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Inauguration Day: Joe Biden e Kamala Harris

Caffè Lungo – A mezzogiorno del 20 Gennaio, Joe Biden è ufficialmente diventato il 46° Presidente degli Stati Uniti e Kamala Harris vicepresidente. Un insediamento particolare rispetto agli scorsi anni. Vediamo cosa è successo e le differenze con le cerimonie di Obama e Trump.

UN INAUGURAZIONE VIRTUALE

America United” è stato il tema dell’insediamento presidenziale di Biden e Harris, che a differenza degli anni passati è stato senza pubblico, sia a causa degli eventi dello scorso 6 gennaio, sia per l’elevato numero di casi da Covid-19. Per colmare l’assenza di spettatori, il cerimoniale ha deciso di sistemare circa 200mila bandiere sul prato del National Mall in onore di tutti coloro che avrebbero voluto presenziare, creando un’atmosfera nuova.
Inoltre Joe Biden e Kamala Harris non hanno ufficialmente salutato il Presidente uscente Donald Trump, che ha deciso di non partecipare. Nel passato, raramente un Presidente uscente non ha presenziato alla cerimonia inaugurale del successore. Storicamente furono John Adams (1801) e John Quincy Adams (1829) a non andare all’insediamento a causa degli innumerevoli scontri con i propri successori. Nemmeno Andrew Johnson (1869) non presenziò dopo essere stato messo sotto impeachment.

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Fig. 1 – Il National Mall il giorno dell’insediamento di Joe Biden e Kamala Harris

UN TUFFO NEL PASSATO: OBAMA E TRUMP

In seguito, un breve excursus storico sulle cerimonie di insediamento di Barack Obama e Donald Trump.

Barack Obama

Il tema centrale del discorso di insediamento di Obama nel 2009 fu strutturato attorno all’idea di ricostruire insieme un Paese sulla base della responsabilità di ogni cittadino. Obama infatti disse: “What is required of us now is a new era of responsibility – a recognition, on the part of every American“. Questo non fu soltanto il fulcro del suo discorso inaugurale, ma anche della sua campagna elettorale fondata sul “Yes We Can”, insieme si poteva fare tutto. Obama non utilizzò frasi accattivanti, ma enfatizzò il proprio discorso intorno a concetti come l’onestà, sottolineando quanto questa, insieme al coraggio e al patriottismo, sia un valore pilastro della cultura statunitense. Nonostante la semplicità, le parole di Obama fecero effetto su gran parte della nazione, che per la prima volta vide un afroamericano leader del Paese. Circa 1,8 milioni di persone presenziarono alla cerimonia.
A differenza del primo, il secondo giuramento di Obama il 20 gennaio 2013 fu una piccola e semplice cerimonia all’interno della Casa Bianca, l’evento pubblico si svolse invece il giorno seguente, un lunedì. In quella occasione il discorso si sviluppò intorno all’idea della fiducia come strumento per costruire un futuro migliore. Perseveranza e unità furono le parole sulle quali mise più enfasi, sottolineando come le libertà di cui gode il popolo statunitense sono diritti che vanno protetti, trasportando in seguito il suo discorso verso i temi centrali della sua nuova presidenza (cambiamento climatico, migrazione, controllo delle armi, diritti delle donne, etc.).

Donald Trump

Il 20 gennaio 2017 Trump fece ingresso alla Casa Bianca. Il suo discorso fu considerato, insieme a quello di Jimmy Carter, tra i più brevi e fuori contesto della storia – tanto che il Washington Post ne pubblicò uno studio di fact-checking. Trump ricalcò l’idea di “Make America great again” e “America first”, evidenziando come lui avrebbe potuto essere in grado di ricostruire le fabbriche abbandonate, creare nuovi posti di lavoro, combattere il crimine fuori controllo e migliorare l’economia, a suo parere, distrutta dai suoi predecessori. Alla fine del suo discorso disse: “A new national pride will stir our souls, lift our sights and heal our divisions” (“Un nuovo patriottismo si mescolerà nei nostri animi, solleverà le nostre vedute e curerà le nostre divisioni”), alludendo al patriottismo, ma anche all’unità, un tema nuovo e mai citato da lui precedentemente, come riportato dal Time.

