venerdì, 5 Dicembre 2025

APS | Rivista di politica internazionale

venerdì, 5 Dicembre 2025

"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

Associazione di Promozione Sociale | Rivista di politica internazionale

Camerun, proteste post-elettorali: uno scenario pericoloso

In 3 SorsiLa vittoria di Biya è contestata dal suo ex ministro, Tchiroma, riparatosi in Nigeria. Il Camerun è diviso, mentre dilaga la protesta nelle piazze e cala il sostegno internazionale. È la fine di un’era, o almeno l’inizio della fine, ma il futuro resta incerto.

1. IL CONTESTO POST-ELETTORALE E LE PROTESTE

Le elezioni del 12 ottobre in Camerun hanno restituito un risultato contestato. Il Consiglio Costituzionale ha proclamato vincitore il Presidente uscente Paul Biya, 92 anni, che si avvia così all’ottavo mandato consecutivo. Tuttavia, ancor prima che fossero diffusi i risultati il candidato d’opposizione, Issa Tchiroma Bakary, ha rivendicato la vittoria con il 55% dei voti, chiamando la popolazione alla piazza. Il risultato ufficiale attribuisce invece il 53% a Biya e solo il 35% allo sfidante.
L’autoproclamazione di Tchiroma e il suo appello alla mobilitazione hanno scatenato proteste in diverse parti del Paese, aggravatesi dopo l’annuncio dei risultati il 27 ottobre. In realtà, un primo segnale della tensione era arrivato dall’Italia già il giorno del voto: a Roma, davanti al seggio estero allestito dall’ambasciata camerunense ci sono stati disordini tra funzionari governativi e membri della diaspora che denunciavano brogli, rendendo necessario l’intervento del Reparto Mobile della Polizia a separare le parti.
In Camerun, la reazione governativa ha assunto la forma della repressione, ricalcando quanto avvenuto nel 2018, quando Maurice Kamto (grande escluso della presente tornata elettorale) aveva rivendicato la vittoria. Durante le manifestazioni, particolarmente forti nel Nord e nella città portuale di Douala, sono già morte decine di persone. Il Governo ha annunciato che Tchiroma sarà ritenuto responsabile davanti alla giustizia per aver fomentato la rivolta.

Embed from Getty Images

Fig. 1 – Il Presidente del Camerun Paul Biya inaugura il nuovo mandato davanti all’Assemblea Nazionale, Yaoundé, 6 novembre 2025

2. ANALISI DEL VOTO E POSSIBILI CONSEGUENZE

L’affluenza, pur in leggero rialzo rispetto al 2018, non ha superato il 60%, registrando un alto tasso di astensionismo soprattutto nelle regioni anglofone. Da notare che, secondo i dati ufficiali “filo-governativi”, è la prima volta dal 1992 (anno delle prime elezioni multipartitiche) che Biya vince con meno del 70%. Un chiaro segnale dell’impossibilità di nascondere il vistoso calo di popolarità del Presidente, che vede diminuire anche il sostegno estero.
La fredda reazione internazionale alla vittoria di Biya e le critiche alla gestione delle manifestazioni sono un segnale di allarme per la cerchia del Presidente: gli ambasciatori occidentali hanno disertato la cerimonia di proclamazione dei risultati e persino la Francia, alleata e protettrice del regime, ha condannato la repressione violenta delle piazze.
Inoltre, le proteste camerunensi rischiano di aumentare le divisioni interne al Paese. Alla frattura ormai decennale con le regioni anglofone (a ovest) potrebbe aggiungersi quella con il Nord, area d’origine e principale bacino elettorale di Tchiroma. Potrebbero anche verificarsi ulteriori defezioni nel Governo, se la legittimità di Biya non verrà rinsaldata. Il rischio maggiore è che da una situazione “turbolenta” si scivoli in una vera e propria guerra civile.

