In 3 Sorsi – In Iraq si sono tenute le elezioni volte a rinnovare il Parlamento del Paese. Il blocco guidato dall’attuale Primo Ministro Mohammed Shia’ Al Sudani è stato il piĂą votato, ma per governare avrĂ bisogno di trovare un compromesso con le forze filo-iraniane.
1. L’ESITO DELLE URNE TESTIMONIA UN QUADRO INCERTO
Le elezioni svoltesi in Iraq tra il 9 e l’11 novembre hanno visto il blocco Ricostruzione e Sviluppo, guidato dal Primo Ministro Mohammed Shia’ Al Sudani, ottenere il maggior numero di seggi (45), senza però avvicinarsi alla soglia necessaria per governare in autonomia il Paese. Per raggiungere i 165 rappresentanti richiesti per formare il nuovo esecutivo, l’attuale capo del Governo iracheno dovrĂ ottenere nuovamente l’appoggio del Quadro di Coordinamento – vicino a Teheran, – che ne ha conquistati ben 126.
A ben figurare è stata anche l’alleanza Progresso, di stampo riformista, che ha consolidato la propria presa nelle aree sunnite dell’ovest del Paese, conquistando 28 seggi che potrebbero rivelarsi determinanti per orientare la formazione del futuro Governo del Paese. Segue con 26 seggi il Partito Democratico Curdo (PDK), la cui campagna elettorale si è rivelata vincente sulla base di un elemento fondamentale: il messaggio che il partito ha voluto trasmettere al proprio elettorato. Come riferito dall’analista politico Hoshyar Malo, il PDK ha conseguito il proprio obiettivo di superare 1 milione di voti grazie allo svolgimento di un’efficace offensiva elettorale fondata sul superamento del linguaggio del passato: “Per la prima volta, il partito si è mosso lontano dalla narrativa del vittimismo. Le giovani generazioni vivono online e confrontano le campagne a livello globale”. Per converso, i 15 seggi conquistati dai rivali dell’Unione Democratica del Kurdistan (UDK) testimoniano la realtĂ di un movimento che punta a sopravvivere in un contesto nel quale i codici del presente richiedono un cambiamento sostanziale per incidere.
Fig. 1 – Il Primo Ministro iracheno, Mohammed Shia’ al-Sudani, vota alla scuola Al-Watan, a Baghdad, in occasione delle elezioni legislative dell’11 novembre
2. COSA RACCONTANO LE ELEZIONI SULLO STATO DEL PAESE
Nell’analisi del voto, due elementi emergono come degni di nota: l’affluenza e la distribuzione del voto. Per quanto concerne il primo aspetto, si è registrato un aumento del numero di votanti (56%) rispetto alle elezioni del 2021 (43,30%): una circostanza, quest’ultima, che l’analista Ahmed al-Yasiri attribuisce a un “desiderio collettivo di evitare il caos e preservare la stabilitĂ ”.
L’elemento dell’affluenza può essere letto in connessione con quello della distribuzione del voto all’interno del Paese, con un incremento degli elettori votanti nelle aree a maggioranza sunnita e un andamento costante in quelle curde.
Il blocco di maggioranza relativa ha vinto in otto province (tra cui Baghdad), dimostrando di aver acquisito una posizione dominante nelle aree del centro e del sud del Paese a maggioranza sciita. Specularmente, i partiti curdi (PDK e PUK) hanno mantenuto la propria presa nelle roccaforti del nord iracheno, mentre il partito Progress ha consolidato il suo dominio nelle province sunnite (arrivando secondo a Baghdad).
Il caso della capitale è emblematico per comprendere la complessità del mosaico venutosi a creare a seguito delle elezioni legislative irachene. Baghdad è il microcosmo della politica nazionale: è la rappresentazione di un Iraq frammentato e senza guida.
Fig. 2 – I dipendenti della Commissione Elettorale Indipendente (IHEC) dell’Iraq conteggiano i voti al termine delle elezioni parlamentari, in un seggio elettorale ad Erbil, capitale della Regione del Kurdistan iracheno, il 9 novembre 2025
3. AL SADR, UNA PRESENZA NELL’ASSENZA E I POSSIBILI SCENARI
Le elezioni legislative si sono svolte in assenza del partito che ha ottenuto il maggior numero di voti (con 73 seggi) in occasione delle scorse votazioni, ossia il Movimento Patriottico Sciita guidato da Muqtada Al Sadr. La scelta di non prendere parte alle consultazioni si è verificata in piena continuitĂ con il ritiro dei parlamentari del partito durante la scorsa legislatura, motivata dal suo leader con il riferimento a una “corruzione radicata“.
Nello scenario attuale, il modo piĂą opportuno per definire tale realtà è quello di una “presenza nell’assenza“, dato che il movimento di Al Sadr continua a esercitare un’influenza estremamente significativa sulla popolazione sciita. Ciò è confermato dalla scelta del Quadro di Coordinamento di nominare una figura deputata a dialogare con il Movimento sadrista su temi preminenti, come la struttura del futuro Governo e il superamento degli ostacoli alla sua formazione.
Un’evoluzione, quest’ultima, che testimonia il ruolo primario ancora esercitato da Al Sadr – nello scenario politico iracheno – e la necessitĂ di fare i conti con la sua presenza “sociale” e “politica” nei discorsi volti al superamento di uno stallo che rischia di minare la giĂ fragile stabilitĂ interna al Paese.
Michele Maresca
“Iraqi Minister for Human Rights” by Foreign, Commonwealth & Development Office is licensed under CC BY


