Nelle scorse settimane la Corte suprema cambogiana ha sciolto il principale partito d’opposizione del Paese. L’unico argine all’autoritarismo del Primo Ministro Hun Sen è così sparito tra le polemiche. Le reazioni interazionali sono state di grande preoccupazione e le Nazioni Unite si sono espresse con parole di aspra condanna verso l’atto deliberatamente politico che è stato compiuto dalla Corte, nel tentativo di accantonare il primo esperimento di democrazia pluralista del dopo Khmer rossi
IL PARTITO DEL RISCATTO NAZIONALE
Formatosi nel 2012, da sempre aperto alla linea del liberalismo e strenuo avversario del nazionalismo vietnamita, il Partito del riscatto nazionale (CNRP) si è presentato da subito come una valida alternativa al Partito popolare cambogiano (CPP) di Hun Sen, che ha detenuto sotto diverse forme il potere nel Paese sin dal 1979. Alla prima prova elettorale nel 2013, il Partito ha ottenuto importanti successi e ha conquistato, lo scorso giugno, un terzo delle amministrazioni locali. Dal mese di luglio, dunque, la campagna denigratoria posta in essere da anni dal CPP contro il rivale si è rafforzata, arrivando a coinvolgere il potere giudiziario e favorendo l’arresto di attivisti e personaggi in prima linea del CNRP: quarantaquattro sarebbe i nomi dei condannati sino ad ora.
Agli inizi di settembre, poi, il colpo principale: l’arresto del leader del Partito, Kem Sokha. Nonostante Sokha godesse dell’immunità parlamentare, il Governo ha acconsentito all’arresto, sostenendo di averlo colto in flagranza di reato. Essa consisterebbe in un video, piuttosto datato, in cui il leader del CRNP sosteneva di essere stato invitato dal Governo americano a costituire un movimento di opposizione, nell’auspicio di democratizzare la vita politica del Paese.
Fig. 1 – La sede del Partito del riscatto nazionale (CNRP) a Phnom Penh, chiusa poco dopo la sentenza della Corte suprema cambogiana
LE ACCUSE DI “INTERFERENZE” AMERICANE
Nella recente sentenza della Corte suprema cambogiana, l’accusa che è stata mossa al CNRP è di essere stato al corrente, e anzi esecutore, di un dettagliato piano statunitense volto a rovesciare l’attuale Governo in carica. La base giuridica, stando alle parole del Presidente della corte giudicante, vicino all’esecutivo cambogiano, sarebbe l’articolo 38 della locale legge sui partiti politici che prevede, come forma punitiva massima, la dissoluzione di un partito per la commissione di crimini di grande serietà . Non essendovi alcuna possibilità di appello, di fatto l’atto si è qualificato come l’ennesimo tentativo di sottrarre alle compagini parlamentari d’opposizione numerosi seggi in Parlamento.
Il CNRP ha immediatamente fatto sapere che i capi di accusa sono del tutto inesistenti e che le uniche azioni condotte dal partito sono quelle legate al tentativo di vincere le elezioni e formare un nuovo governo. Non esisterebbe, dunque, alcun collegamento “indebito” con il Governo americano e ogni accusa in tal senso è stata prontamente smentita.
I RAPPORTI CON L’AMMINISTRAZIONE TRUMP
A ben vedere, in un quadro di particolare avversità verso l’Occidente che continuamente chiede al Primo Ministro in carica una maggiore democratizzazione della vita politica, Hun Sen sembra mantenere, invece, ottime relazioni con il Presidente Trump, che ha recentemente incontrato a Manila e con cui ha scambiato parole d’intesa. Tuttavia, il Premier cambogiano ha criticato la posizione dell’ambasciata americana di Phnom Penh, ancora sulla stessa linea dell’Unione Europea, che ha più volte minacciato il Paese di interrompere i rapporti commerciali come ritorsione per le misure autoritarie contro i partiti d’opposizione.
A seguito della sentenza del 16 novembre scorso, circa 150 membri di parlamenti di tutto il mondo hanno scritto a una lettera a Hun Sen in cui chiedono di scarcerare Kem Sokha e di mantenere la promessa di nuove e libere elezioni il prossimo anno.