Embed from Getty Images

Fig. 2 – Sostenitori del leader dell’opposizione camerunense, Issa Tchiroma Bakary, durante gli scontri esplosi dopo l’annuncio della vittoria di Paul Biya, Yaoundé, 27 ottobre 2025

3. LA FUGA DI TCHIROMA E IL TRAMONTO DELL’ERA BIYA

Dopo aver annunciato la propria vittoria, Tchiroma ha denunciato intimidazioni e tentativi di arresto e assassinio. Nella notte del 28 ottobre è stato quindi trasferito in un luogo sicuro, poche ore prima che la gendarmeria circondasse il suo quartiere a Garoua. Interessante il fatto che in alcuni post Tchiroma abbia ringraziato l’“esercito lealista” per averlo protetto e scortato. Il tempismo della fuga e il riferimento a un “esercito lealista” fanno supporre che possa esserci una divisione interna alle forze di sicurezza. Non va dimenticato, in quest’ottica, che Tchiroma è stato a lungo membro del Governo (si è dimesso soltanto a giugno) e potrebbe contare su amicizie e rapporti all’interno degli apparati statali. Per aumentare la pressione, Tchiroma ha chiamato i suoi sostenitori allo sciopero generale e le diverse città deserte in questi giorni sembrano indicare un certo successo dell’iniziativa.
Il 3 novembre è giunta notizia che Tchiroma sarebbe stato individuato e posto sotto la tutela delle forze di sicurezza nigeriane nella città di confine di Yola. Sembra che il Camerun ne abbia richiesto l’estradizione, ma per ora non è stata concessa. La crisi elettorale rischia dunque di internazionalizzarsi, con Tchiroma nella parte del leader in esilio. Per ora i Paesi africani hanno assunto una posizione cauta sulla vicenda camerunense, ma potrebbero cambiare registro se percepissero che il regime viene abbandonato dai protettori occidentali.
È ancora presto per dire se la repressione fermerà la protesta popolare, come nel 2018, o se il regime dovrà cedere sotto le pressioni interne ed esterne, ma di certo si è aperta la fase conclusiva del lungo dominio di Paul Biya. La storia del continente suggerisce che la fine dei regimi decennali africani preluda a periodi di instabilità e violenza: la speranza è che il Camerun riesca a trovare un modo per evitare la sorte toccata alla Costa d’Avorio, all’ex Zaire, alla Liberia e più recentemente alla Libia o al Burkina Faso.

Giovanni Tosi

Reunification Monument – Yaounde” by Mark Fischer is licensed under CC BY-SA

Dove si trova

Perchè è importante

  • Il Presidente Paul Biya è stato proclamato vincitore delle elezioni in Camerun del 12 ottobre, ma il suo sfidante, l’ex ministro Issa Tchiroma, non ha riconosciuto il risultato ed è fuggito in Nigeria, mentre il Paese è attraversato da proteste e dure repressioni.
  • La crisi rischia di aggravare la situazione del Camerun, approfondendo la frattura con le regioni anglofone e aprendo una nuova crepa con il Nord. Il regime di Biya perde legittimità e sostegno sia sul piano interno sia nella comunità internazionale, mentre la fuga di Tchiroma in Nigeria sembra suggerire l’esistenza di una fronda nell’esercito.

Vuoi di più? Associati!

Scopri che cosa puoi avere in più associandoti

Giovanni Tosi
Giovanni Tosi

Classe 1998. Ho conseguito, presso l’Università degli Studi di Milano, una laurea triennale in Filosofia e una magistrale in Storia, con una tesi sulla Cina e la Responsibility to Protect. I miei principali interessi di analisi riguardano la politica estera dei Paesi afro-asiatici, l’evoluzione storico-politica delle Organizzazioni internazionali e il processo di transizione sistemica innescato dall’ascesa dei Paesi emergenti. Per il resto, mi piace leggere, suonare e camminare in montagna.

Ti potrebbe interessare