Analisi – Le modifiche al Governo volute dal leader del Cremlino non porteranno a grandi mutamenti in Russia. Se è vero che le sostituzioni ai vertici della Difesa segnalano un cambio di strategia per la guerra, il rimpasto non altera in alcun modo il sistema di potere del Paese.
L’EFFETTO DOMINO AI VERTICI DELLA DIFESA
A circa una settimana dalla cerimonia per la vittoria alle elezioni presidenziali di marzo, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha avviato il rimpasto del Governo. I cambiamenti più significativi sono avvenuti soprattutto ai vertici della Difesa, a partire dalla decisione di rimuovere Sergej Shoigu dalla carica di Ministro. Una scelta non totalmente inaspettata, ma che certamente ha destato alcune perplessità quando è stato annunciato che il suo successore sarebbe stato Andrei Belousov, uno specialista del settore economico e finanziario senza alcun tipo di carriera militare alle spalle. Prima di essere nominato Ministro della Difesa, Belousov ha infatti ricoperto le cariche di Ministro dello Sviluppo Economico, di Consigliere del Presidente per gli Affari Economici e di vicepremier. La supervisione di un progetto per lo sviluppo di droni rappresenta l’unico incarico degno di nota nel settore militare durante la sua carriera. Destituito dal Ministero della Difesa, dove era in carica dal 2012, Shoigu è stato quindi nominato Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale, l’organo consultivo che assiste il Presidente in materia militare e strategica. Ha inoltre assunto la carica di responsabile del Servizio Federale per la Cooperazione militare-tecnica, oltre che di vicepresidente della Commissione per il Complesso militare-industriale. L’ultimo a rimanere coinvolto nel cambio di pedine ai vertici della Difesa russa è stato Nikolaj Patrushev, il cui posto è stato preso proprio da Shoigu. Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale dal 2008, Patrushev ha assunto il ruolo di consigliere presidenziale con l’incarico di coordinare l’industria navale russa.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Vladimir Putin insieme al nuovo Ministro della Difesa Andrei Belousov, giugno 2024
LE MOTIVAZIONI DIETRO I CAMBI
Secondo gli osservatori, la nomina di un economista a capo del Ministero della Difesa segnala la volontà di Putin di preparare il Paese a una guerra lunga. La scelta di Belousov si spiega con l’obiettivo di ottimizzare l’efficienza della spesa per la Difesa al fine di rafforzare la capacità dello Stato di sostenere lo sforzo bellico. Come ha fatto notare il portavoce del Cremlino Dimitrij Peskov, nell’ultimo anno questa è salita al 6,7 percento del PIL, una cifra tutt’altro che irrisoria. Verosimilmente, Putin spera in una gestione maggiormente oculata ed efficiente del budget per la Difesa che permetta a Mosca di proseguire il conflitto quanto necessario, in attesa che l’Ucraina ceda per prima. La designazione di Belousov si può altresì spiegare con la necessità di porre un freno alla corruzione rampante all’interno del Ministero della Difesa, che nel mese di marzo è stato travolto da uno scandalo che ha portato all’arresto del viceministro Timur Ivanov. Spostare Shoigu al Consiglio di Sicurezza, dunque, permette a Putin di tenerlo al suo fianco e metter dentro qualcuno che sia in grado di limitare gli impatti della corruzione all’interno della Difesa. L’uscita di Shoigu, per l’appunto, non è giunta totalmente inaspettata. Oltre ai casi di corruzione durante il suo mandato, la sua reputazione è declinata, complice lo scarso rendimento dell’esercito russo in Ucraina. L’ex Ministro ha inoltre presumibilmente pagato gli attriti con Rostec, il colosso statale che rifornisce circa l’80 percento delle armi impiegate nel conflitto. Oltre a ciò, è stato spesso bersaglio delle fazioni più nazionaliste del Paese, che lo hanno criticato per la condotta della guerra. In sostanza, Shoigu è diventato un personaggio più scomodo che altro. La carica di capo del Consiglio di Sicurezza gli permetterà di mantenere una certa influenza nel Cremlino, nonostante rimanga difficile stabilire se si sia trattata di una promozione o di un demansionamento. La nomina di Patrushev a consigliere presidenziale sovrintendente all’industria navale è invece più ardua da decifrare. L’uomo ritenuto il falco dei falchi del Cremlino è uno dei fedelissimi di Putin dai tempi del KGB nella Leningrado degli anni Settanta. Se una cosa è certa, non è uscito vincitore dal rimpasto di Governo. Il nuovo incarico, benché significhi che rimarrà al fianco del Presidente, è difficilmente considerabile una promozione. Se effettivamente si trattasse di un declassamento, Patrushev sta pagando le falle nella sicurezza interna, come l’ammutinamento di Prigozhin e l’attacco terroristico a Mosca. In caso contrario, potrebbe trattarsi di un pensionamento anticipato di Patrushev per lasciare spazio alla prossima generazione dell’élite russa. La promozione del figlio Dmitrij a viceministro dell’Agricoltura validerebbe tale ipotesi.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Shoigu e Belousov durante un recente vertice governativo al Cremlino, maggio 2024
