venerdì, 5 Dicembre 2025

APS | Rivista di politica internazionale

venerdì, 5 Dicembre 2025

"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

Associazione di Promozione Sociale | Rivista di politica internazionale

Serbia: grandezza e miseria di una protesta (II)

AnalisiLe proteste studentesche in Serbia hanno decisamente svoltato verso destra, facendo propria la logica nazionalistica e sciovinistica degli anni Novanta. Nel frattempo, la corruzione fiorisce e nulla è davvero cambiato nel Paese balcanico.

La prima parte dell’articolo è qui.

SVOLTA A DESTRA

Dopo mesi di sostanziale inerzia, gli studenti hanno nuovamente indetto una grande manifestazione a Belgrado. La data è simbolica, il 28 giugno, il giorno di San Vito, molto importante per i serbi: in questo giorno sono infatti avvenuti la battaglia (persa) di Kosovsko Polje contro i turchi, nel 1389, l’attentato di Sarajevo nel 1914, la consegna di Milošević all’Aja nel 2001… Anche questa volta, la manifestazione è stata massiccia, seppure non come quella del 15 marzo: 140mila persone in piazza hanno reclamato elezioni parlamentari anticipate. Al termine dell’evento, una parte dei cittadini si è diretta verso Ciaziland e ci sono stati scontri con la polizia. È iniziata la repressione con l’arresto di numerosi studenti che, dal 29 giugno in poi, hanno cambiato tattica e ogni giorno bloccano gli incroci principali di tutte le città serbe (la polizia attua repressioni, sì, ma a macchia di leopardo, solo sporadicamente carica e arresta i manifestanti, che si infuriano ancora di più. A parte qualche eccesso, le forze dell’ordine si sono finora comportate in maniera corretta).
Quello che ci preme sottolineare, però, è la svolta nazionalista del movimento studentesco. Fra coloro che hanno parlato durante la manifestazione, si è distinto il professor Milo Lompor, che insegna letteratura serba all’ateneo di Belgrado. Lompor ha parlato del Kosovo come parte integrante della Serbia e rimprovera a Vučić non tanto il fatto che governi in maniera autoritaria e corrotta, quanto di aver venduto la regione autonoma del sud agli occidentali e agli albanesi. Lompor aveva anche presentato, qualche giorno prima della manifestazione, un libro di poesie di Radovan Karadžić, accusato di numerosi crimini di guerra e tra i principali responsabili della pulizia etnica in Bosnia negli anni Novanta. Durante la manifestazione, nessuno ha parlato delle colpe dei serbi nelle guerre degli anni Novanta. A questo si aggiungano le croci giganti in legno che molti studenti portavano con sé sulle spalle, come se il 28 giugno fosse in corso non una protesta ma un ritrovo religioso, il divieto di sventolare bandiere dell’UE e la presenza dei veterani di guerra: è chiaro a tutti che il movimento studentesco non solo non abbia prodotto idee nuove – cosa che in molti si aspettavano dalla nuova generazione, – ma che si sia rifugiato nell’ideologia nazionalista in cui è cresciuto lo stesso Vučić. Dov’è il cambiamento? A livello iconologico e simbolico non c’è e neppure il desiderio di lottare contro la corruzione della classe al potere sembra aver dato i frutti desiderati.

