liverpool). E’ Toxteth che non se ne andrà mai da te”. L’avrà sentita un sacco di volte questa frase il rimpianto ( se fosse ancora arruolabile, statene certi, in questa nazionale inglese sarebbe sicuramente protagonista) “sindacalista” amante del gol che per anni giocò per la nazionale inglese, ma non è l’unico. Non deve essere sfuggita neanche a Zlatan Ibrahimovic, indiscusso leader della nazionale svedese candidata a contendere all’Inghilterra la qualificazione ai quarti di finale,  che, cresciuto nella periferia di Malmo, sostiene un concetto simile: puoi andartene dal ghetto, ma lo porterai con te ovunque ( anche in campo). Sempre dalla periferia proviene un altro contendente al vertice del girone D, Karim Benzema. E’ sicuramente il giocatore di origine algerina il punto di forza della Francia, forse la squadra più attrezzata del gruppo d. In programma per l’11 giugno, la sfida tra Francia e Inghilterra richiama alla mente la storica rivalità che intercorre tra le due potenze. Ma se un tempo si combattevano per terre e per mari, Londra e Parigi sembrano oggi, almeno dal punto di vista militare e strategico, sulla stessa lunghezza d’onda visti gli accordi in materia di cooperazione militare e  sperimentazioni nucleari congiunte. Allineate ed in prima fila per quanto riguarda l’intervento occidentale nella guerra di Libia, Francia e Inghilterra incontrano invece serie difficoltà in ambito economico: già fuori dall’Euro, l’Inghilterra  non ha infatti aderito al fiscal compact, il patto sulla stabilità siglato da 25 paesi dell’Unione.

 

ORA E SEMPRE FRANCIA- INGHILTERRA – Se ad inizio XIX la grand armée napoleonica se la dovette vedere con l’Ammiraglio Nelson per il dominio dei mari, l’Armata di Laurent Blanc, vecchia conoscenza del calcio italico, ha fronteggiato l’Inghilterra di Roy Hodgson in uno scialbo 1-1. Accantonati i 4 anni di gestione Capello, numeri alla mano uno dei tecnici più vincenti della storia, i sudditi di Sua Maestà si affidano a quel che è considerato un vero e proprio “normalizzatore”. L’ex coach di Inter, Fulham, Liverpool e nazionale svizzera, da un anno sulla panchina del West Bromwich Albion, è chiamato ad invertire un trend negativo quasi interminabile, una sorta di maledizione: l’unico e ultimo successo degli inglesi, infatti, risale al lontano 1966, ai mondiali giocati in casa e vinti anche grazie al gol-non gol di Geoffrey Hurst nella finale contro la Germania Ovest (con buona pace della leggendaria squadra ottocentesca dei Corinthian, famosa per non schierare il portiere in caso di rigore a sfavore in ossequio al principio secondo cui sarebbe sbagliato trarre vantaggio da un comportamento scorretto. Per la serie, c’era una volta il fair play). Da allora, un elenco senza fine di fallimenti sportivi, con le uniche consolazioni di una semifinale al Mondiale del 1990 e una all’Europeo, per di più giocato in casa, del 1996. Sfogliando gli almanacchi di mondiali ed europei torna alla mente una vecchia battuta di Gary Lineker,emblematico centravanti del calcio inglese, :“il calcio è un gioco molto semplice in cui 22 giocatori rincorrono una palla per 90 minuti e alla fine, solitamente, vincono i tedeschi”. Chissà come avrebbe risposto a tale provocazione Lord Alfred Northcliffe, giornalista di inizio novecento, convinto che le truppe inglesi impegnate nel primo conflitto mondiale fossero superiori a quelle tedesche, prive, a suo modo di vedere, dell’individualità: “del resto il Football è stato introdotto in Germania solo in tempi recenti”.

 

PROSPETTIVE – Non sarà facile superare Francia, Svezia e l’Ucraina capitanata da Shevchenko , altra contendente al primato nel gruppo d e forte del sostegno del pubblico di casa. Questa Inghilterra ha però un grosso vantaggio: il paese non ha pretese. La storia degli europei ci ha insegnato, Lineker non ce ne voglia,  che si a calcio si gioca in 22 e si corre dietro alla palla, ma non vince sempre la Germania. Che questa sia la volta buona per i sudditi di sua maestà?

 

Simone Grassi

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Simone Grassi
Simone Grassi

Fiero membro della cosiddetta generazione Erasmus, ho studiato in  Italia e in Francia. Laureato magistrale in Relazioni Internazionali (Università degli Studi di Milano),  frequento  ora un Master di ricerca in Economia Politica all’Università di Bristol. Convinto europeista, sono stato stagista alla Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Oltre all’economia e alla politica internazionale, mi affascina il mondo della cooperazione allo sviluppo, un mondo che ho maggiormente scoperto durante un tirocinio in UNICEF.

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