In 3 sorsi – Dalle piantagioni di coca ai laboratori improvvisati: le droghe sintetiche stanno ridefinendo le regole del narcotraffico in Messico e rischiano di minare il potere dei cartelli tradizionali, aprendo nuovi scenari di conflitto.
1. IL VECCHIO ORDINE
Per cinquant’anni abbiamo immaginato il narcotraffico, in particolare quello della cocaina, come un sistema verticale gestito da pochi grandi cartelli: prima colombiani, poi messicani. Un oligopolio brutale ma stabile, che controllava l’intero flusso – dalle piantagioni al consumatore – garantendo ordine e profitti.
Oggi però quel sistema inizia a incrinarsi. La cocaina resta centrale, ma i consumi stanno cambiando e con loro anche le dinamiche del traffico. Sta emergendo un nuovo asse, più opaco e difficile da mappare.
Al centro di questa transizione ci sono le droghe sintetiche – metanfetamine, anfetamine, fentanyl – che stanno ridefinendo le regole del gioco. Una rivoluzione copernicana, che, nel silenzio, sta piegando il modello oligarchico del narcotraffico tradizionale e seminando instabilità lungo tutta la filiera.
Fig. 1 – Il generale colombiano Rosso José Serrano e il Ministro della Difesa colombiano Luis Ramírez osservano una piantagione di papavero a Huila
2. IL FUTURO È SINTETICO
“Le droghe sintetiche offrono agli attori illeciti possibilità praticamente illimitate di riconfigurare i mercati della droga”. Lo afferma César Arce, membro della Junta Internacional de Fiscalización de Estupefacientes (JIFE), in un articolo di InsightCrime. Una frase che riassume bene la portata del cambiamento in atto: la produzione non ha più limiti fisici, mentre la domanda continua a crescere.
Non servono più ettari di terra coltivata a coca o papavero. Bastano quattro mura, un impianto di ventilazione e qualche conoscenza di base in chimica per avviare un laboratorio. Il cuore di questo processo sono i precursori chimici, sostanze spesso importate da Paesi come Cina e India, attraverso canali legali o semi-legali. Presi singolarmente, questi componenti sono infatti del tutto leciti, impiegati in settori come la farmaceutica, la chimica industriale o il comparto petrolifero.
Avviare un laboratorio richiede un investimento iniziale di circa 60mila dollari: una cifra contenuta rispetto ai profitti potenziali che derivano dalla produzione e vendita di droghe sintetiche.
Ancora una volta è il Messico a guidare questa trasformazione. Nella regione di Sinaloa e in altre aree storicamente sotto il controllo dei cartelli sono emersi numerosi produttori di fentanyl che si dichiarano “100% indipendenti”. Non appartengono formalmente a nessuna organizzazione: si procurano da soli i precursori, curano la produzione, organizzano la sicurezza e trovano direttamente i clienti. Una nuova generazione di criminali chimici, autonoma ma non del tutto libera: i cartelli continuano infatti a imporre regole su qualità, quantità e ritmi della distribuzione. Chi decide di sfidare apertamente il sistema rischia la vita, ma c’è anche chi prova a sganciarsi agendo nell’ombra.
Fig. 2 – Attrezzature del più grande laboratorio clandestino di droga sintetica scoperto in Indonesia, Malang, luglio 2024
3. ANARCHIA CHIMICA?
E se il modello messicano si replicasse altrove? Se piccoli operatori indipendenti iniziassero a produrre droghe sintetiche e, col tempo, decidessero di emanciparsi anche sul piano militare, quale sarebbe lo scenario?
Non è più un’ipotesi remota: questo processo è già in corso. Le droghe sintetiche stanno offrendo ai gruppi criminali un’evoluzione continua. Produttori locali alimentano mercati paralleli, autonomi, difficili da tracciare e sempre più letali. Pastiglie che imitano farmaci comuni, mix di sostanze create senza alcun criterio, partite tagliate male: tutto contribuisce alla nascita di un mondo della droga più economico, accessibile e pericoloso. Una sostanza per ogni esigenza, a ogni costo.
Come sempre, è l’economia a guidare questa nuova frontiera. Più la produzione è vicina allo spaccio, più si riducono rischi e costi: meno controlli, meno dogane, prezzi più bassi. Semplice economia di strada. Ma questa apparente efficienza logistica ha un prezzo altissimo che porta a una frammentazione del mercato e a una decentralizzazione della produzione che aumentano il rischio di scontri, instabilità e violenza. Si indebolisce il controllo centrale dei cartelli e si moltiplicano gli attori in competizione per il potere e per il territorio. Un sistema che, pur nel suo crimine, riusciva in parte a mantenere un equilibrio – come nel caso della cocaina, – ma che oggi rischia di esplodere.
La cosiddetta “guerra alla droga” non si combatte più solo nelle giungle della Colombia o nei campi di papavero. Oggi passa attraverso laboratori improvvisati, dark web e comunissimi pacchi postali, in un mercato fluido, senza regole né gerarchie, dove chiunque può produrre morte. E proprio per questo contrastarlo diventa ogni giorno più difficile.
Mattia Alfano
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