LE ALTRE NOMINE CHIAVE, TRA MOLTE CONFERME
Dietro le sostituzioni ai vertici della Difesa russa volute da Putin si può cogliere un cambio di strategia nei confronti della guerra. Il Presidente russo vuole un aumento della produzione bellica nella maniera più efficiente possibile in vista di un conflitto di lunga durata. Parallelamente, la promozione di fedelissimi e la conferma di molte delle posizioni di vertice significano che il rimpasto del Governo non prevede alcun cambiamento concreto nella gestione del Paese. Il sistema di Putin rimarrà di fatti intatto. Quanto alle altre nomine chiave, ci sono quella di Denis Manturov, ex Ministro dell’Industria e del Commercio a vice Primo Ministro, quella di Boris Kovalchuk, uno degli oligarchi più influenti del Paese, in qualità di Presidente della Corte dei Conti, e quella di Aleksey Dyumin, ex bodyguard di Putin divenuto Governatore della regione di Tula, prima a consigliere presidenziale e successivamente anche a segretario del Consiglio di Stato. La maggior parte degli uomini di peso del Cremlino è stata appunto confermata: Michail Mishustin come Primo Ministro, Sergej Lavrov come Ministro degli Affari Esteri, Vladimir Kolokol’cev come Ministro degli Interni e Konstantin Čujčenko come Ministro della Giustizia. Quanto agli ufficiali, le conferme sono arrivate per Sergej Naryškin, capo dei Servizi segreti esteri, Aleksandr Bortnikov e Dmitrij Kochnev, rispettivamente capo e direttore del Servizio Federale per la Sicurezza, e Valerij Gerasimov, Capo di stato maggiore delle Forze Armate russe.
Embed from Getty ImagesFig. 3 – Patrushev e Shoigu durante l’ultima cerimonia di insediamento di Putin alla presidenza russa, 7 maggio 2024
CAMBIARE QUALCOSA PER CAMBIARE (QUASI) NULLA
Il rimpasto di Governo che inaugura il quinto mandato di Putin assomiglia, in sostanza, allo spostamento mirato di pedine finalizzato a cambiare il meno possibile. Le modifiche ai vertici voluti da Putin indicano che il Presidente è soddisfatto dell’attuale configurazione del potere nel Paese. Tali modifiche sono state infatti apportate tenendone a mente la sua struttura e i limiti di manovra da essa imposti. Un sistema, quello costruito da Putin, che per sua stessa natura non ammette sconvolgimenti e mira più che altro all’autoconservazione. Il sistema di potere in Russia è costruito intorno al Presidente e la sua cerchia di familiari e amici, che in molti casi intrattengono legami di parentela. Informalmente si distinguono tre circoli di potere all’interno dell’élite russa: quello dei burocrati, degli oligarchi e dei siloviki, termine utilizzato per indicare i membri di esercito e servizi segreti. Ciascun circolo ha i propri interessi e i rispettivi membri lottano per le posizioni di vertice negli apparati statali e militari, nelle Istituzioni economiche e finanziarie, e nelle aziende. Si tratta di un sistema di codipendenza nel quale Putin conferisce incarichi di prestigio a coloro che si mostrano più fedeli, i quali in cambio ricevono in gestione i principali organi e Istituzioni che permettono a Putin di rimanere al potere. Il ruolo del Presidente è fondamentalmente quello di mediatore tra i vari gruppi. Ciò che contribuisce a mantenere il potere nelle mani della stessa cerchia è inoltre il diffuso nepotismo e clientelismo che spinge avanti familiari e conoscenti per le posizioni chiave. Sono i casi di Mikhail Putin, nipote del Presidente, vicepresidente del comitato direttivo di Gazprom e di Mikhail Shelomov, altro nipote, che tramite la sua azienda possiede quote di Bank Rossiya. Ma anche dei figli di Patrushev, sia Dmitrij, sia Andreij, proprietario dell’azienda privata Gazprom Shelf Project e detentore del 10 per cento del porto di Arhangelsk. Si tratta in sostanza di un’elite parassitaria che si nutre dello Stato, certamente non interessata ad alcun tipo di cambiamento che possa scomporre i delicati equilibri del Cremlino. Tantomeno nell’attuale scenario della guerra in Ucraina. Il rimpasto di Governo operato da Putin, in ultima analisi, mira a una maggiore efficienza bellica dello Stato, mantenendo al contempo intatto il sistema di potere su cui regge.
Lorenzo Asquini
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