Drastico aumento delle perdite per la coalizione internazionale nelle ultime settimane, tra cui anche un militare italiano, Alessandro Di Lisio. Perchè questa escalation di violenza?
NUOVA OFFENSIVA – La coalizione militare internazionale (ISAF), insieme alle forze afghane, ha lanciato sin dai primi giorni di luglio una offensiva di vasta portata su diverse aree del territorio afghano ed in particolare nella provincia meridionale di Helmand, roccaforte talebana e centro della coltivazione di oppio.L’aumento delle operazioni è stato accompagnato da un risposta sempre più aggressiva da parte delle milizie insorte, che hanno incrementato attacchi suicidi ed attentati con IED (improvised explosive device), cioè gli ordigni esplosivi improvvisati con cui vengono colpite le pattuglie lungo le strade.In queste prime due settimane di luglio sono stati 43 i caduti tra le forze della coalizione internazionale; tra questi anche un militare italiano dei paracadutisti della Folgore, ucciso da un ordigno posizionato lungo la strada.Per registrare un dato così alto bisogna tonare all’agosto 2008 (46 vittime), ma siamo ancora a metà mese.
IL PERICOLO AUMENTA – Il maggiore impegno bellico profuso nelle ultime settimane, sia in termini di forze impegate che in termini di operazioni condotte, comporta inevitabilmente un incremento delle vittime, ma ciò non è necessariamente indice di maggiore incisività delle operazioni stesse.Il maggior numero di vittime dice però qualcosa di ugualmente importante: nonostante la nuova strategia delle forze ISAF punti più sul presidio del territorio che sulle attività di ricerca e attacco dei ribelli, le forze sul campo saranno sempre più impegnate negli scontri con le milizie nemiche.Le direttive tattiche del nuovo comandante Stanley McChrystal (disponibili qui: http://www.nato.int/isaf/docu/official_texts/Tactical_Directive_090706.pdf), volte a tutelare maggiormente i propri militari ed i civili nell’applicazione di questa nuova strategia, si scontrano con una realtà che complica le cose. Infatti, la presenza tendenzialmente stabile e distribuita di truppe sul campo, in mezzo alla gente, costituisce un fattore di rischio estremamente alto.
I TALEBANI GIOCANO “IN CASA” – Le forze dei talebani e dei locali signori della guerra sembrano mostrare di essere preparate ad affrontare il nemico, su un campo che è quello “di casa”, e con il fattore tempo dalla propria parte.Una adeguata strategia di contrasto all’insorgenza richiede infatti, tra l’altro, stabilità sul territorio ed appoggio della popolazione locale: elementi che si conquistano col tempo e con grande dispendio di risorse, soprattutto in una realtà tribale complessa e variegata come quella afghana.Per le forze straniere questo è un onere estremamente gravoso, il cui prezzo rischierà di essere alto anche in termini di vite umane.
Pietro Costanzo [email protected] 14 luglio 2009