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Il settimo dibattito democratico

In 3 sorsi Il settimo dibattito ha guardato ampiamente alla politica estera e ha parlato all’elettorato democratico dell’Iowa.

1. UN DIBATTITO PER GLI IOWANS

Sei candidati bianchi: quattro uomini, due donne, un solo under 40. Sono solo alcuni dei numeri del settimo dibattito democratico svoltosi in Iowa a meno di un mese dal voto del 3 febbraio 2020, quando la corsa alle primarie democratiche sarà definitivamente aperta e i candidati potranno misurare finalmente la proprio forza elettorale con numeri tangibili. È un voto fondamentale, quello dell’Iowa, perché si svolge in uno “swing State” del Midwest statunitense: uno degli Stati politicamente in bilico, quelli che nelle notti delle elezioni presidenziali possono cambiare il destino politico dei successivi quattro anni. Stato prevalentemente bianco, privo di sbocco marittimo e terra di agricoltura e manifattura, l’Iowa appoggiò Trump nelle presidenziali del 2016. Se i precedenti dibattiti avevano affrontato grandi temi in maniera generale, applicandoli alla gran parte del tessuto politico, economico e sociale degli interi Stati Uniti, il 14 gennaio i candidati hanno declinato le stesse questioni in chiave locale. Così, mentre si parlava di economia e cambio climatico o ci si scontrava sulla riforma sanitaria, si aveva l’impressione che l’Iowa fosse il centro degli Stati Uniti d’America, almeno per qualche minuto.

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Fig. 1 – I candidati sul palco del settimo dibattito democratico

2. LA STOFFA DEL COMANDANTE IN CAPO

Why are you the best prepared person on this stage to be Commander in Chief?
Il dibattito è iniziato così, mentre la crisi tra Stati Uniti e Iran preoccupava le diplomazie dei maggiori Stati del mondo.
Perché lei è il più preparato su questo palco per essere il Comandante in Capo?
Bernie Sanders e Joe Biden hanno guardato al passato, con il primo che ha giocato in attacco rivendicando il proprio voto contrario all’intervento armato in Iraq e rimarcando la necessità di tornare in campo internazionale con una coalizione solida che possa portare a un nuovo accordo con l’Iran. L’ex vicepresidente, che aveva dato il consenso all’invasione dell’Iraq, ha riconosciuto l’errore, ma ha legittimato la sua candidatura ricordando la fiducia accordatagli da Barack Obama per ben otto anni consecutivi e il ruolo giocato nell’Amministrazione che aveva portato, insieme alle maggiori diplomazie europee, alla conclusione dell’accordo con Teheran nel 2015. Biden ha anche affermato di voler mantenere una parte selezionata di forze militari in Medio Oriente per bloccare ogni tentativo di ritorno dell’ISIS.
Pete Buttigieg, che dopo un inizio in sordina ha guadagnato consenso in alcune fasce dell’elettorato democratico, ha guardato alle nuove sfide in tema di sicurezza nazionale e ha dichiarato di voler imparare dagli errori del passato. Buttigieg ha poi chiarito di voler rimanere impegnato in Medio Oriente senza però inviare nuove truppe e ha posto la questione dell’accordo nucleare con l’Iran al vertice delle sue priorità in politica estera. Elizabeth Warren ha sviluppato la sua riflessione sulla sicurezza nazionale in chiave anticorruzione. Tom Steyer ha riflettuto sulla necessità di impiegare diversamente i denari investiti in Medio Oriente negli ultimi vent’anni, mentre Amy Klobuchar ha sottolineato l’inesperienza di Buttigieg e l’inadeguatezza di Trump prima di affermare di voler riportare gli Stati Uniti dentro l’accordo nucleare.

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Fig. 2 – Elizabeth Warren e Bernie Sanders a confronto durante un momento del dibattito

3. SALUTE, CLIMA, ECONOMIA

In tema di salute, clima ed economia, le posizioni sono ormai cristallizzate: è necessario passare alla declinazione locale di concetti generali. La riforma sanitaria, dunque, supera la dicotomia tra Medicare for All e Obamacare e guarda agli investimenti per i servizi dedicati alla cura e al sostegno di anziani e bambini. Il clima e l’economia s’intrecciano perfettamente in riflessioni che partono dalle diverse prospettive sugli accordi economici (in particolare, l’USMCA) per arrivare alla creazione di una nuova economia che soddisfi allo stesso tempo i criteri di sostenibilità ambientale e solido sviluppo economico.

Elena Poddighe

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Elena Poddighe
Elena Poddighe

Nata a Sassari nel 1993, ho studiato in Italia, Francia e Belgio. Sono laureata in Scienze Politiche e specializzata in Relazioni Internazionali. Dopo l’esperienza Erasmus ho preso sul serio l’idea che tutto il territorio europeo potesse essere casa mia, così mi sposto costantemente da un punto all’altro, scoprendo pregi e difetti di questa nostra bellissima Europa. Non so preparare il caffè e non lo bevo, ma so cucinare e soprattutto mangiare le lasagne!

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