Fig. 2 – Incontro tra il leader del CNRP Kem Sokha (a destra) e l’ex assistente del Dipartimento di Stato USA per l’Asia Daniel R. Russel, ottobre 2016
IL SOGNO MULTIPARTITICO
A rendere ancora più complessa la situazione, il comunicato del Governo, che ha qualificato la Cambogia come uno Paese in cui il multipartitismo è sovrano. La realtà , a ben vedere, è totalmente diversa. Innanzitutto il forte legame tra le istituzioni dello Stato e il partito al potere rappresenta un lascito ancora pesante della recente storia cambogiana. Rilevanti posizioni nell’apparato amministrativo e giudiziario sono, infatti, detenute da persone legate all’attuale Premier Hun Sen. Inoltre, così come nel passato, il partito al potere erge se stesso a unico in grado di fronteggiare il disordine e la povertà dilagante. Così, dunque, almeno fino alla sentenza della Corte, il CPP ha ritenuto e ritiene di essere l’unico rappresentante dell’intera nazione, rifiutando nettamente la concezione pluralista e democratica promossa dai partiti di opposizione.
E’ naturale, dunque, constatare che i residui di un passato ancora doloroso, in termini di monopolizzazione della vita politica, siano più vivi che mai in queste delicate fasi che la Cambogia sta attraversando. Soprattutto, l’interrogativo principale risiede nell’effettiva democratizzazione della vita politica che, pur essendo formalmente nelle mani dei cittadini cambogiani, stenta a premiare quei partiti che vorrebbero scrivere una pagina diversa della storia del Paese.
IL FUTURO ELETTORALE DELLA CAMBOGIA
Il futuro della Cambogia, in queste fasi, sembra essere nettamente nelle mani del Primo Ministro, grazie anche al supporto della Cina, unico Paese a non imporre restrizioni di natura politica agli aiuti economici e alle relazioni commerciali.
A ben vedere, differentemente dai bilanci americani, dove chiare voci indicano il supporto economico ai programmi di educazione, governance e salute cambogiani, la Cina sta occultamente finanziando i progetti infrastrutturali di cui Hun Sen si fa portatore, senza vincolo politico alcuno, nel tentativo di stringere i rapporti di amicizia tra i due Paesi. Tra i progetti più rilevanti, la costruzione o la riqualificazione di strade fondamentali per la vita commerciale della Cambogia, la realizzazione di una diga nei pressi di Battambang e il miglioramento dei sistemi di intelligence in chiave antiterrorismo, per un totale di oltre 10 miliardi di dollari. L’obiettivo ultimo della Cina, che proprio di recente ha beneficiato della sostanziale rottura tra la Cambogia e l’Occidente, è quello di garantire una certa stabilità politica nel Paese a vantaggio dei suoi interessi strategici regionali.
Fig. 3 – Il Premier cambogiano Hun Sen con il Presidente cinese Xi Jinping durante il Belt and Road Forum di Pechino, maggio 2017
Inoltre, al fine di rafforzare la capacitĂ militare della Cambogia, proprio in questi giorni le truppe cinesi, in un’esercitazione nota come il “Dragone dorato“, hanno istruito la controparte cambogiana nella gestione delle operazioni di emergenza, come alluvioni, trattamenti medici di primo soccorso e manutenzione straordinaria delle principali arterie viarie del Paese.
Non bisogna trascurare, in definitiva, il peso di tale cooperazione nell’ottica della realizzazione della strategia cinese della Nuova Via della Seta, in cui la Cambogia è fortemente coinvolta, in qualità di sostanziale alleato di Pechino.
Con tali premesse e dopo trentadue ininterrotti anni di dominio politico in Cambogia, Hun Sen si mostra più deciso che mai nel conquistare l’ennesima vittoria elettorale il prossimo anno. In un contesto di solo formale democrazia multipartitica, gli strumenti autocratici del Primo Ministro saranno ancora una volta centrali nel consolidamento della posizione del CPP, che allo stato attuale non mostra segni di cedimento.
Giovanni Ardito
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą
Il Partito popolare cambogiano (CPP) era noto, sino al 1991, come Partito rivoluzionario del popolo kampucheano (KPRP), erede del partito unico della Repubblica popolare della Kampuchea. Nato con una connotazione marcatamente di sinistra, ha assunto una caratterizzazione centrista nell’auspicio di continuare a monopolizzare la vita politica del Paese. Allo stato attuale, detiene 90 dei 123 seggi dell’Assemblea nazionale.[/box]
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