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Le due crisi di Erdogan

In 3 sorsi – Il partito di Erdogan ha per due volte perso le elezioni amministrative ad Istanbul, con la vittoria del partito Partito Popolare Repubblicano. In seguito a un periodo di relativa stabilità la lira affonda nuovamente e la Turchia potrebbe non essere in grado di contenere il crollo.

1. LA RECESSIONE

Lo scorso anno il crollo repentino della valuta nazionale diede inizio alla prima fase di recessione che la Turchia si trovò ad affrontare dopo anni di crescita economica sostenuta. La perdita di fiducia da parte degli investitori internazionali fu motivata da diversi fattori: la preoccupazione per un’economia ingranditasi principalmente sull’onda dei prestiti e l’evidente ostilità del Presidente Erdogan per il rialzo dei tassi d’interesse, l’arma contro l’inflazione galoppante. Inoltre, alla tensione delle elezioni che hanno riconfermato la vittoria di Erdogan si è sommata l’incertezza a livello internazionale causata dallo stallo tra Turchia e Stati Uniti per la vicenda di Andrew Brunson, il pastore statunitense imprigionato dalle Autorità turche con l’accusa di spionaggio. La chiusura dell’ultimo trimestre del 2018 ha registrato una contrazione del PIL del 3% rispetto all’anno precedente, con i consumi delle famiglie al -9%. E se da un lato il successivo incremento dei tassi d’interesse, i tagli alle pensioni e i rinvii agli investimenti hanno alleggerito la pressione sulla lira, dall’altro il rallentamento della crescita vede sempre più imprese vicine alla bancarotta, con un debito estero delle aziende pari a più del 35% del PIL nel 2018.

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Fig. 1 – Istanbul, la moschea Ortakoi e il ponte sul Bosforo

2. ULTIMI SVILUPPI

La parziale stabilità conquistata a inizio anno ha incontrato diversi ostacoli in questi ultimi mesi. Primo fra tutti, la questione delle riserve di valuta estera della Banca Centrale turca. Ad aprile, infatti, un’inchiesta del Financial Times ha dimostrato come l’ammontare delle riserve (pari a 28,1 miliardi di dollari) risultasse in realtà notevolmente gonfiato per via di alcuni prestiti brevi ottenuti da banche locali. Il totale di riserve spoglio dei prestiti a breve termine si aggirava in realtà al di sotto dei 16 miliardi di dollari, una cifra troppo bassa per coprire un debito come quello della Turchia (quasi un quarto del suo PIL annuo ad agosto 2018). Per di più, l’inchiesta fu pubblicata poco prima che la Banca Centrale manifestasse la sua riluttanza verso un’eventuale ulteriore restrizione monetaria. È del 6 maggio, infine, la notizia che la Commissione Elettorale Suprema della Turchia ha dichiarato nulle le elezioni amministrative di Istanbul. Il voto, svoltosi il 31 marzo, ha dato la vittoria a un candidato del Partito Popolare Repubblicano (CHP), il maggiore gruppo di opposizione al Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) di Erdogan. Istanbul è stata per 15 anni di dominio assoluto dell’AKP, e lo stesso Erdogan aveva ribadito quanto fosse importante assicurarsi nuovamente la guida del centro economico della Turchia. I risultati, però, hanno registrato una grossa perdita di consenso per Erdogan: il CHP è riuscito a conquistare non solo Istanbul, ma anche la capitale Ankara. Le nuove elezioni si sono tenute il 23 giugno e hanno confermato la vittoria di Ekrem İmamoğlu, candidato del CHP, con il 54% dei voti contro il 45% ottenuto dal partito di Erdogan.

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Fig. 2- Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante una conferenza a mosca nell’aprile 2019

3. COSA ASPETTARSI ORA?

Il freno agli investimenti ha penalizzato il Governo dell’AKP, che da sempre ha raccolto voti grazie alle politiche di sviluppo infrastrutturale ed edilizio. Il calo di consensi è stato palese nel fallimento delle elezioni amministrative, notoriamente il punto di forza di Erdogan. Ma d’altronde, il suo atteggiamento di complottismo e la sua avversione verso l’ortodossia economica non hanno aiutato la fiducia degli investitori. L’inflazione è rallentata, ma rimane al di sopra del 19%, con i tassi d’interesse fermi al 24% da settembre. È importante che la Banca Centrale mantenga la sua autonomia dalla sfera presidenziale, e che attui una politica monetaria cauta e consistente. La notizia delle nuove elezioni ha fatto scendere la lira ai minimi di ottobre, perdendo il 4% del suo valore alla fine di maggio. Le riserve di valuta estera della Turchia non sono abbastanza per difendere la lira in modo credibile e duraturo e i risultati delle nuove elezioni potrebbero rivelarsi disastrose per la stabilità perseguita dalla Banca Centrale.

Denise Giacobbi

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Denise Giacobbi
Denise Giacobbi

Nata nel 1991 in un paesino romagnolo di montagna e laureata in European and International Studies a Trento. Ho vissuto in Turchia e in Israele, dove ho imparato tanto sulle dinamiche geopolitiche del Medio Oriente, e dove sono anche diventata una campionessa nel contrattare al mercato. Adoro leggere, scrivere e viaggiare. La mia collaborazione con Il Caffè Geopolitico mi permette di dare frutto a due di queste passioni.

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