Fig. 1 – Ennesima protesta a Novi Sad, 5 luglio 2025 | Foto: Laszlo Palfi

NEI MEANDRI DELLA CORRUZIONE: CONFESSIONI DI UN IMPRENDITORE EDILE

In Serbia la corruzione è endemica ed è presente a ogni livello della vita pubblica, è nei ministeri, nelle Università e persino nei condomini delle grandi città. Raramente si rispettano procedure e leggi per costruire stazioni, ponti o anche solo per cambiare l’illuminazione di un pianerettolo di un qualsiasi palazzo. Lo stesso Vučić ha candidamente ammesso in televisione che “Se si fossero rispettate le procedure vigenti, mezza Serbia non sarebbe stata costruita”. Le proteste degli studenti, che hanno al centro la lotta alla corruzione, stanno contribuendo a cambiare qualcosa? Lo chiediamo a Vladan, imprenditore edile. La risposta è chiara e diretta: “No, tutt’altro. La corruzione fiorisce come e forse più di prima. Questi studenti occupano le facoltà e bloccano per qualche ora al giorno gli incroci. Vuoi sapere nel frattempo cosa succede? – Dice ridendo con amarezza Vladan. – Io costruisco un palazzo, cerco di farlo nel rispetto di tutte le normative, ma c’è sempre qualcosa che non va. Arriva l’ispettore statale, nota quel qualcosa che non è a norma e, invece di obbligarmi a ovviare all’errore, mi chiede una tangente per scrivere una relazione positiva. Questa gente si sente sicura e continua a fare ciò che faceva prima, sa che gli studenti stanno dentro le Università e non costituiscono un reale pericolo per il funzionamento del sistema. Se invece gli studenti, per esempio quelli di ingegneria e di diritto, insieme ai loro professori, girassero per i cantieri e segnalassero le irregolarità, questi ispettori si sentirebbero meno sicuri e comincerebbero a rispettare la legge. I funzionari pubblici continuano a far quello che facevano prima e magari la sera bloccano anche loro gli incroci perché non sopportano Vučić!”.
Anche Vladimir, che negli anni Novanta è stato consigliere comunale nella circoscrizione di Zemun a Belgrado, conferma quanto dice Vladan: “Vuoi sapere come abbiamo lottato contro la corruzione a Zemun negli anni Novanta? Al potere c’era Vojslav Šešelj, del partito radicale, noto criminale di guerra. Noi andavamo a vedere gli atti degli appalti pubblici. Facevamo le fotocopie e poi li confrontavamo con quelli che la stessa ditta vincitrice aveva stipulato, magari all’estero. Che so, faccio un esempio fantasioso giusto per farti capire come lavoravamo: in Consiglio comunale si era votato per rifare l’illuminazione pubblica, si era aperto un concorso pubblico e la ditta vincitrice aveva offerto un tot. Noi ci informavamo e venivamo a sapere che la stessa ditta aveva fatto lavori simili a Vienna. Salivamo in treno, a nostre spese, e andavamo in Austria a vedere i contratti firmati dalla locale Amministrazione. Il Comune di Vienna, per illuminare tutta la città, aveva speso quanto noi per un solo quartiere. Era chiaro che si trattava di corruzione, qualcuno aveva rubato soldi pubblici! La domenica ci mettevamo nella piazza del mercato a spiegare ai cittadini cosa fosse successo. Abbiamo così vinto le elezioni, ma i miei compagni di partito hanno continuato a rubare come i politici precedenti – dice con amarezza Vladimir. – È allora che ho capito che la corruzione è fortemente radicata nella nostra mentalità e ho lasciato la politica”. Vladimir conclude il proprio discorso: “Questi studenti, per ingenuità ma anche per ignoranza, pensano che lottare contro la corruzione sia occupare le Università, fare il cacerolazo agli incroci e urlare slogan contro Vučić. Non cambieranno proprio nulla perché non conoscono i meccanismi che stanno alla base della corruzione e pensano che possano ottenere qualcosa con discorsi banali e qualunquisti sull’amore e sulla moralità”.

Embed from Getty Images

Fig. 2 – La polizia si schiera di fronte ai dimostranti a Novi Sad, 30 giugno 2025. Finora le forze dell’ordine sono state abbastanze “morbide” verso i manifestanti, efftuando cariche e detenzioni sporadiche

CHE FARE?

Anche B., politologo, sembra essere d’accordo con Vladimir. “L’antipolitica degli studenti ha portato la gente nelle piazze senza un piano concreto per il dopo Vučić. Morale? Per le strade si rincorrono poliziotti e manifestanti, in una guerra estenuante di nervi. Una delle due parti dovrà capitolare. Ci sarà un vincitore e si cambierà tutto per non cambiare nulla. Come da 30 anni a questa parte”.
Nessuno sembra rendersi conto, però, che la soluzione di molti problemi serbi sta in una riforma del sistema scolastico, che è obsoleto, con programmi nazionalistici e arretrati e insegnanti mal pagati e poco motivati. Nessuna forza politica sembra voler cambiare la scuola, che dà una cultura superficiale, nozionistica e, lo ripetiamo, nazionalista. La Serbia è agli ultimi posti in Europa  classifica del PISA (che valuta l’alfabetizzazione degli adolescenti). Va detto anche che anche gli studenti, in questi 7 mesi di occupazione, non hanno mai pensato a una riforma della scuola e dell’Università. Chi dovrebbe promuovere una riforma, se non professori e studenti (che tra l’altro non fanno nulla da sette mesi e avrebbero il tempo per pensarci)? Dell’istruzione sembra non importare niente a nessuno. La speranza, o pia illusione, è che un’eventuale caduta di Vučić sistemi tutte le storture del sistema socio-politico serbo. Non sarà così. Ci vorranno anni per cambiare il Paese e sarà necessario uno sforzo paragonabile a quello del barone di Munchausen, che si salvava dalle sabbie mobili da solo, tirandosi per i capelli. C’è il rischio, però, che nessuno, neppure le nuove generazioni, sia in grado di portare a termine tale compito: senza istruzione, non c’è rivoluzione. C’è spazio solo per sommosse e disordini di piazza.

Christian Eccher

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA

Dove si trova

Perchè è importante

  • Le proteste studentesche in Serbia hanno ormai svoltato a destra, facendo propria la cultura nazionalista e sciovinista degli anni Novanta.
  • Intanto la corruzione fiorisce più che mai e nulla è davvero mutato nel Paese.
  • La proteste non hanno un fine ben definito e proprio per questo non riescono a produrre alcun cambiamento reale.

Vuoi di più? Associati!

Scopri che cosa puoi avere in più associandoti

Christian Eccher
Christian Eccher

Sono nato a Basilea nel 1977. Mi sono laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove ho anche conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sulla letteratura degli italiani dell’Istria e di Fiume, dal 1945 a oggi. Sono professore di Lingua e cultura italiana all’Università di Novi Sad, in Serbia, e nel tempo libero mi dedico al giornalismo. Mi occupo principalmente di geopoetica e i miei reportage sono raccolti nei libri “Vento di Terra – Miniature geopoetiche” ed “Esimdé”.

Ti potrebbe interessare