In 3 sorsi – Mentre la Covid-19 martoria il Brasile, una crisi politica ne divide il governo. Bolsonaro deve affrontare una doppia emergenza e non può fallire se, oltre alla vita dei cittadini, vuole salvare anche la sua leadership.
1. IL CATASTROFICO QUADRO DEL CONTAGIO BRASILIANO
Nelle prime settimane di diffusione del coronavirus si è creduto che la pandemia fosse destinata a toccare solo marginalmente i Paesi latinoamericani, fin quando il caso dell’Ecuador ha costretto molti Governi della regione a rielaborare le strategie per affrontare il “nemico invisibile”. In Brasile ciò non è avvenuto. Jair Bolsonaro ha assunto un atteggiamento negazionista, minimizzando la minaccia rappresentata dal virus nonostante i dati epidemiologici siano catastrofici. Gli oltre 395mila contagi hanno fatto del Brasile il secondo Paese più colpito al mondo, dietro solo agli Stati Uniti. Inoltre, secondo le stime dell’Imperial College di Londra, la nazione verdeoro si posiziona al primo posto nella terribile classifica riguardante il tasso di contagio con un Rt di 2,8. Il numero dei morti ha superato quota 20mila, ma, in base ad una proiezione dell’Università di Washington, in agosto le Autorità potrebbero trovarsi dinanzi ad un’ecatombe di oltre 88mila decessi.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una famiglia di Manaus in lutto e due operatori sanitari incaricati di occuparsi della salma della donna deceduta per Covid-19
2. LA PANDEMIA METTE IN CRISI IL PLANALTO
Il terribile quadro emergenziale è aggravato dallo scoppio di una crisi politica interna al Governo che ha riguardato soprattutto il dicastero della Salute. Il primo atto della faida politica è avvenuto il 16 aprile, giorno in cui il Presidente ha destituito il ministro della Sanità Luiz Henrique Mandetta. Una scelta dettata dalla volontà di liberarsi dell’ex ministro dem, mostratosi in totale disaccordo sulla scelta di non imporre misure di restrizione per il contenimento del contagio. L’inquilino dell’Alvorada ha sostituito Mandetta con Nelson Teich, ma lo scontro è continuato anche con il nuovo ministro, tanto da indurlo alle dimissioni dopo un solo mese. La diaspora tra Bolsonaro e Teich è nata a causa della scelta di inserire all’interno dei protocolli sanitari la clorochina, un farmaco antimalarico dalla non comprovata efficacia. Al già preoccupante avvicendamento di due ministri in un solo mese di emergenza si somma ora il timore per la nuova nomina, a capo del ministero, del generale Pazuello: infatti al suo arrivo è corrisposto l’allontanamento di molti tecnici e la loro sostituzione con militari privi di preparazione in ambito sanitario e per questo molto più influenzabili dalle direttive presidenziali.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Una foto di Jair Bolsonaro e dell’ex ministro della Sanità Luiz Mandetta proiettata in segno di protesta sul muro di un edificio di San Paolo
3. L’INCERTO FUTURO DEL PRESIDENTE
Bolsonaro ha raggiunto l’obiettivo di allontanare i membri del proprio gabinetto oppositori della linea morbida di gestione dell’emergenza. Una scelta che rischia però di rivelarsi perdente perché, qualora la crisi sanitaria si aggravasse, le responsabilità ricadrebbero interamente sulla Presidenza. Le prossime settimane saranno decisive per il futuro del leader brasiliano. I sondaggi segnalano un crollo della sua popolarità anche a causa dello scontro con l’ormai ex ministro della Giustizia Moro. Inoltre negli ultimi giorni è stata paventata l’ipotesi di un impeachement che, malgrado il Parlamento sembri per ora intenzionato ad evitare, destabilizza, non poco, il clima politico. A Bolsonaro non rimane che sperare nella bontà del suo nemico: il virus. Se quest’ultimo dovesse attaccare con ancor più ferocia sarà difficile per il Planalto recuperare la fiducia dei cittadini e il rapporto di leale collaborazione con molti Stati federali in disaccordo con la linea non rigorista di Brasilia. Il populismo di Bolsonaro – al pari di quello degli altri uomini forti del pianeta come Trump – sta mostrando tutti i suoi limiti nella gestione della res publica e per questa ragione rischia di essere imbrigliato, limitato e delegittimato dalle Istituzioni e dai cittadini brasiliani, come già accaduto in passato a quello di Getulio Vargas e Fernando Collor de Mello.
Marco Martino