In 3 sorsi – Negli ultimi giorni anche il Giappone è stato incluso nella nuova lista di dazi commerciali annunciati dagli Stati Uniti, con una tariffa del 25%, superiore a quella prevista per l’Unione Europea. La misura ha generato forte preoccupazione a Tokyo, dove il Primo Ministro Shigeru Ishiba ha definito la decisione americana “una crisi nazionale”.
1. PREOCCUPAZIONI ECONOMICHE E DIPLOMATICHE
Il Giappone è stato ufficialmente incluso nella nuova lista di dazi commerciali annunciati
dagli Stati Uniti, con un’aliquota del 25% applicata alle esportazioni di automobili, un
settore chiave per l’economia nipponica. Si tratta di una percentuale piĂą alta rispetto a quella imposta all’Unione Europea, fissata al 20%, e che ha generato un’ondata di preoccupazione a Tokyo, sia tra gli attori economici che tra i vertici politici. Il Primo Ministro Shigeru Ishiba, reduce da un incontro alla Casa Bianca con il Presidente Trump, ha definito la mossa americana una “crisi nazionale“, avvertendo dei potenziali danni duraturi all’economia nipponica.
Secondo le stime di alcuni analisti economici, in caso di risposta con dazi simmetrici da parte del Giappone, il PIL potrebbe subire una contrazione pari allo 0,59% nell’arco di un anno. Un dato che accende l’allarme sul futuro dei rapporti commerciali tra i due alleati.
Fig. 1 – Il Ministro della Rivitalizzazione Economica Ryosei Akazawa guiderĂ i negoziati con Washington sui dazi commerciali
2. LA RISPOSTA DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA
Le principali case automobilistiche giapponesi, tra cui Toyota, Honda e Nissan, hanno
manifestato preoccupazione per l’impatto dei dazi sulle esportazioni verso gli USA. Nel 2024, ad esempio, la Toyota ha venduto circa 10,15 milioni di veicoli a livello globale, e circa 2,33 milioni delle vetture – ovvero oltre il 20% – sono state immatricolate negli USA, di cui circa 530mila esportate dal Giappone.
Di fronte alla pressione crescente, il Governo giapponese ha scelto una linea prudente. Il
Primo Ministro Shigeru Ishiba ha escluso per ora ritorsioni, sostenendo che un’escalation commerciale non sarebbe nell’interesse nazionale. Ha invece annunciato “misure appropriate” per sostenere i settori colpiti, in particolare l’industria automobilistica, che rappresenta circa il 28% delle esportazioni giapponesi verso gli Stati Uniti.
Tra le prime conseguenze, Nissan ha deciso di ridurre la produzione del SUV Rogue nello stabilimento di Kyushu di 13mila unitĂ tra maggio e luglio, a causa del dazio del 25% imposto sulle auto giapponesi. Ciò comporterĂ turni ridotti e giorni di fermo produzione, pur mantenendo due turni giornalieri. ​Oltre a Nissan, anche altre case automobilistiche stanno rivedendo le proprie strategie produttive. Honda, ad esempio, ha annunciato lo spostamento della produzione della Civic ibrida dal Messico all’Indiana, negli Stati Uniti, per mitigare l’impatto dei dazi mentre Toyota sta valutando una ristrutturazione della propria catena di forniture per aumentare la produzione locale e ridurre la dipendenza dalle esportazioni.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il premier Shigeru Ishiba insieme a Trump durante la sua visita alla Casa Bianca dello scorso febbraio
3. STRATEGIA MULTILATERALE E ALLEANZE REGIONALI
Di fronte all’imposizione di dazi del 25% sulle auto giapponesi da parte dell’Amministrazione
Trump, il Giappone ha adottato una strategia multilaterale per tutelare i propri interessi economici. Il Governo giapponese ha cercato di costruire alleanze con altri Paesi colpiti da
tali misure, tra cui gli Stati del Sud-est asiatico, per preservare i mercati di esportazione e garantire condizioni commerciali piĂą eque. In particolare, Giappone,
Cina e Corea del Sud hanno concordato di accelerare i negoziati per un accordo di libero scambio trilaterale, avviati ufficialmente nel 2013.
Il premier Shigeru Ishiba ha dichiarato la disponibilitĂ a negoziare direttamente con il Presidente Trump per escludere il Giappone dall’aumento dei dazi sulle auto. Il Giappone è diventato il primo grande attore economico a ottenere da Washington l’apertura di negoziati diretti sul tema dei dazi imposti dall’Amministrazione Trump. Sebbene l’esito di tali colloqui rimanga incerto, questi rappresentano un significativo passo avanti, attribuibile in parte alla posizione del Giappone come uno dei principali creditori degli Stati Uniti.​ Secondo i dati del marzo 2025, le riserve estere del Giappone ammontano a circa 1.270 miliardi di dollari, di cui 1.100 miliardi in valuta estera. Sebbene non siano disponibili dettagli ufficiali sulla composizione di queste riserve, si stima che una quota significativa sia investita in titoli del Tesoro statunitensi. Alla fine del 2024, il Giappone deteneva circa 1.060 miliardi di dollari in titoli del debito pubblico americano, confermandosi come il principale detentore straniero di tali strumenti.
Nonostante questa posizione finanziaria, il Ministro delle Finanze giapponese, Katsunobu
Kato, ha escluso l’utilizzo delle riserve in titoli del Tesoro come leva negoziale nelle trattative sui dazi, sottolineando l’intenzione di mantenere un approccio costruttivo e non coercitivo nei confronti degli Stati Uniti.​
Anastasia Merli
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