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Il Kirghizistan e la BRI: un ponte instabile verso Occidente

In 3 sorsi – Dal punto di vista geografico il Kirghizistan può aprire per la Cina una rotta vantaggiosa verso gli idrocarburi di Uzbekistan e Turkmenistan. Tuttavia, interessi contrastanti, una situazione finanziaria squilibrata e un crescente sentimento anticinese mettono a rischio la collaborazione tra le due Repubbliche.

1. IL RUOLO DEL KIRGHIZISTAN NELLA BELT AND ROAD INITIATIVE

L’Asia Centrale è una regione ricca di risorse energetiche, concentrate per la maggior parte in Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan, i quali occupano una posizione di rilievo nelle importazioni di gas naturale e petrolio di Pechino. Tra essi, però, solo il primo confina con il gigante asiatico. Più a sud, Kirghizistan e Tagikistan si frappongono tra la Cina e i partner a ovest, e la linea più breve per raggiungere le prime province uzbeke nella valle di Fergana passa proprio per il montuoso territorio kirghiso per circa 150 chilometri, aprendo poi una rotta quasi interamente pianeggiante fino al confine con il Turkmenistan. Il coinvolgimento della piccola Repubblica nella BRI rappresenta pertanto un passaggio obbligato per le importazioni strategiche cinesi. Tra i principali progetti lanciati sull’asse Pechino-Bishkek, infatti, le reti ferroviarie e stradali verso Fergana risultano essere obiettivi prioritari nei piani di Xi Jinping.

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Fig. 1 – Un pastore ai piedi delle montagne del Tien Shan, che occupano l’80% del teritorio kirghiso

2. OPPORTUNITĂ€ E RISCHI PER IL KIRGHIZISTAN

La necessitĂ  della Cina di agevolare i trasporti verso i mercati occidentali è, però, una grande opportunitĂ  anche per il Kirghizistan per rimediare ai gravi problemi di collegamento tra il nord e il sud del Paese, ereditĂ  dell’amministrazione sovietica. Obiettivo principale delle AutoritĂ  kirghise resta quello di sfruttare gli investimenti cinesi per favorire lo sviluppo delle regioni piĂą isolate, facendo in modo che i nuovi progetti, in particolare la rete ferroviaria Cina-Kirghizistan-Uzbekistan, attraversino il maggior numero di cittĂ  e siti produttivi nazionali. Tuttavia ciò appare in contrasto con gli obiettivi di Pechino, che mirano, invece, a un collegamento quanto piĂą veloce e breve possibile con il confine uzbeko, relegando il Kirghizistan a mero Paese di transito con ridotte opportunitĂ  di sviluppo per il futuro. Altro pericolo per la crescita della Repubblica risiede nell’aumento esponenziale del giĂ  considerevole rapporto debito pubblico-PIL, che in pochi mesi è salito dal 62% al 70%. La minaccia piĂą grave, però, è costituita dal crescente debito estero che al 1° ottobre 2018 ammontava a circa l’86% del debito totale e che è detenuto, per quasi la metĂ , proprio dalla Cina. L’ondata di investimenti apportata dalla BRI ha avuto un impatto decisivo sull’insostenibilitĂ  di tali prestiti, spingendo recentemente il Governo a chiedere uno stop ai prestiti e l’apertura a concessioni a titolo gratuito, al fine di scongiurare il verificarsi di preoccupanti scenari giĂ  osservati in altri Paesi partner dell’Iniziativa.

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Fig. 2 – Il Presidente kirghiso Sooronbai Jeenbekov insieme a Xi Jinping durante la sua visita a Pechino del 2018

3. OPPORTUNITĂ€ E RISCHI PER LA CINA

Il grande beneficio logistico di una collaborazione con il Kirghizistan resta la sostanziale riduzione di tempi e costi di collegamento con i siti energetici di Uzbekistan e Turkmenistan, nonché, nel lungo termine, con i mercati del Medio Oriente. La tratta si configura, infatti, come la più breve tra le opzioni disponibili, dimostrandosi preferibile anche in termini di sicurezza se paragonata, ad esempio, al corridoio pakistano. Tuttavia gli interessi conflittuali rispetto a Bishkek e la posizione finanziaria dominante che occupa il dragone stanno alimentando una crescente ostilità verso la Cina nella forma di proteste nazionalistiche. A questo si aggiunge il rischio che il sentimento anticinese possa estendersi alla questione dei campi di “rieducazione” nello Xinjiang, che si sospetta coinvolgano anche diversi appartenenti all’etnia kirghisa, riaccendendo un focolaio mai spento nella regione cinese, cardine delle rotte terrestri della BRI, ma ancora instabile.

Alessandro De Stasio

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Alessandro De Stasio
Alessandro De Stasio

Nato e cresciuto a Napoli, vivo a Roma dal 2016. Qui ho studiato Global Studies alla LUISS Guido Carli, dopo una triennale in Economia Aziendale all’ombra del Vesuvio, alla Federico II. Nel 2017 ho vissuto per un semestre a Mosca dove ho studiato Relazioni Internazionali alla MGIMO, avvicinandomi alla storia e alla geopolitica dello spazio ex-sovietico e, in particolare, dell’Asia Centrale. Ho una passione viscerale per atlanti e mappe e sono convinto che, ancora oggi, la geografia svolga un ruolo determinante nelle scelte di ogni leader.

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