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Fig. 2 – Joe Biden e Kamala Harris con i rispettivi coniugi

ARIA DI CAMBIAMENTO

Nonostante l’assenza di pubblico, alla cerimonia di insediamento di Biden e Harris erano presenti molte figure politiche e istituzionali, tra cui le famiglie Clinton, Bush e Obama, Senatori e Deputati, cantanti come Lady Gaga, che ha interpretato l’inno nazionale, e Jennifer Lopez, che ha intonato “This Land in Your Land”, e infine Amanda Gorman, una ragazza di 22 anni che ha scritto e letto una poesia che ha ha colpito molti osservatori.
Con il suo primo discorso da Presidente, Joe Biden ha posto particolare enfasi sull’idea di unità nazionale e voglia di guidare gli Stati Uniti nella direzione giusta. L’idea di unione è stato il punto centrale. Biden ha infatti sottolineato che il Paese è attualmente diviso, pieno di rabbia, con rancori ed estremismi, che la pandemia ha colpito tutti e causato molti morti, ma che solo tramite l’unità nazionale e la voglia di cambiamento si potranno sconfiggere questi problemi. Biden ha inoltre alluso al fatto che richiamare all’unità possa sembrare una fantasia utopica, ma che ci sono stati sempre momenti brutti nella storia statunitense, combattuti ogni volta grazie all’unità nazionale e alla forza del Paese. Nel suo discorso il neopresidente ha inoltre fatto molti riferimenti biblici, a Martin L. King e ad Abramo Lincoln, richiamando l’attenzione sulla storia che ha reso il Paese democratico. Importante è stato il momento in cui ha sottolineato che sarà il Presidente di tutti, anche di coloro che non lo hanno votato, enfatizzando che le diversità non possono e non potranno creare divisioni (“Yet hear me clearly: disagreement must not lead to disunion. And I pledge this to you: I will be a president for all Americans”).

L’INIZIO DI UNA NUOVA STORIA

Per gli Stati Uniti di Joe Biden è l’inizio di una nuova pagina di storia, sia a livello nazionale che internazionale. Il discorso del neopresidente ha dimostrato la voglia cambiare la situazione attuale degli Stati Uniti e la volontà di portare il Paese lontano dalle scelte della precedente Amministrazione. La CNN, il Washington Post e il New York Times hanno dichiarato che, nel suo discorso, Biden “did everything right”.
Ci saranno sicuramente molte sfide per questa nuova Presidenza, sia interne, sia internazionali. Sul piano interno, la maggioranza in Senato e nella Camera dei democratici, anche se risicata, sicuramente sarà d’aiuto. A livello internazionale sarà invece difficile ricostruire la reputazione del Paese, specialmente con i membri dell’Unione Europea. Con la Russia e la Cina, Biden ha già annunciato di voler rinegoziare alcune scelte di politica estera prese da Trump. In particolare con la Russia vorrebbe allungare i termini del New START per altri cinque anni, e con la Cina avere un rapporto più diplomatico, ma senza (per ora) revocare le sanzioni commerciali. Con l’Iran invece, date le dichiarazioni di Biden sul Nuclear Deal, si hanno già delle comunicazioni attive, sebbene Teheran possa alzare la posta del negoziato. Nonostante le difficoltà, Biden non ha perso tempo dopo il giuramento e, appena entrato nella Casa Bianca, ha riaperto le trattative per rientrare negli Accordi di Parigi; cancellato i lavori per la criticata Keystone XL Pipeline; tolto i fondi alla costruzione del muro con il Messico; proposto l’entrata di vigore di una legge che permetterebbe di diventare cittadini USA dopo 8 anni; e firmato 17 ordini esecutivi con validità immediata (uno dei quali obbliga l’utilizzo della mascherina negli uffici pubblici).

Giulia Valeria Anderson

Immagine di copertina: “210120-D-WD757-2057” by Chairman of the Joint Chiefs of Staff is licensed under CC BY

Dove si trova

Perchè è importante

  • Joe Biden e Kamala Harris sono ufficialmente Presidente e vicepresidente degli Stati Uniti.
  • La cerimonia d’insediamento si è svolta senza pubblico per la prima volta nella storia e in assenza del Presidente uscente Trump.
  • Nel suo discorso inaugurale Biden ha posto enfasi sull’idea di unità nazionale, in un momento di forte divisione.

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Giulia Valeria Anderson
Giulia Valeria Anderson

Praticante giornalista presso Formiche.net, collaboratrice freelance con l’Istituto Curdo di Washington e research fellow per the Square. Sono laureata magistrale in Relazioni Internazionali Comparate presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove mi sono specializzata sui rapporti USA-Medio Oriente, con un focus sulla politica estera statunitense verso l’Iraq e i Curdi. Sono affascinata dalla politica estera USA, il mio paese d’origine, ma innamorata dell’Italia – e dei suoi caffè espresso!

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