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Museveni e l’evoluzione politica dell’Uganda

In 3 SorsiL’Uganda, segnata da quattro decenni di Governo ininterrotto di Museveni, ha attraversato fasi alterne di sviluppo e tensione. La ricandidatura del Presidente, però, solleva nuovi interrogativi sul futuro dello spazio democratico.

1. QUARANT’ANNI AL COMANDO

Yoweri Kaguta Museveni detiene saldamente le redini del potere in Uganda sin dal 1986. Oggi ottantenne, non ha mai abbandonato la guida del Paese, nonostante un clima spesso offuscato da accuse di brogli e irregolarità. La sua parabola politica affonda le radici in un passato politico segnato, come in tanti Stati africani, da violenza e conflitti. Costretto all’esilio dopo il golpe del 1971 che portò al potere Idi Amin Dada, Museveni rientrò in Uganda con la caduta del regime. Deluso dal nuovo corso dittatoriale di Milton Obote, fondò il Movimento Nazionale di Resistenza, con un braccio armato, l’Esercito di Resistenza Nazionale, che nel 1986 conquistò Kampala e gli aprì la strada alla presidenza. Nei primi anni, il Governo introdusse alcune riforme significative, tra cui una efficace campagna contro l’AIDS. Sul piano economico, venne avviata un’agenda di liberalizzazioni e attrazione di investimenti stranieri, che garantirono al Paese una fase di crescita sostenuta e un’espansione del settore dei servizi. L’Uganda è stato spesso citato come esempio di stabilità macroeconomica nell’Africa orientale, pur continuando a scontare forti disuguaglianze e una dipendenza strutturale dall’agricoltura. Parallelamente, la politica di Museveni prese ben presto una piega autoritaria. Le prime elezioni democratiche del 1996 lo videro vincere con il 75,5%, un risultato con sospetti e polemiche. Da allora, ogni sua riconferma alle urne è stata accompagnata da crescenti tensioni politiche e consuete ombre sulla legittimità del processo elettorale.

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Fig. 1 – Cittadini radunati nelle piazze per assistere all’inaugurazione di Museveni, dopo aver rovesciato il Governo di Obote

2. IL VOLTO REPRESSIVO DEL POTERE

Un primo passo del Presidente Museveni verso l’autoritarismo è stato l’eliminazione dei limiti di età e di mandato per la guida dello Stato, modifica che gli ha consentito di rimanere al potere per quarant’anni. La Costituzione del 1995, all’art. 102 (b), vietava la candidatura alla presidenza a chi avesse meno di 35 o più di 75 anni, mentre all’art. 105 limitava l’incarico presidenziale a due mandati. Entrambe le disposizioni sono state abrogate con riforme costituzionali: quella sul limite dei mandati nel 2005, quella sull’età nel 2017. Tali modifiche hanno consolidato la concentrazione del potere e indebolito le garanzie democratiche. A rafforzare questa deriva si è recentemente aggiunta l’adozione dell’Uganda People’s Defence Forces (Amendment) Act, una legge che consente ai tribunali militari di processare anche i civili: uno sviluppo allarmante in quanto la norma è stata adottata nonostante il parere contrario della Corte Suprema, che ne aveva ribadito l’illegittimità. Si tratta dunque non solo di una violazione di principi generali riconosciuti dal diritto internazionale, ma anche di un attacco diretto al principio di separazione dei poteri e all’autorità dell’organo giudiziario supremo. La nuova legge si configura in tal modo come un potente strumento di repressione politica, impiegato per intimidire e neutralizzare gli oppositori. Ne sono esempio figure come Kizza Besigye, più volte processato da corti militari, e Bobi Wine, attivista e candidato presidenziale, oggetto di incarcerazioni arbitrarie, aggressioni e ripetute minacce. L’uso di strumenti giudiziari e militari per colpire il dissenso rivela una strategia sistematica di controllo autoritario, in cui la legalità è fatalmente piegata alle esigenze del potere esecutivo.

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Fig. 2 – L’attivista Bobi Wine, nel dicembre del 2020, porta avanti una protesta volta a denunciare la violenza nel corso della campagna elettorale prevista per le elezioni dell’anno seguente

3. LA CRESCENTE INFLUENZA MILITARE

Alla stretta repressiva giudiziaria si affianca una crescente militarizzazione del Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal giornale indipendente Nile Post il 15 luglio 2025, le Forze di Difesa del Popolo dell’Uganda (l’esercito nato sulle ceneri del movimento armato che portò Museveni al potere) hanno ampliato la propria influenza ben oltre l’ambito della sicurezza, assumendo un ruolo dominante nella politica, nell’economia, nella cultura, nella religione. Il rapporto descrive l’apparato militare come un vero e proprio “Governo parallelo”, guidato in gran parte dallo Special Forces Command (corpo d’élite delle UPDF), sotto il comando di Muhoozi Kainerugaba, figlio del Presidente. In questo scenario, la ricandidatura di Museveni alle elezioni del 2026 si prepara in un clima fortemente polarizzato, nel quale lo spazio democratico si è ristretto e le Istituzioni civili risultano ormai subordinate alla logica militare. Nonostante tutto, si rafforza una mobilitazione sotterranea, guidata soprattutto dalle generazioni più giovani, che guardano con speranza a un’alternativa politica in grado di riaprire lo spazio democratico e invertire la deriva. Resta però una domanda: un modello autoritario, come quello sperimentato in altri contesti, fino a quando e quanto può davvero conciliarsi con uno sviluppo sostenibile e inclusivo in Africa?

Livia Daccò Coppi

President of Uganda” by Foreign, Commonwealth & Development Office is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Al potere da quarant’anni, Museveni è stato accusato di autoritarismo e violazione dei diritti umani. Cresce la richiesta di un ritorno alla democrazia e alle libertĂ  fondamentali.
  • L’Uganda ricopre un ruolo strategico nell’Africa Orientale, grazie a una crescita economica rilevante che ne rafforza l’influenza politica e regionale.

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Livia Daccò Coppi
Livia Daccò Coppi

Nata a Genova nel 2000, ho vissuto gran parte della mia adolescenza tra Sudamerica e Africa. Tornata a Roma per gli studi, ho conseguito una laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’UniversitĂ  LUISS Guido Carli. Attualmente frequento la magistrale in Relazioni Internazionali e Istituzioni Sovranazionali presso l’UniversitĂ  La Sapienza. Appassionata di storia dell’Africa, ho sviluppato un grande interesse per i temi geopolitici concernenti questo vasto continente.

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