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Le rivolte della “primavera araba” non sono affatto sopite, e le opinioni su cosa davvero succeda, su cosa queste rivolte significhino per la popolazione si confrontano spesso sotto traccia. Per questo pubblichiamo con piacere la lettera di un giornalista curdo alla nostra redazione, che accende la luce su un altro aspetto poco conosciuto del contesto siriano

LE RADICI DEL PROBLEMA – Tutto è cominciato il 17 febbraio scorso, quando decine di persone manifestarono nel cuore di Damasco contro l’oppressione del regime che ormai è al potere da 40 anni. Infatti, nel marzo 1963, con un colpo di stato arrivava al potere il partito Ba’th ossia “Resurrezione”, che fu fondata da Michel Aflaq nel 1940. Così veniva instaurato un regime autoritario militare.

Dal 1970 è al potere la famiglia al-Assad, che professa la confessione alawita, ramo sciita dell’Islam, che costituisce il 12% di un paese a maggioranza sunita (74%).

Hafez al-Assad è stato presidente dal 1970 al 2000. Dopo la morte del padre Hafez, diventa nuovo presidente Bashar al-Assad, suo figlio, nato nel 1965.

Prima di morire, Assad nel suo testamento aveva designato il primogenito Basil, però quest’ultimo morì in un incidente d’auto nel 1994. Bashar si ritrovò ad essere il nuovo successore del padre. Il suo mandato è stato rinnovato dalle elezioni del 2007, che però lo hanno designato come candidato unico, come accade in tutti paesi arabi.

Il regime ha poi continuato a negare ogni forma d’opposizione e la libertà di stampa, e la repressione è stata affidato alla famigerata polizia politica (Al – Mukhbarat), per cui, dopo la caduta del regime di Saddam Hussein in Iraq, quello siriano è rimasto l’ultimo baluardo del regime baathista. 

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ANCORA STRANIERI – Il governo siriano, oltre ad opprimere la popolazione araba, opprime sia militarmente che politicamente la popolazione curda. Attualmente vivono nel Kurdistan della Siria oltre due milioni di curdi, che si trovano in tre regioni lungo il confine turco-siriano e siriano – iracheno.

La maggioranza della popolazione continua ancora oggi ad essere discriminata.

Come conseguenza di una massiccia politica di arabizzazione, già praticata anche da Saddam, a 300.000 persone dal 1962 è stata negata la cittadinanza siriana e tutt’oggi vengono chiamati “Ajanib”, stranieri. Da allora organizzazioni internazionali per i diritti umani chiedono che a questi cittadini venga ridata la cittadinanza. Richiesta mai esaudita.

In questo momento l’occidente sta commettendo un grave errore, quello di estrapolare solo la rivolta libica dal contesto di quanto sta succedendo in tutto il mondo arabo, dal Marocco allo Yemen. Perché non ci sono rivolte di serie A e serie B.

Shorsh Surme (giornalista Curdo)

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