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"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

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I tre giorni del destino

2, 9 e 16. Niente cabala né lotterie. Sono i tre giorni di aprile in cui la Nigeria doveva andare alle urne, e decidere del suo destino. La Independent National Electoral Comission (Inec), a causa della mancanza di schede e scrutatori in buona parte dei seggi allestiti nel Paese, ha rinviato le elezioni. Così, il 9 aprile si è votato per il rinnovo della camera bassa del Parlamento, il 16 si terranno le presidenziali, mentre il 26, nei 36 Stati della federazione, si sceglieranno governatori e parlamenti locali. Tra rischi di caos politico e nuovi brogli, nuove speranze nascono da una più attiva partecipazione politica dei giovani, che rappresentano il 70% della popolazione

IL PREZZO DELLA LIBERTA’ – Le elezioni parlamentari del 9 aprile hanno dato inizio ad una vera maratona elettorale, che prosegue sulla scia di una campagna funestata da numerosi attentati e violenze. Human rights watch ha stimato che almeno 85 persone sono state uccise dal novembre scorso ad oggi in violenze legate alle primarie dei partiti e alla campagna elettorale.

La Nigeria non è un Paese come altri, in Africa: è lo Stato più popoloso del continente, e potrebbe diventare entro breve il gigante economico e la potenza di riferimento dell'Africa. Ha un mercato interno dalle enormi potenzialità, e l'immensa disponibilità di idrocarburi (gas e petrolio) sono i formidabili motori della crescita di un Paese ambizioso, che guarda lontano e pensa in grande. Promesse che si realizzeranno solo a patto che la Nigeria riesca a fare i conti con se stessa e superi le sue grandi fragilità istituzionali e la forte instabilità politica.

Le già citate tre date di aprile rappresentano una sorta di roulette russa in cui il Paese si gioca tutto. Il clima che si respira è tutt’altro che disteso. La violenza continua a costituire una grave minaccia per la sicurezza e l'ordine del Paese, e la cronaca non manca di segnalare i diversi morti causati da tali violenze.

I supporter del partito del governo federale, il Peoples Democratic Party (Pdp) e i rivali del Labour Party (Lp) si sono scontrati più volte, in molti casi con la benedizione di strutture occulte degli stessi partiti che da anni coltivano milizie e gruppi paramilitari. Le tensioni più forti si sono avvertite a Jos, capitale dello Stato di Plateu, dove la maggioranza cristiana si è scontrata con la minoranza musulmana che vorrebbe imporre la Sharia, la legge islamica.

LO SPETTRO DEL CAOS POLITICO – Il Presidente uscente Goodluck Jonathan (foto sotto) ha detto dichiarato di non volere "che le elezioni di aprile finiscano in un bagno di sangue". Certo però il sangue continua a scorrere, ed è lo stesso Presidente ad aver fortemente innalzato il livello di tensione, infrangendo una regola non codificata che era garanzia di stabilità, prevedibilità politica e alternanza. Si tratta dello zooning, il criterio guida nell'assegnazione dei posti chiave nell'amministrazione statale, che vale soprattutto all'interno del Pdp, al governo dal 1999, anno della fine del regime militare. In base a tele regola, ad un candidato del nord musulmano si abbinava un vice del sud cristiano, e nelle elezioni successive si invertiva il ticket.

Jonathan è un cristiano del sud che era stato eletto nel 2007 come vice di Umaru Yar'adua, uscito di scena per malattia nel 2009 e morto nel maggio 2010. Per mesi si è discusso se fosse giusto o meno che Jonathan si candidasse ancora. Sarebbe dovuto toccare a un candidato del nord, eppure il Presidente si è presentato di nuovo, spaccando il suo partito e creando una fronda nordista che mette insieme tre candidati delusi, con la benedizione del principale avversario interno, il generale Ibrahim Babangida. Il Pdp appare dunque come un partito logorato, e la sua presa sul potere si sta allentando. Jonathan lo sa, ma sa anche che la posta in palio è alta. In un Paese ricco ma in cui il 92 per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, l'accesso alle risorse è vitale. E la politica, che usa identità etniche e religioni come facili strumenti di aggregazione del consenso, garantisce proprio questo. Anche così si comprendono le morti negli scontri etnici, di matrice politica e religiosa. Jonathan non vuole passare la mano, e il sistema di potere da lui creato si è già messo in moto. Ad oggi, secondo alcune statistiche preliminari, sarebbe proprio il presidente in carica il favorito alle elezioni.

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PROSPETTIVE: LA SPERANZA GIOVANE DEL PAESE – In questo quadro un dato significativo è rappresentato dalla prospettiva di avere un’affluenza massiccia alle urne. Ci si aspetta che quasi il doppio dei nigeriani si rechi ai seggi rispetto alla tornata elettorale del 2007. Il merito è dei giovani, che cominciano a rivendicare un ruolo attivo in politica. Per molto tempo la politica ha ignorato i giovani, a loro volta poco impegnati. Ma le cose stanno cambiando, considerando anche che il 70% dei nigeriani ha meno di 35 anni. Di recente è partita una campagna tramite Facebook e sms per convincere i giovani ad iscriversi alle liste elettorali. Inoltre, negli uffici di registrazione degli elettori, i giovani hanno portato acqua e cibo per aiutare gli impiegati a svolgere al meglio il loro lavoro.

E così, tra immagini di giovani donne che allattano mentre aspettano in fila e alcuni ragazzi che passano la notte fuori per essere sicuri di riuscire ad iscriversi, si sono registrati al voto 67 milioni di nigeriani, contro i 35 milioni del 2007. La percentuale di nuovi giovani elettori è dunque altissima. Molti sono ancora convinti che il partito al potere riuscirà a vincere con i brogli, anche se si percepisce con forza un nuovo dinamismo ed una rinnovata voglia di impegno da parte della popolazione. Dalla fine della dittatura militare, la politica nigeriana è stata in gran parte senza ideologie. Invece di una battaglia tra idee, vi è stato uno scontro tra chi poteva investire più soldi per comprarsi la vittoria, tra denaro contante ai leader locali e sacchi di riso alle donne, tra promesse di strade nuove o riparate alle quali nessuno credeva. In tale contesto, la partecipazione dei giovani potrebbe stimolare un dibattito più concreto. I candidati non si limiteranno più ad organizzare i comizi, ma saranno tenuti a rispondere a domande su questioni importanti. Anche se dovranno cambiare molti aspetti, dalla violenza occasionale al clientelismo, sino alla tiepida partecipazione alla classe media, non si può ignorare il risveglio, lento ma intenso, della fascia più giovane della popolazione. Così, tra sogni di grandeur e il rischio del caos politico, la Nigeria va alle urne giocandosi i suoi tre numeri.

 

Adele Fuccio [email protected]

 

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