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Per il Vietnam il TPP è un buon affare

In 3 sorsiL’8 marzo il Vietnam e gli altri Paesi membri aderenti al Trans-Pacific Partnership (TPP), ora ribattezzato Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership (CPTPP), si sono trovati a Santiago del Cile per firmare il progetto di regolamentazione commerciale e degli investimenti regionali, che coinvolge i Paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Scopo dell’incontro è stato di portare a termine i negoziati iniziati nel 2014 su iniziativa del Governo giapponese e che avevano visto aderire alcuni dei principali Paesi dell’area pacifica e asiatica

1. TRATTATIVE DIFFICILI

Il 3 febbraio 2016, dodici Paesi dell’Asia-Pacifico, dopo due anni di trattative, avevano finalmente trovato l’intesa e si erano incontrati in Nuova Zelanda per firmare il trattato; tuttavia, con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca nel gennaio 2017, gli USA si ritirarono repentinamente dall’accordo, causando grande sconcerto tra gli altri Paesi aderenti.
L’anno scorso, grazie agli sforzi dei Governi canadese e giapponese, interessati a risolvere i problemi legati alla tutela della proprietà intellettuale e quelli del comparto automobilistico, sono state riavviate le trattative. Nel gennaio di quest’anno è stata infine siglata un’intesa nella città vietnamita di Da Nang.
I nuovi accordi stabiliscono regole per la protezione dei diritti intellettuali, il libero movimento dei lavoratori e l’abolizione del 98% di tariffe e dazi doganali per diversi settori merceologici, come l’alimentare e il tessile. In particolare, l’accordo mira ad accelerare la riduzione delle tariffe sulle carni bovine: ciò potrebbe danneggiare le esportazioni di carni americane, in quanto escluse dall’accordo.
Anche per questo motivo, gli USA, in una recente dichiarazione stampa hanno mostrato l’interesse a voler rinegoziare l’accordo, poiché la possibilità di ottenere condizioni migliori potrebbe portare sostegno all’economia americana. Il Primo Ministro australiano Malcolm Turnbull ha dichiarato che gli USA avranno la possibilità di ri-aderire al trattato, ma ovviamente, visto la passata esperienza, solo a condizioni vincolanti.
La Cina, per i suoi delicati equilibri politici e la sua aggressività commerciale nei confronti di alcuni Paesi firmatari dell’accordo, era rimasta tagliata fuori ma non è escluso che in futuro possa farne parte.

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Fig. 1 – Il Ministro del Commercio vietnamita Tran Tuan Anh (a sinistra) insieme al Ministro giapponese Toshimitsu Motegi durante il vertice APEC di Da Nang, novembre 2017

2. LE ASPETTATIVE DEL VIETNAM

Il Vietnam si era affrettato a confermare l’interesse per siglare il trattato, poiché consapevole dei suoi previsti effetti positivi sulla bilancia commerciale e sugli investimenti esteri, che rappresentano oggi le forze trainanti dell’economia del Paese.
Tuttavia il ministro del Commercio e dell’Industria vietnamita, Tran Tuan Anh, ha affermato che in seguito al ritiro dal trattato degli Stati Uniti, principale partner commerciale del Paese, le stime di crescita dell’export sono state ridimensionate. Infatti, i 12 Paesi che avevano inizialmente aderito al trattato (oltre al Vietnam, Australia, Brunei, Cile, Canada, Giappone, Malesia, Messico, Perù, Singapore, Nuova Zelanda e USA) rappresentavano il 40% dell’economia mondiale ma senza l’adesione americana il totale scende al 26%.
Nonostante ciò, anche senza la presenza americana, il Vietnam prevede di riuscire ad ottenere dal trattato un saldo positivo commerciale e effetti indiretti positivi sull’economia, derivanti dagli investimenti di aziende straniere interessate al mercato dei Paesi aderenti.
Inoltre, il Governo vietnamita mira, grazie al nuovo accordo, ad entrare nei mercati messicano, canadese e peruviano, che erano sempre stati restii a concludere accordi di libero scambio, e a rafforzare gli scambi con Australia e Nuova Zelanda.

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Fig. 2 – Una fabbrica di vestiti nella provincia di Binh Duong. Il settore tessile vietnamita dovrebbe essere tra i maggiori beneficiari del TPP

3. ALCUNE STIME SULL’EXPORT VIETNAMITA

Secondo le stime del Dipartimento generale delle dogane del Vietnam (General Department of Vietnam Customs), questo accordo porterà un incremento generale delle esportazioni.
Il settore calzaturiero vietnamita esporta in Australia merce per un valore di quasi 40 milioni di USD all’anno e conta di crescere ulteriormente anche grazie alle esportazioni verso la Nuova Zelanda, che si sta rivelando un importante mercato emergente per il Vietnam.
E’ previsto un aumento di vendite anche nel settore tessile: solo nei primi tre mesi del 2017 è stato registrato un valore delle esportazioni pari a 687 milioni di USD, con un incremento rispetto all’anno precedente del 8,3%; al tempo stesso le esportazioni vietnamite verso il mercato australiano si sono ridotte del 18,6% rispetto all’anno precedente, raggiungendo il valore di 665 milioni di dollari USD.
A beneficiare del nuovo accordo saranno anche le esportazioni del settore ittico verso il mercato messicano, che si è dimostrato molto dinamico negli anni più recenti: solo nei primi due mesi del 2017, le esportazioni verso il Messico hanno raggiunto un fatturato complessivo di 15,5 milioni di USD, con un incremento rispetto all’anno precedente del 38%.
Per quanto riguarda le importazioni, l’accordo comporterà un aumento degli scambi di materie prime tra i Paesi aderenti, tra i quali la Malesia. Quest’ultima, infatti, esporta a prezzi più competitivi, grazie alle retribuzioni più basse rispetto al Vietnam, soprattutto per prodotti come olio di palma e gomma. Tuttavia l’esportazione di riso, grazie ai moderni macchinari, rimane un settore ancora molto competitivo e si prevede che nel 2018 ci sarà un ulteriore aumento.
Aderire all’accordo significa per il Vietnam doversi anche preparare ad affrontare cambiamenti legislativi e strutturali importanti, mentre molte aziende saranno costrette a sostenere costi di ristrutturazione per adeguarsi ai più elevati standard qualitativi internazionali.

My Ding Hua

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Dalla terrazza panoramica di un imponente albergo a Ho Chi Minh City, si vedono le decine di gru intente a realizzare palazzi residenziali sempre più alti e nuove zone commerciali di lusso che stanno cambiando la fisionomia della città. E’ questo è il simbolo dei rapidi cambiamenti che stanno sconvolgendo il Paese, innescati dai primi accordi commerciali internazionali e dagli ingenti investimenti stranieri. Di fronte a una tazzina di caffè espresso (quasi introvabile fino a pochi anni fa) si vede la strada gremita di gente, molti con le mascherine antismog, che si dirigono sui loro motorini verso direzioni ignote, e viene naturale chiedersi quale sarà il costo sociale e ambientale di questa radicale trasformazione economica.[/box]

Foto di copertina: My Ding Hua

 

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My Ding Hua

Nata nella città di Ho Chi Minh sono residente in Italia da quando avevo 5 anni. Ho una laurea triennale in Lingue, Culture e Società dell’Asia Orientale e una Laurea magistrale in Relazioni Internazionali Comparate (Asia-Europa) conseguito presso L’Università Ca’ Foscari di Venezia. In coerenza con i miei studi, mi interesso di relazioni economiche, sociali e politiche tra i paesi asiatici  e i paesi membri dell’Unione Europea.

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