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Zimbabwe: è di nuovo l’ora di Mugabe

Nel Paese dell’Africa meridionale nessuno sconvolgimento politico dopo le elezioni: Robert Mugabe è stato riconfermato con un esito schiacciante. Numerose le accuse di brogli e manipolazioni da parte dello sconfitto, Morgan Tsvangirai del Movement for Democratic Change. Le prospettive per la ripresa economica e il ritorno di una piena democrazia appaiono oggi più fosche.

 

NIENTE DI NUOVO… – … sotto il caldo sole dell’Africa meridionale. Le elezioni politiche che si sono tenute in Zimbabwe lo scorso 31 luglio hanno avuto l’esito che molti non volevano, ma che purtroppo si aspettavano: Robert Mugabe ha vinto per la settima volta ed è stato confermato alla guida del Paese insieme al suo partito, lo Zanu-PF, che ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento. Un successo che è stato, almeno sulla carta, schiacciante: con il 61% dei consensi e 158 parlamentari su 210, la formazione politica di Mugabe ha surclassato il principale partito oppositore, il MDC (Movement for Democratic Change) di Morgan Tsvangirai. A suscitare sorpresa non è stata tanto la riconferma dell’89enne Mugabe, che da ormai 26 anni ricopre la carica di Presidente, quanto lo scarso successo il MDC, che in occasione delle elezioni del 2008 aveva addirittura ottenuto la maggioranza relativa dei voti costringendo lo Zanu-PF a dar vita a un governo di coalizione.

 

ALLORA PERCHÉ? – In trent’anni di dominio quasi incontrastato, Robert Mugabe ha trasformato un Paese tra i più sviluppati e ricchi di tutta l’Africa in uno Stato colpito da una crisi economica terribile, con un’inflazione fuori controllo che ha raggiunto il livello massimo del 231.150.888%. Solamente negli ultimi anni di Governo in coabitazione con il MDC lo Zimbabwe ha ritrovato un po’ di stabilità e ha ricominciato a crescere. In un contesto di elezioni libere e democratiche, sarebbe sembrata dunque scontata la vittoria del partito di Tsvangirai. Numerose, tuttavia, sono state le denunce e le segnalazioni di irregolarità durante lo svolgimento del voto. Gli osservatori esterni dell’Unione Africana hanno dichiarato che le elezioni si sono svolte in maniera corretta e pacifica: quest’ultima circostanza è effettivamente vera, non si sono registrate intimidazioni o violenze da parte dei sostenitori dello Zanu-PF come era invece avvenuto nel 2008. Pare invece che stavolta Mugabe abbia adottato una tattica più raffinata e subdola. Per esempio, decine di migliaia di cittadini sono state registrate in collegi elettorali troppo distanti dal loro luogo di residenza e non hanno potuto raggiungere il seggio in tempo. In altri circostanze, invece, sono stati segnalati casi di persone prelevate da luoghi remoti del Paese, fatte salire su autobus e condotte a seggi elettorali ‘fantasma’ (ovvero di cui non era stata dichiarata l’esistenza fino al giorno prima delle elezioni) e ‘invitati’ a votare per il partito di Mugabe. Ecco, dunque, come sarebbero stati confezionati i brogli.

 

Il grande sconfitto, Morgan Tsvangirai
Il grande sconfitto, Morgan Tsvangirai

GLI SCENARI – Le speranze di cambiamento di molti cittadini dello Zimbabwe, e in particolare dei milioni di membri della ‘diaspora’ che si sono sparsi in giro per il mondo in cerca di condizioni di vita e opportunità lavorative più favorevoli, sono state disattese. La vittoria schiacciante di Mugabe e dello Zanu-PF non promette per il momento notizie positive sul fronte economico, dato che il programma elettorale basato su una nuova ondata di nazionalizzazioni contribuirà molto probabilmente a penalizzare l’afflusso di investimenti nel Paese. Se Mugabe non si dimostrerà più aperto al dialogo, il rischio è un maggiore isolamento e di un inasprimento delle sanzioni da parte di Europa e Stati Uniti. Un irrigidimento delle potenze occidentali potrebbe però portare ad attriti anche con gli altri Paesi africani. Dall’altra parte, la stessa opposizione sembra avere bisogno di un cambiamento. Dopo essere stato sconfitto per tre volte di fila, seppur in elezioni ‘truccate’, e dopo aver governato insieme a Mugabe, il MDC potrebbe trarre giovamento da un cambio di leadership e di strategia. Lo Zimbabwe ha bisogno, insomma, di un rinnovamento totale al vertice delle proprie élites politiche; altrimenti, l’immobilismo finirà per bloccare la faticosa ripresa economica del “granaio dell’Africa” in maniera irreparabile.

 

Davide Tentori

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Davide Tentori
Davide Tentori

Sono nato a Varese nel 1984 e sono Dottore di Ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’Università “Cattolica” di Milano con una tesi sullo sviluppo economico dell’Argentina dopo la crisi del 2001. Il Sudamerica rimane il mio primo amore, ma ragioni professionali mi hanno portato ad occuparmi di altre faccende: ho lavorato a Roma presso l’Ambasciata Britannica in qualità di Esperto di Politiche Commerciali ed ora sono Ricercatore presso l’Osservatorio Geoconomia di ISPI. In precedenza ho lavorato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove mi sono occupato di G7 e G20, e a Londra come Research Associate presso il dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House – The Royal Institute of International Affairs. Sono il Presidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del Desk Europa

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