In 3 sorsi – Gli Stati Uniti accusano le RSF di genocidio in Sudan, denunciando crimini contro l’umanità e impedimenti agli aiuti umanitari. Il leader delle milizie, Degalo Hemetti, e i suoi familiari sono stati sanzionati dagli USA.
1. LA NOTA DEL DIPARTIMENTO DI STATO USA
Il 7 gennaio il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha rilasciato attraverso il Dipartimento di Stato una nota sulla guerra civile in Sudan, accusando entrambe le parti in conflitto di crimini contro l’umanitĂ . In particolare, le Forze di Supporto Rapido (RSF) sono state accusate di genocidio. La dichiarazione punta il dito contro le RSF per lo sterminio sistematico e organizzato di uomini, ragazzi e bambini motivato da ragioni etniche, oltre che per stupri di massa e altre forme di violenza contro le donne delle stesse comunitĂ . Alle RSF vengono inoltre attribuite numerose aggressioni ai civili in fuga dai combattimenti e un’azione deliberata per impedire l’accesso agli aiuti umanitari. Il comunicato sottolinea anche le gravi responsabilitĂ del leader delle RSF, Degalo Hemetti, al quale, insieme ai suoi familiari piĂą stretti, è stato vietato l’ingresso negli Stati Uniti.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Segretario di Stato USA Antony Blinken
2. IL PRECEDENTE DEL DARFUR
Per la seconda volta negli ultimi 25 anni, il termine “genocidio” viene utilizzato in relazione al Sudan, dopo la guerra del Darfur del 2003. All’epoca, il conflitto era scoppiato in seguito alla rivolta del Movimento di Liberazione del Sudan (SLM) e del Movimento EquitĂ e Giustizia (EJM), che accusavano il Governo sudanese guidato da al-Bashir di opprimere la popolazione non araba della regione. Durante questa guerra, al-Burhan e Hemetti, oggi avversari, erano dalla stessa parte: il primo nell’esercito regolare, il secondo nelle milizie Janjaweed, ed entrambi furono pesantemente coinvolti nel genocidio. Nel 2013, da una riorganizzazione delle milizie Janjaweed, nacquero le RSF, inizialmente operative solo nel Darfur per contrastare le forze separatiste. Negli anni successivi, con il sostegno degli Emirati Arabi Uniti, le RSF si sono internazionalizzate, inviando soldati in Libia a supporto di Haftar e in Yemen al fianco della coalizione guidata dall’Arabia Saudita. A conferma di questi legami, la nota di Blinken riferisce di sanzioni imposte su alcune aziende connesse alle RSF negli Emirati e su una persona coinvolta nel traffico di armi verso il Sudan. Il numero di morti del genocidio del Darfur oscilla tra 300mila e 500mila nell’arco di circa cinque anni (2003-2008). Per quanto riguarda l’attuale guerra civile, le stime variano fra le 30mile e 100mila vittime, con alcuni osservatori che ipotizzano persino cifre vicine a 150mila. Tuttavia è difficile ottenere dati precisi a causa dei combattimenti in corso e della complessa situazione sul campo. Se la guerra dovesse continuare con l’attuale intensitĂ per anni, i numeri finali potrebbero avvicinarsi a quelli del genocidio del Darfur.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Civili sudanesi festeggiano le avanzate dell’esercito regolare marciando a Port Sudan
3. POSSIBILI CONSEGUENZE DELLE DICHIARAZIONI STATUNITENSI
Nella sua dichiarazione, Blinken ha chiarito che gli Stati Uniti non sostengono nessuna delle due parti in conflitto, ma allo stesso tempo non minacciano nemmeno conseguenze particolarmente dure. L’accusa di genocidio rivolta solo alle RSF (e dunque un’attitudine piĂą “morbida” nei confronti del governo Sudanese ufficiale) potrebbe però indicare che il Governo di al-Burhan venga considerato come unico interlocutore legittimo. Non è semplice prevedere come gli Stati Uniti agiranno nel prossimo futuro, soprattutto considerando l’avvicendamento tra Biden e Trump, ma con ogni probabilitĂ Washington non interverrĂ direttamente nel contesto sudanese, dato il focus su altre crisi internazionali come Ucraina e Israele. Anche se questi fronti dovessero risolversi nel corso del 2025, è comunque molto probabile che l’attenzione di Trump resterebbe concentrata sulla regione del Pacifico, considerata la zona di strategicamente prioritaria per gli USA.
Daniele Atzori
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