Possiamo già affermare che il 2014 sarà un anno tutt’altro che banale per gli Stati Uniti e l’amministrazione Obama. Il ritiro dall’Afghanistan avrà conseguenze e impatti non solo in ambito di relazioni internazionali (il ritiro condiziona per motivi ben specifici le relazioni con la Russia), ma anche e soprattutto da un punto di vista economico, un aspetto fondamentale nell’anno del mid-term. Vediamo perchè, con l’aiuto di un “ospite” d’eccezione: Daniele Moro
ECONOMIA E AFGHANISTAN STRETTAMENTE COLLEGATI – Gli Usa nel 2014 affronteranno due problemi importanti, soprattutto per la ripresa dell’economia a stelle e strisce. Il primo è un dato ormai certo: al rientro dalla guerra in Afghanistan, torneranno a casa circa 300.000 persone, tra soldati americani, contractors e logistica Usa. Poiché il mercato statunitense deve assorbire circa 160.000 ingressi nel mondo del lavoro al mese, questo significa che il solo rientro dei giovani soldati e dipendenti porterà via due mesi di posti di lavoro. “Avrà un impatto pesantissimo sull’economia americana – afferma Daniele Moro, The Paul H.Nitze School of Advanced International Studies, Johns Hopkins University – si tratta di giovani, spesso senza famiglia, pieni di sogni e frustrazioni”.
LE RELAZIONI CON RUSSIA E PAKISTAN – La seconda problematica è sempre collegata al ritiro dall’Afghanistan. E’ stato complicato entrare nel Paese, infinitamente più complicato sarà – materialmente – uscire, anche perché gli Usa sono costretti ad andarsene attraverso un altro Paese via terra. Il ritiro tramite via aerea infatti ha un costo che è fuori dalle possibilità di budget di chiunque. Non si tratta di 3.000 persone, ma di un esercito vero e proprio, i costi sarebbero elevatissimi, ancor più per un esercito che in dieci anni ha perso 500 miliardi di dollari. Due quindi le possibilità : il Pakistan via tir e la Russia via ferrovia. I tir dovrebbero per forza attraversare vasti territori occupati dai talebani per arrivare a imbarcarsi sulle navi a Karachi. Inoltre, questo aspetto avrà del resto anche una ricaduta sui rapporti degli Stati Uniti con Russia e Pakistan. “Finché non ci sarà il ritiro dei soldati americani – prosegue Moro – Obama non può alzare la voce con Putin”. Il rischio insomma è quello di rimanere in trappola in Afghanistan per un periodo di tempo indefinito.

COME IMPIEGARE CHI RIENTRA – Obama è consapevole del fatto che un impero come quello americano non possa andare avanti facendo leva sul debito, anche se può stampare denaro, ed ha perfettamente compreso che nel suo Paese il mercato del lavoro ha bisogno di ripartire con slancio. I repubblicani, del resto, non gli consentono di prendere alcune decisioni importanti. “Come quella di aumentare le tasse, per esempio – spiega Moro – bisogna ricordare che gli Usa hanno le imposte tra le più basse del mondo, e con un punto in più di tasse, Obama riuscirebbe almeno a risolvere almeno il problema del lavoro pubblico”. Quella da cui gli Usa forse stanno uscendo è una recessione che ricalca il 1929, ma alcuni esperti sostengono come in realtà sia anche più grave questa crisi che tutti ammettono essere strutturale più che economica. Può Obama sfruttare in qualche modo il rientro dei soldati da Kabul? Roosevelt e Eisenhower ebbero lo stesso problema, e utilizzarono la forza lavoro che rientrava dalla guerra per le infrastrutture, per costruire le strade e le ferrovie. “Sei-settemila ponti sono in condizioni indicibili e in generale il sistema infrastrutturale va migliorato – conclude Moro – utilizzare questi ragazzi per la manutenzione delle opere pubbliche consente loro di avere un lavoro pagando nel contempo le tasse e allargando così la base contributiva”.
IL RISCHIO DEL MID-TERM – Infine la questione tempo avrà un ruolo fondamentale. E’ impensabile ritirare i soldati nei primi mesi dell’anno, a causa delle condizioni climatiche e del freddo eccessivo. Il ritiro potrebbe quindi avvenire intorno a maggio-giugno e il processo, che dura circa quattro mesi, andrebbe a impattare proprio sul mid-term, appuntamento importantissimo per il Presidente, che mantiene il controllo del Senato ma che potrebbe perdere quello della Camera. Il fattore Afghanistan potrebbe così essere una carta vincente o costituire un boomberang contro questa presidenza.
Mariangela Pira